Se Gesù nascesse oggi (Natale 2018)


Che cosa chiederebbe Cristo al Padre?

Mahatma Gandhi non riusciva a credere che Gesù fosse il Figlio di Dio, ma lo riteneva il personaggio più grande dell’umanità. Il più bello tra i figli dell’uomo. Colui che con il suo messaggio avrebbe potuto rivoluzionare tutto il genere umano, se i suoi seguaci avessero messo in pratica anche solo una parte del suo insegnamento.

Se l’umanità avesse creduto nella forza terapeutica del perdono come la presenta Cristo nel Discorso della montagna – dove ci chiede di amare tutti, compresi i nemici –, quante guerre avrebbe evitato! Ma purtroppo la parola del Maestro non ovunque è diventata vita per la nostra cultura, come ancora Gandhi amaramente constata riferendosi alle Beatitudini: «I cristiani hanno un cielo bellissimo, ma non lo sanno contemplare». E afferma che se tutti i libri della terra scomparissero e rimanesse anche solo il Discorso della montagna, da esso potrebbe sorgere un’umanità nuova, nonviolenta. Sorgerebbe la civiltà dell’amore.

Se Gesù tornasse a nascere oggi, innanzitutto chiederebbe a suo Padre come mai, dopo duemila anni, l’umanità – e qui sono chiamati in causa quanti stanno bene economicamente (e tra questi, molti cristiani) – viva in quella “indifferenza fratricida” che è causa della morte per fame di tante persone. Gli domanderebbe a che cosa siano serviti la sua vita, il suo messaggio e la sua morte violenta.

Gesù tornerebbe a lamentarsi: «A chi dunque posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”» (Lc 7,31-32).
L’umanità non ha ballato né pianto ascoltando la sua parola, ma su di essa ha buttato terra, non rendendosi conto che le parole di Gesù erano semi che nel tempo – anche in virtù di quella terra –, marcendo, portano frutto.

Ma è doloroso il marcire… Gesù non era masochista: non aveva voglia lui stesso di marcire e di morire. Risulta evidente dalle parole rivolte a sua Madre a Cana di Galilea, quando avrebbe voluto evitare di compiere il miracolo e rivelarsi come Dio: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora» (Gv 2,4). L’inizio della sua vita pubblica, infatti, equivaleva ad anticipare la sua morte. E come Lui, i suoi fedeli sono poco disposti a marcire, ad affrontare persecuzione e a morire per il suo nome. Ma quando i cristiani sono perseguitati, il loro sangue diventa seme di nuovi cristiani.

Ma nel terzo millennio l’umanità si pone il problema se sia proprio necessario che il Vangelo si diffonda attraverso la sofferenza morale e fisica. Forse, se Gesù tornasse oggi tra di noi, potrebbe chiedere al Padre se proprio non esista un’altra via per la nostra salvezza che non passi necessariamente attraverso il dolore e la morte. Adattandosi ai segni dei tempi, probabilmente abbozzerebbe un altro cammino per suscitare in noi la fede: la via della bellezza. Quella bellezza che salva il mondo ed è frutto della bontà, dell’inevitabile sacrificio, della continua conversione, del distacco da tutti e da tutto, per possedere il Tutto: quel Dio che basta a riempire la nostra vita.

Che cosa proporrebbe Gesù ai nostri contemporanei?

Cristo ha chiamato “amici” i suoi discepoli, per dimostrare la divinità delle passioni umane e la profondità della sua umanità. Ha indicato la via salvifica dell’amicizia: «Rimanete nel mio amore!». Fino all’ultimo momento ha cercato di riscattare Giuda: «Amico, per questo sei qui!» (Mt 26,50). Se Gesù tornasse da noi in questo natale si spoglierebbe di nuovo della sua divinità, diventerebbe uno di noi, per rendersi ancora nostro Amico. Ripeterebbe quanto disse durante l’Ultima Cena: «Non vi chiamo più servi… ma vi ho chiamato amici» (Gv 15,15). Volle infatti morire circondato non da discepoli, ma da amici. Perché Egli al suo seguito vuole solo innamorati: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore» (Gv 15,9).

«Rimanete nel mio amore!». Invito a gustare il privilegio d’amare e di essere amati: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri» (Gv 15,12). Ecco che cosa ci chiederebbe ancora oggi Gesù: di credere nell’amore, lasciarci da Lui amare, restare nel suo amore.

Si ripeterebbe la storia di Betlemme?

«Per loro non c’era posto nell’alloggio», attesta il Vangelo di Luca (2,7) riguardo a Maria e a Giuseppe che, invano, bussavano alle porte della città, non disposta ad accogliere una donna che stava per dare alla luce suo figlio. «Venne fra i suoi – afferma Giovanni (1,11) – e i suoi non lo hanno accolto».

Se Gesù tornasse oggi, lo accoglierebbero quei poveri che Egli chiamò beati, vale a dire: coloro che sono capaci di svuotarsi del proprio superfluo, per fare posto in sé a Dio e al prossimo. Non l’accoglierebbe chi non fa nulla per sollevare l’indigente dalla sua miseria, chi pensa solo al proprio tornaconto, chi non sa perdonare. È ancora Gandhi che ce lo ricorda: quando si farà la storia del nostro tempo, non si parlerà tanto male di Hitler o di Stalin, quanto del silenzio degli “onesti”. Di quelli che si reputano onesti, ma tacciono, pur sapendo come sta andando il mondo. Tacciono perché non sono disposti ad ascoltare Cristo che, terminando la parabola del buon samaritano, afferma: «Va’ e anche tu fa’ così» (Lc 10,37).

Nessuno, anche in questo Natale, potrà sentirsi a posto con la propria coscienza. Nessuno, infatti, può dire di aver fatto tutto il possibile per rispondere all’ideale proposto da Gesù: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48). Però il nostro sguardo, davanti al presepe, anche quest’anno può tornare ad incrociare quello del Bambino Gesù. Lui ci indica sua Madre che, silenziosa, adora l’Alba di quella luce che esisteva prima del sole e di tutte le stelle. Lei, ogni Natale, ci offre suo Figlio come nostro Fratello. Lei ci sussurra che, se vogliamo vedere la stella cometa, dobbiamo cercarla negli occhi dei nostri fratelli. Per tutti Gesù è nato, vissuto e morto. In ciascuno di noi è risorto, vive e parla attraverso quel silenzio che è eloquente invito a tornare da capo, a intraprendere la strada di una continua conversione, a impegnarci a perdonare chi ci ha fatto del male. Allora Gesù veramente, senza alcun “se…”, tornerà a nascere. E ogni giorno sarà Natale.

Valentino