Fede: grembo che genera il miracolo

«[Gesù, partito da Genesaret], andò nella regione di Tiro. Entrato in una casa, non voleva che alcuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto. Una donna, la cui figlioletta era posseduta da uno spirito impuro, appena seppe di lui, andò e si gettò ai suoi piedi.

Questa donna era di lingua greca e di origine siro-fenicia. Ella lo supplicava di scacciare il demonio da sua figlia. Ed egli le rispondeva: “Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini”. Ma lei gli replicò: “Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli”. Allora le disse: “Per questa tua parola, va’: il demonio è uscito da tua figlia”.

Tornata a casa sua, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n’era andato» (Marco 7,24-30).

Potremmo dare diversi titoli a questo brano di Marco: “La fede rende possibile l’impossibile”; “Gesù si lascia istruire dalla cananea”; “Il diritto… dei cagnolini”; “Il Maestro impara ad aprirsi alla mondialità”…

Che sia il credente a operare un miracolo, è stato ripetuto più volte da Gesù. La fede è l’arte di rendere possibile ciò che, umanamente parlando, è impossibile.

Abramo aspetta cento anni prima che si avveri la promessa di Jaweh di donargli un figlio. Dopo l’incontro con la Trinità a Mamre, dando fiducia a Dio, lo sente come seme vivo nel ventre morto della moglie Sara. E quando Isacco ha dodici anni, mentre Abramo passa attraverso un luogo in cui i Cananei sacrificano a Dio il primogenito, si chiede che cosa abbia fatto per ringraziare Dio del dono della paternità.

Incertezza. Dubbi. Incubi. E il tutto si fa voce: «Prendi tuo figlio […] e offrilo in olocausto» (Gn 22,2). Il Patriarca crede e spera contro ogni umana speranza. È disposto al sacrificio totale come obbedienza di fede… Riavrà Isacco, non solo come figlio della promessa, ma anche come espressione di quella fede che farà di lui, Abramo, il padre degli Ebrei, dei cristiani e dei musulmani.

La fede di Mosè fa sì che il mar Rosso si apra e il popolo eletto raggiunga la Terra promessa. Fenomeno di bassa marea? Forse. Ma perché è avvenuto proprio in quel momento, mentre poi il mare, tornando alla normalità, ha sommerso cavalli e cavalieri egiziani?

La fede di Maria fa sì che l’impossibile diventi realtà: la sua verginità non è un ostacolo, anzi, è la condizione perché Lei diventi la Mamma del Figlio di Dio.

Pietro, finché crede, cammina sulle acque. Quando la fede viene meno, rischia di affogare.

E si potrebbero moltiplicare gli esempi che hanno come denominatore comune il fatto che la fede sposta le montagne: «Se avrete fede pari a un granello di senape, direte a questo monte: “Spostati da qui a là”, ed esso si sposterà, e nulla vi sarà impossibile» (Mt 17,20).

Ed eccoci alla fede della donna cananea. Secondo la Legge, la straniera non deve rivolgere la parola a un membro del popolo eletto, e Gesù non è autorizzato a rispondere alle sue suppliche. Questa volta sono i discepoli a fornire un alibi al Maestro, non per convinzione, ma per l’insistenza della donna, come leggiamo nel medesimo racconto secondo Matteo (15,21-28).

Straniera. Pagana. Petulante. Da lei, i palestinesi prendono le distanze. Si comprende allora la risposta di Gesù: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». Gesù non intende però disprezzare i pagani, ma solo ribadire il concetto di essere stato mandato dal Padre per evangelizzare i figli della sua terra.

Qui si pone un problema reale: Gesù, oltre ad essere di natura divina, è anche uomo, integralmente uomo e – come tale – deve imparare un po’ alla volta quello che il Padre si aspetta da Lui. Non tutto gli è chiaro fin dalla nascita: deve anche Lui vivere di fede, pregare, interpellare il Padre, cercarlo nel deserto e vegliare di notte, sul monte, per sapere come agire il giorno seguente. In altre parole: non gioca a fare l’uomo, «egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato» (Eb 4,15). L’Autore della Lettera agli Ebrei afferma che Cristo impara dal dolore che cosa voglia dire essere uomo e obbedire al Padre.

E il Padre, giorno per giorno, gli apre gli occhi, affinché impari dal contadino a seminare in abbondanza, lasciando che il seme cada sulla strada, sui sassi, tra i rovi… Gesù impara che la Parola va seminata abbondantemente, senza aspettarsi di vedere il risultato.

Egli, osservando il lavoro dei contadini, impara che non si deve sradicare la zizzania, per non strappare con essa anche il grano buono: impara quello che il Padre farà alla fine dei tempi.

Nel caso della donna cananea, Gesù è sconvolto dalla risposta: «Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli». Risposta sconcertante: nel Regno che Gesù sta prospettando, tutti devono essere figli e fratelli. Non uomini e “cani”. Dio è Padre di tutti e non può fare distinzioni di persone. Davanti a Lui ci sono figli che hanno fame, a qualsiasi cultura o religione appartengano. Hanno fame, sono ammalati, sono poveri. La loro sofferenza viene prima delle loro credenze. E tutti i sofferenti hanno una madre, il cui dolore viene prima della sua religione. Uguale è il dolore di tutte le madri…

Davanti al Figlio di Dio c’è una mamma che, benché affranta dal dolore, ha una fede tale da far cambiare modo di pensare al Maestro. È quella fede che nasce dall’amore, come scrive San Paolo ai Romani, ricordando loro che si crede con il cuore. Più si ama, più si soffre, ma anche più si capisce. Sul volto della cananea, tutto ciò è scritto attraverso quella bellezza che fa breccia sul cuore di Cristo: «Per questa tua parola, va’: il demonio è uscito da tua figlia». Gesù, in altre parole, le dice: «Donna, sei grande perché hai partorito una figlia. Sei grande perché il dolore ha fatto di te una cattedrale d’inaudita bellezza. Sei grande per il tuo coraggio di infrangere ogni regola, pur di trovare chi guarisca tua figlia. Sei grande perché di nuovo dai vita alla tua creatura: la tua fede ti rende simile a mia Madre che, credendo, ha fatto sì che l’impossibile diventasse realtà, dando vita alla mia vita».

Valentino