Perché continui la lode al Creatore

Un mondo cambiato dai sogni dei giovani

«Se si sogna da soli, è solo un sogno.
Se si sogna insieme, è la realtà che comincia» (proverbio africano).

La Cecoslovacchia, all’inizio del 1969, sperimenta una ventata di innovazioni e di rinascita in opposizione al regime oppressivo di Mosca: è la “Primavera di Praga”. Entusiasti, i giovani scendono in piazza per rafforzare il sogno di riforma e di libertà. Ma il sogno dura poco. Nel giro di pochi mesi, truppe dell’Unione Sovietica e degli stati aderenti al Patto di Varsavia invadono il Paese e lo reprimono militarmente. Ritorna la schiavitù e il popolo sembra rassegnato a sopportare l’antico giogo.

Ed ecco che il ventunenne Jan Palach, per testimoniare che non ha senso vivere senza la libertà, sensibilizza i suoi coetanei cospargendosi di benzina e dandosi fuoco sulla pubblica piazza di Praga. Qualcuno si scandalizza e ritiene Palach un suicida. Molti invece lo ritengono un martire. In seguito al suo gesto – imitato da altri sette giovani – il Paese si riscuote. Le iniziali critiche negative si trasformano in elogi perché quel sogno non cade nel vuoto. Diventa contagioso. Fa rinascere alla speranza.

In Cina, la foto del Rivoltoso sconosciuto (Unknown Rebel – Tank Man) davanti ad un carro armato, fa il giro del mondo. Mostra un giovane che, durante la protesta di piazza Tienanmen – a Pechino, nel 1989 –, cerca di impedire l’avanzata dei carri armati inviati a disperdere i dimostranti. Quel giovane è disposto a lasciarsi schiacciare. Il carro armato si ferma ed egli sale sul cingolato e parla con il pilota. I mass media cinesi censurano la foto e… il protagonista.

I giovani, al di là di tutte le loro contraddizioni e incoerenze, nutrono sogni che possono cambiare il mondo se gli adulti non intervengono a reprimere le loro più genuine aspirazioni. E tra i giovani che vogliono contribuire al cambiamento di rotta di questa umanità, ecco farsi avanti Greta Thunberg. Con la sua faccia da bambina, i suoi sedici anni e i suoi sogni, s’impone a tutti i grandi del mondo come attivista che si batte contro il cambiamento del clima. Vuole combattere contro tutto ciò che di negativo la circonda, dare vita ad un movimento di protesta, suggerire a tutti i giovani di iniziare lo sciopero scolastico per il clima. Dà l’esempio: ogni venerdì mattina, si posiziona di fronte al Riksdag (“parlamento svedese”) con un cartello dove campeggia la scritta: “Sciopero scolastico per il clima”. Il suo esempio diventa virale. In tutto il mondo, per la salvaguardia del creato, scendono in piazza giovani con lo stesso ideale. Si tratta di persone che non rinunceranno ai vantaggi offerti dalla scienza e dalla tecnica (motorini, cellulari, computer…). Non avranno la pretesa di essere canonizzati “santi subito”… Ma hanno un sogno. Credono che sia ancora possibile un mondo migliore. Sperano che gli adulti si rendano conto che essi hanno diritto ad avere un futuro in cui sia possibile credere nella vita. Dare vita alla vita. Avere un creato in cui sperimentare l’armonia tra terra e cielo.

Non tutti sono coscienti di ciò che significa il movimento iniziato da Greta. Ma non è forse significativo il fatto che, perlomeno, sentano la nostalgia dei valori nei quali anche i loro padri credevano, allorché avevano ancora i capelli neri?

Comunque, quanto chiedono i giovani non costituisce una novità, ma richiama – inconsciamente – ciò che la Chiesa cattolica sta insegnando dai tempi del Concilio Ecumenico Vaticano II, convocato da Giovanni XXIII nel 1959: molto prima di Jean Palach, prima del Rivoltoso Sconosciuto, prima di Greta.


Sogni e speranze della Chiesa

Il prologo del decreto conciliare sulla Chiesa nel mondo contemporaneo è la chiave per capire quanta importanza la Chiesa stessa attribuisca alla salvaguardia del creato, prevenendo con molto anticipo le attuali discussioni al riguardo: «Il mondo che i cristiani credono creato e conservato in esistenza dall’amore del Creatore è caduto, certo, sotto la schiavitù del peccato…» (prologo della Gaudium et spes). «L’uomo può e deve amare anche le cose che Dio ha creato. Da Dio le riceve: le vede come uscire dalle sue mani e le rispetta» (Gaudium et spes, n. 37).

Grazie a questo documento conciliare, dall’inizio degli anni Sessanta, tutte le riunioni fatte dai cattolici con i fratelli separati hanno come tema centrale la salvaguardia del creato. Ne parlano in abbondanza i teologi e i documenti del Magistero. Nell’esortazione apostolica Laudato si’, papa Francesco dimostra che uomini e ambiente, creazione e società sono tra loro collegati. Questi argomenti vanno affrontati con un approccio integrale, con un discorso interdisciplinare, con lo scopo di combattere la povertà e per avere quelle condizioni che permettono di prendersi cura della natura e salvare “la creazione delicata”: «L’autentico sviluppo umano possiede un carattere morale e presuppone il pieno rispetto della persona umana, ma deve prestare attenzione anche al mondo naturale» (Laudato si’, n.5).
In diverse occasioni, il Papa mostra il legame tra ecologia ed economia, tra inquinamento ambientale e povertà: «Ecologia umana ed ecologia ambientale camminano insieme» (Udienza generale, Giornata Mondiale dell’Ambiente, 5 giugno 2013).

E nel suo appello alle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, nel dicembre 2014: «Il tempo per trovare soluzioni globali si sta esaurendo. Possiamo trovare soluzioni adeguate soltanto se agiremo insieme e concordi». E ancor prima, il 20 marzo 2013: «La Chiesa cattolica è consapevole della responsabilità che tutti portiamo verso questo nostro mondo, verso l’intero creato, che dobbiamo amare e custodire». Già nel discorso inaugurale del suo pontificato, Francesco aveva parlato dell’impegno comune a difesa della dignità dell’uomo, della costruzione di una convivenza pacifica fra i popoli e della necessità di custodire con cura il creato.


L’inno del creato al suo Signore

Si dovrebbe parlare del creato in ginocchio, con uno spirito di adorazione del Padre. Egli ha dato vita all’universo come suo primo “sacramento”. Universo: il tutto che converge verso l’Uno. La creazione, in silenzio, loda il Signore che si rivela nascondendosi dietro la bellezza e attende l’essere umano per dare voce alle galassie, ai mari, ai monti…

Ma fin dagli albori della storia umana, l’universo, anziché essere oggetto di lode, è stato vittima di distruzione, inquinamento e sfruttamento selvaggio. Contro l’egoismo di chi devasta il creato per i vantaggi economici che se ne possono avere, per non lasciarci imprigionare dalle macerie della vita – restando vittime di una creazione fragile, ferita e ancora in evoluzione – Dio si fa uomo: non fugge la sofferenza, che appartiene a questa vita; non si fa imprigionare dal pessimismo; invita a osservare i gigli del campo, a vincere la tristezza di chi muore alla speranza di un mondo migliore, a “creare cieli nuovi e terra nuova”. Ci insegna che si può sempre tornare da capo, ricostruire tutto di nuovo su antiche macerie.

La lotta per curare le ferite della creazione continuerà, fino al giorno in cui l’umanità sarà perfettamente ed eternamente liberata dal peccato (cfr. Romani _8,19-23). Una grande speranza sorregge chi s’impegna nel custodire il creato: l’universo non può essere in balia di forze distruttrici. Il cosmo, infatti, non può essere frutto del caso. Nell’armonia dei mondi possiamo scorgere la firma dell’umiltà di Dio. E consolante resta la parola di Cristo: «Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate paura: voi valete più di molti passeri!» (Luca 12,6-7).

Valentino