Vocazione a credere nell’amore. Sant’Agostino

Il mio nome è Agostino…

«Ama e capirai». Questo è il motto con il quale vorrei essere ricordato, in tutte le generazioni, dai credenti in Cristo. Molti, e spesso a sproposito, citano la mia frase: «Ama e fa’ ciò che vuoi», non ricordando che io scrivevo quell’esortazione in latino: «Dilige et fac quod vis». La “dilectio” implica quell’amore che sceglie il bene altrui, per cui è chiaro il mio pensiero: abbi quella carità che ti fa scegliere il bene della persona amata. Di conseguenza, sarai veramente libero di fare ciò che vuoi, perché altro non farai che quanto è utile al tuo prossimo.

Libertà, Verità e Carità sono stati i pilastri sui quali ho costruito la mia esistenza, iniziata a Tagaste (nel Nord Africa) nel 354. La mia giovinezza è stata intensa di studi e di esperienze inquiete. Dopo aver insegnato a Cartagine, andai a Roma e poi a Milano, all’apice della mia carriera di retore. Ancora giovane ebbi un figlio, Adeodato, che amavo più di me stesso. Interpellato da lui, scrissi il libro De magistro, per insegnare ai genitori i cardini dell’educazione delle loro creature.

Avrei voluto sposare la mamma di Adeodato, ma sia mia madre che il contesto sociale me lo sconsigliavano. Anzi, una volta divenuto “il numero due dell’Impero”, per legge non avrei potuto sposare una donna priva di una educazione formale e non appartenente a una famiglia nobile. Nel contesto dei problemi familiari, il momento più buio della mia vita fu la morte di Adeodato allorché aveva undici anni…

A Milano conobbi il vescovo Ambrogio che presi subito ad amare, per la sua grande benevolenza nei miei confronti.

La mia ricerca è stata lunga, tra gli studi e la vita dissipata, vegliata dall’amore di mia madre Monica. L’insegnamento di Ambrogio ottenne che la fede cristiana non mi apparisse come vinta, ma come vincitrice, nei confronti delle varie filosofie che avevo conosciuto e abbandonato.

Nella ricerca di Dio, essenziali sono stati la testimonianza e l’amore di mia madre. Con lei ho vissuto una bellissima esperienza di fede a Ostia. Era notte. Stavamo contemplando le stelle in riva al mare. Parlavamo di Dio e tutto a un tratto lo toccammo, con uno slancio del cuore… e sospirammo!

La grazia finale mi raggiunse nel ritiro di Cassiciaco e venni battezzato da Ambrogio nel 387. Nello stesso anno tornai in Africa e – eletto vescovo di Ippona – guidai il mio popolo con gli scritti e con la testimonianza della mia vita per trentaquattro anni. Morii nel 430, mentre infuriava l’invasione dei Vandali.

Tra le tante cose che avrei potuto dire della mia esistenza, ho sottolineato solo l’importanza di avere un maestro di vita, se si vuole rispondere degnamente alla vocazione a essere cristiani. Dai miei maestri di vita ho avuto il privilegio di essere introdotto a quella carità che mi ha fatto scrivere questi pensieri:

Se taci, taci per amore. Se parli, parla per amore. Se correggi, correggi per amore. Se perdoni, perdona per amore. Metti in fondo al cuore la radice dell’amore. Da questa radice non può che maturare il bene.

Sospiro d’amore che sfida i secoli

La vocazione di Sant’Agostino a credere nell’amore sfida i secoli e le varie culture, anche quelle che non accettano che Cristo sia Dio. In qualunque nazione io mi trovi, quando parlo della mia esperienza di fede, tra i miei uditori c’è sempre qualcuno che cita Sant’Agostino o mi chiede di parlare di lui, della sua vocazione a credere nell’amore e ad aiutare il prossimo ad abbandonarsi totalmente al Dio-Amore: lo Spirito Santo. Il brano che maggiormente colpisce i cercatori della Verità si trova nel libro Le Confessioni, scritto per lodare quel Dio che Agostino sentiva presente anche nei momenti più bui della sua esistenza, quando sbagliava e peccava.

Tardi ti ho amato, bellezza così antica e così nuova, tardi ti ho amato.
Tu eri dentro di me, e io fuori. E là ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Tu eri con me, ma io non ero con te. Mi tenevano lontano da te quelle creature che non esisterebbero se non esistessero in te.

Mi hai chiamato, e il tuo grido ha squarciato la mia sordità.
Hai mandato un baleno, e il tuo splendore ha dissipato la mia cecità.
Hai effuso il tuo profumo; l’ho aspirato e ora anelo a te. Ti ho gustato,
e ora ho fame e sete di te. Mi hai toccato, e ora ardo dal desiderio della tua pace.

Quando sarò più vicino a te, la mia sofferenza sarà finita. O Signore, abbi pietà di me, non nascondo le mie ferite; tu sei il medico e io l’infermo.
Tu sei misericordioso, e io tanto povero. Donami ciò che tu comandi, e poi comanda ciò che tu vuoi.

Risposta di chi cerca il Dio-Amore

Padre, i cristiani hanno fame e sete di verità. Dona a tutti quella sapienza che spinse Agostino a lasciare i beni della terra, a rinunciare al secondo posto nell’Impero romano per fare propria la follia della croce e trovare pace solo in Te, fonte di ogni bene.

Cristo, l’inquieto cuore di Agostino ti ha cercato in tutte le filosofie e ti ha trovato nell’esercizio della carità, conforme all’insegnamento del tuo Discorso della montagna. Fa’ che la fede trasformi i nostri dubbi nella speranza che un giorno capiremo e… ti daremo ragione.

Spirito Santo, la fede ci mostri il cuore trafitto di Cristo, ci nasconda nelle sue piaghe, ci dia la gioia di camminare nella carità, verso la vera Luce che illumina le presenti tenebre e che sarà nostra beatitudine nel tempo senza fine.

Sant’Agostino, noi sappiamo che ogni strada della vita porta a Dio, ma la via della carità è la più sicura. È quella percorsa da Gesù. Guidaci nella via della carità, con l’aiuto di validi maestri: una madre come Santa Monica, che ti ha portato a Dio con le sue preghiere e le sue lacrime. Un padre spirituale come Sant’Ambrogio. Una comunità di fratelli che condividano la fede, il pane e la carità verso quanti la Provvidenza mette sul nostro cammino.

Valentino