Betlemme e Greccio - Gesù e Francesco

La Terra: culla del Figlio di Dio

Guardare il Cielo: riempirsi di Dio. Respirare Dio. Lasciarsi inondare dalla luce che dissipa le tenebre del dubbio…

E guardare l’uomo per vedere in lui i lineamenti del Dio fatto uomo: Gesù. Queste idee sono espresse continuamente in tutta la Sacra Scrittura. Alla contemplazione del Cielo deve seguire la contemplazione di Dio nella sua immagine e somiglianza: l’essere umano. Lo esige la logica dell’Incarnazione: «Dio si è fatto uomo, perché l’uomo si faccia Dio». Si è fatto come noi per insegnarci che, se l’uomo sceglie la luce, elimina le tenebre. Se sceglie la verità, elimina la falsità. Se sceglie la vita – rimanendo nell’amore –, sconfigge la morte e vive in pace, perché «l’amore perfetto scaccia il timore» (1Gv 4,18).
Il mistero del Natale ci chiama a creare armonia tra l’amore per il Cielo e l’amore per la terra. E ciò è possibile per chi fa un’esperienza forte di fede nel Dio del Cielo che s’incarna in ogni rapporto di bontà, bellezza e amicizia.

Ecco una bellissima intuizione di San Francesco: cercare Dio nella bellezza del creato, per poi trovarlo sul volto del fratello che la Provvidenza ci mette accanto.

Ammalato, non compreso, criticato e respinto anche da chi nel passato avrebbe dato la vita per lui e tormentato dal silenzio di Dio, Francesco d’Assisi non si dà per vinto. Al sorgere di un nuovo giorno – mentre il sole dà un colore a tutte le cose e la creazione si risveglia per lodare il Signore – il Santo si fa voce del creato: «Altissimu, onnipotente, bon Signore, tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione». Eco del Salmo 148: «Alleluia. Lodate il Signore dai cieli, lodatelo nell’alto dei cieli. Lodatelo, voi tutti, suoi angeli, lodatelo, voi tutte, sue schiere. Lodatelo, sole e luna, lodatelo, voi tutte, fulgide stelle».

La totale dedizione al Signore da parte del Poverello di Assisi, il suo amore per tutta l’umanità e per il creato nascono dall’amore per la povertà, che lo porta a rinunciare a tutto – anche a sé stesso –, grato all’Altissimo per il privilegio di appartenere a quella categoria di persone che San Paolo – parlando anche di sé – descrive «come poveri, ma capaci di arricchire molti; come gente che non ha nulla e invece possediamo tutto!» (2Cor 6,10).

È l’amore per il Creatore a suscitare lo stupore di fronte all’universo, il desiderio di invitare tutti a passare dalla bellezza del creato all’Autore di ogni bellezza, che ci ha dato la vita per farci partecipi del suo amore e per dare a suo Figlio la possibilità di diventare uomo.

Alla luce di queste idee è nata la “scuola francescana”, che si è posta il problema se Dio si sarebbe fatto uomo anche se Adamo ed Eva non avessero peccato. È convinto di questa ipotesi il francescano Duns Scoto (1265-1308), che così si esprime: «Pensare che Dio avrebbe rinunciato a tale opera se Adamo non avesse peccato sarebbe del tutto irragionevole! Dico dunque che la caduta non è stata la causa della predestinazione di Cristo, e che – anche se nessuno fosse caduto, né l’angelo né l’uomo – in questa ipotesi Cristo sarebbe stato ancora predestinato nella stessa maniera». I seguaci di San Francesco, alla luce del suo insegnamento, sono convinti che l’Incarnazione del Figlio di Dio è il compimento della creazione. Il mondo è stato creato in vista di Cristo, ci dice San Paolo. E Cristo è l’Uomo-Dio, il fiore più bello della creazione. Potremmo dire che il Padre ha creato la terra quale culla di suo Figlio. L’umanità tutta è il suo presepio.


Quel primo Natale a Betlemme

Mentre il silenzio avvolgeva ogni cosa, la Parola discese dal Cielo.
Dal Cielo è discesa la grazia in quel lontano Natale, che illumina e rende vera e sacra ogni nascita, ogni vita e ogni morte. E la grazia ha un volto: Cristo, che gode per le nostre gioie, ama in ogni nostro amore, piange ogni lacrima e vive ogni morte. In ogni realtà pone un seme divino, perché tutto diventi grazia.
Semi divini che noi riproponiamo nei nostri presepi, dai quali cogliamo alcune immagini, quali stimoli a rinascere con Gesù.

Nella mangiatoia, in Betlemme (città del pane) è deposto il futuro Pane eucaristico, mistero nel quale ogni aspetto della vita cristiana è riassunto: la messa è l’apice e la sintesi della misericordia di Dio verso l’umanità.
La stella è simbolo della fede che ci attrae verso Colui che è mite e umile di cuore.
Maria è l’espressione più bella dell’umanità che genera il Salvatore e dà vita alla vita: allatta il Figlio dell’uomo pensando: «Il mio latte si converte nel sangue di Dio». Lei, Madre di Cristo, Mamma di tutti noi.
Giuseppe assurge a prototipo della paternità: rende genitore non tanto lo sperma, quanto quella Parola che i Padri della Chiesa accostavano sempre alla qualifica di forma vitale: “Logos spermaticòs”.
I pastori – per gli Israeliti – sono l’immagine del peccatore: maledetti dal fatto di non avere una fissa dimora, di dover vivere come le bestie, di essere poveri, privi cioè di quella benedizione che stoltamente Israele faceva consistere nella ricchezza. Essi, i pastori, sono i primi beneficiari della misericordia del Signore.

Il Natale a Greccio

Gesù, Maria, Giuseppe, la stella, la capanna e i pastori… tutte immagini desumibili dai Vangeli. Ma il genio di Francesco si è manifestato introducendo nel presepio di Greccio – che tanto assomiglia a Betlemme – il bue e l’asino, con un riferimento a quanto** **afferma il profeta Isaia (1,3). Questi due animali riconoscono il loro padrone, gli Israeliti non riconoscono il loro Signore. Solo accettando di essere umili e semplici, scopriremo la grandezza della misericordia di un Dio che «ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili» (Lc 1,52).
Con queste idee, il frate di Assisi e il nobile signore di Greccio Giovanni Velita rievocarono la nascita di Gesù, il primo Presepe della storia, che nei secoli successivi sarebbe stato riproposto in tutti gli angoli della terra, in tutte le famiglie cristiane. A Betlemme si operò il mistero della divina Incarnazione di Gesù; a Greccio ebbe inizio, in forma del tutto nuova, la sua rievocazione in maniera simbolica, mistica. Si tratta di una rappresentazione che costituisce un momento di profonda fede e di invito a rinascere con Cristo, incominciare una vita nuova, ridiventare bambini come condizione indispensabile per appartenere al regno dei cieli che inizia qui, sulla terra, e formerà la nostra gioia senza fine su nei cieli.