Milo (Catania). Il più alto rifugio sulle falde dell’Etna, 5 Settembre 2008

“Cerca la vita là dove c’è morte”

Affascinante e sconvolgente l’eruzione della lava. Affascinante perché mette a contatto con questa terra viva, palpitante e alla ricerca di nuove vie. Sconvolgente perché semina morte, mentre emette il vitale ossigeno e distrugge tutto e porta materiale estremamente fertile. Affascinante e sconvolgente per me: ho sempre visto nei rossi rivoli lavici l’immagine del sanguinante cuore squarciato di Cristo.
Grazie a questo “mistico” scenario accetto senza discutere ogni proposta a tenere conferenze in Sicilia. E così anche ora onoro l’invito a trattare il tema: “Qohelet: ateo o mistico?” ad un gruppo di persone adulte, convenute per l’annuale corso di esercizi spirituali.
La mia deformazione professionale di parlare prevalentemente ai giovani mi fa ricorrere ad un linguaggio profetico non sempre apprezzato da tutti gli adulti. In un luogo in cui trionfa la religione popolare, fatta di processioni, fuochi d’artificio e devozione al santo del proprio quartiere, cito Isaia: “Così dice il Signore: odio le tue feste, odio le tue solennità, odio le tue processioni …, giustizia voglio, non sacrifici”.
Mentre la maggior parte dei presenti vibra su questa lunghezza d’onda, una coppia di sposi mi aggredisce, incapace di sopportare le mie provocazioni. Se cento persone mi applaudono, prendo il fatto come normale; ma se una sola coppia dissente, il mio morale va a terra, forse a causa di quella parabola della pecorella smarrita … Reagisco decidendo di stare tre ore in preghiera, mentre contemplo il lento procedere della lava nella valle del Bove. Medito. Sospiro. Sono inquieto. Non sento voci incoraggianti dentro di me. E quando la luna rossa spunta all’orizzonte, mi metto nel sacco a pelo, in attesa di un sonno che non viene.
Sogno gli alberi che lì ai piedi del vulcano producono buonissimi frutti in abbondanza, “mentre l’uno muore l’altro nasce”: fichi, uva, more, agrumi non coltivati e a disposizione del passante. Sogno il dibattito del pomeriggio, con dita puntate contro di me, incapace di credere nelle potenzialità degli adulti. Sogno un’eruzione della lava – esplosione del cuore di Cristo – talmente forte da farmi svegliare di soprassalto con una frase nel cuore:“Cerca la vita là dove c’è la morte”.
Arrivo a colazione con la faccia strana; racconto il sogno ed ecco un nuovo “Giuseppe” che me lo interpreta: “Il mistico Qohelet le sta mostrando il crollo del vecchio castello, in attesa di una nuova costruzione”. Un laico, digiuno di esegesi, supera il “maestro”, riferendosi al 12° capitolo di Qohelet: là dove parla del nostro ritorno alla polvere dalla quale Dio riprenderà il soffio vitale, provvisoriamente a noi donato, in questa vita assurda, umanamente parlando. Ma nel crollo del castello, nel venir meno di ogni forza vitale, ecco emergere una fede senza garanzie, basata sulla parola del Signore: “Ricordati del Signore nei giorni della tua gioventù”. Perché ciò verrà buono quando “s’infrangerà la lampada d’oro, si romperà la secchia alla fonte, si spezzerà la carrucola al pozzo e ritornerà la polvere alla terra”.
Dall’interpretazione del sogno capisco che Qohelet giustamente è stato messo nel canone dei libri sacri: “Sporca le mani” (espressione ebraica per indicare che è ispirato da Dio), aiuta ad abolire ogni fanatismo e demolendo ogni certezza obbliga ad interrogarci sul senso del tutto e a cercare la vita là dove c’è la morte.
Veramente lo Spirito Santo non è monopolio di qualcuno. Non è geloso patrimonio dei teologi, ma dono dato a chi ha un cuore che ascolta. Dono condividibile con chi vuole nuove interpretazioni della Scrittura e validi orientamenti di vita.
Rinnovo perciò l’invito a leggere anche Qohelet e a farmi dono di intuizioni utili ad approfondire una fede dai mille volti, a giustificare chi è nel dubbio, nell’angoscia e a confrontarsi con chi vede l’eruzione della lava come il sangue del costato di Cristo.

Valentino