Ponte Nossa, 29 Ottobre 2008

Il dono: una croce

Bangui (Repubblica Centrafricana). In un campo coltivato a manioca, isolato e lontano dal centro cittadino, c’era una capanna, dignitosamente povera, di contadini.

Una nidiata di figli. Vivevano in vista della cena, l’unico pasto, monotonamente sempre uguale, al di là dei vari tentativi d’illudere, ogni tanto, lo stomaco con quanto spontaneamente la natura offre al viandante.

Mi trovavo a passare di là in un momento in cui questa piccola comunità era coinvolta nel rito delle circoncisione di uno dei figli. Come per ogni festa, il passante è invitato a partecipare alla cerimonia, perché i poveri non escludono nessuno dalla loro gioia. Non avendo con me alcun regalo, invitai il padre del festeggiato a venirmi a trovare in seminario.

Venne con il figlio, di circa otto anni, e espose il suo desiderio che anche solo uno dei suoi rampolli potesse studiare oltre le elementari. Ritenendo inopportuno dare soldi senza coinvolgere il richiedente in un servizio che salvasse la sua dignità, domandai al mio interlocutore di procurarmi delle sculture in legno o in pietra.

Venne dopo una settimana con un centinaio di piccole croci in malachite. C’era ancora il bambino che studiava tutte le espressioni del mio volto, con la segreta aspirazione che non abbassassi troppo il prezzo proposto dal padre. E’ consuetudine in Africa mercanteggiare tutto: attività che diverte venditore e cliente.

Il prezzo proposto era spropositato. Scossi la testa e non dissi quanto ero disposto a pagare. Ma, vista la faccia preoccupata del bambino, diedi quanto mi era stato richiesto. Il piccolo, raggiante di gioia, cominciò a danzare, al ritmo del battito delle sue manine.

Il padre era perplesso all’idea di prendere tutti qui soldi, lui che aveva sempre vissuto di un’economia di sussistenza. Gli dissi: “Mentre assistevo alla circoncisione di tuo figlio, pensavo ai profeti, là dove c’invitano non tanto a circoncidere la carne, quanto il cuore. E pregavo perché tuo figlio potesse crescere in sapienza e grazia davanti a Dio e davanti agli uomini e perché io potessi avere segni per continuare a credere”.

E il segno fu la conclusione sussurrata da quel padre: “ La necessità mi porta ad accettare questi soldi. Li userò per far studiare i miei figli, mia unica ricchezza. Non ho mai chiesto al Signore d’essere ricco. Io so che Lui scava in noi la povertà per insegnarci a pregare”.

Cento croci e un sublime messaggio: sorprendente dono dell’Africa.

Da Bangui a Scandiano (Reggio Emilia). Ho benedetto quelle croci durante il battesimo di Alberto e le ho date a tutti i partecipanti, invitandoli a segnare con esse, emblema del cristianesimo, la fronte del battezzando. E ho parlato del privilegio di portare con dignità la croce e di affrontare quel dolore che ci fa grandi: “Scava in noi la povertà per insegnarci a pregare”, adorare e amare. Ci introduce in quel nulla che urla il desiderio del Tutto. Dilata i nostri orizzonti rendendoci capaci di sentire come nostre le gioie e le sofferenze degli altri.

Il Cristiano è l’uomo delle croce. Croce di legno, di malachite, d’oro. Croce di luce. Il cristiano porta la croce. Regala la croce. Sta presso la croce.

Come Maria. Nel supremo dolore diventa nostra madre. Dolore nel vedere il Figlio spogliarsi di tutto, anche del suo affetto, per donarla a noi tutti. E dolore suo: ella accoglie l’umanità intera, con un atto di fede, mentre, forse, il cuore è tentato di gridare: “Se Tu non fossi stato figlio di Dio, ti avrei ancora come figlio mio”.

Stupendo dono di fede: croce mutata in fulgida luce.

Valentino