Ponte Nossa, 1 Marzo 2008

Lo spazio di un sorriso

Quanto dura un sorriso? Meno di tre secondi. Eppure questo brevissimo spazio può cambiare tutto.

Non amo guidare la macchina e la uso solo quando conosco bene la strada. È un limite? Senz’altro, ma reca con sé il vantaggio che sono un autista prudente. Troppo secondo qualcuno, ma per lo meno fin’ora ho evitato incidenti.

Alla periferia di Bergamo, un autista, distratto, non rispettando lo stop, sta investendo la mia vettura. Due brusche frenate evitano la collisione. Mi ritrovo con l’altra auto a pochissimi centimetri di distanza dalla mia.
Scende dall’ auto un trentenne con i lineamenti inconfondibili delle facce del Kosovo. Si aspetta una mia sfuriata, invece si trova di fronte un volto sorridente.

Sorrido per ringraziare il Padre che ci ha risparmiato un incidente e contemporaneamente per manifestare la mia volontà di non voler continuare lo scontro anche sul piano verbale. Ma non posso negare che quel volto ha risvegliato in me una valanga di ricordi legati alle mie visite al Kosovo, circa una decina, quando lavoravo con il presidente Rugova, in vista dell’indipendenza dalla Serbia.

L’uomo non dice nulla ma mi guarda con interesse e curiosità. Gli chiedo chi sia e che cosa faccia in Italia. Mi risponde che dopo la laurea in giornalismo ha cercato invano un impiego nel suo paese. Il suo recente matrimonio ha reso la necessità di un lavoro più pressante e l’ha convinto a trasferirsi in Italia. Lavora come magazziniere cinque ore al giorno e prende cinquecento euro al mese.

Non mi domanda nulla. Ma io gli chiedo di venire con me da un amico imprenditore per cercare un lavoro più remunerato che permetta anche alla moglie di venire a vivere in Italia.

Non assiste alla conversazione con il possibile nuovo datore di lavoro, ma quando lo rivedo, fa notare che lui è Kosovaro e io sono italiano, lui è musulmano e io sono cattolico, lui stava investendomi in macchina e io sto cercando di sistemare la sua famiglia. Non mi sembra il caso di rispondere, ma accenno a volerlo abbracciare.

Mi abbraccia come sanno fare gli orientali. Torna a guardarmi e mi sussurra: “Perché?”.

Perché?… “Le cose essenziali sono invisibili agli occhi”. Oltre allo sguardo subentra il cuore, che vede quel Dio che è Padre di tutti. Vede un essere umano che si realizza solo quando è perdonato, valorizzato e amato. Vede la differenza come una ricchezza. Vede la possibilità di un mondo più umano, nel momento in cui il sorriso abbatterà le barriere e porrà le premesse per la civiltà del dialogo, dal quale nascerà la pace.

Dialogo. Ho appreso l’importanza di dialogare soprattutto spendendo un mese a Zamboanga, nelle Filippine, in una comunità retta da padre Sebastiano D’Ambria, con lo scopo di favorire il dialogo tra cristiani e musulmani. Queste le idee che lì circolano e diventano stile di vita:

La varietà e le differenze di tradizioni sono un segno di ricchezza e una promessa di crescita. La mente che si apre alle varie culture e religioni, accetta il diverso per una collaborazione sincera con tutti, a cominciare con i vicini di casa. Il dialogo condotto con una mente e un cuore aperto è una strada per una pace duratura.

Ciò che è nuovo non significa che è buono, ma neppure che è cattivo. Bisogna domandarsi:

Questa nuova idea ci farà diventare persone migliori?

Il nostro mondo come varrà trasformato dalle mie scelte quotidiane?

Questa iniziativa, apparentemente insignificante, migliorerà i nostri legami?

In mezzo ai cambiamenti, differenze e varietà, siamo chiamati a salvare la nostra identità. Nel confronto con influenze o pressioni opposte, dobbiamo salvaguardare i valori della nostra fede e delle nostre tradizioni, mentre rispettiamo quelle degli altri. E, naturalmente, agli altri chiediamo di rispettare il nostro credo e la nostra cultura.

La preghiera – intesa come un inviare a tutti onde d’amore – apre la nostra vita a un maggior dialogo con Dio, con noi stessi, con gli altri, specialmente con gente diversa da noi, e con il creato. Pregare per la pace è aprire il cuore dell’uomo alle strade di Dio che rinnova ogni cosa con la sua potenza. Pregare apre la strada verso Dio, ma anche dispone gli uomini a incontrare il prossimo.

Qualora il conflitto sembrasse inevitabile, la guerra potrebbe essere scongiurata grazie al dialogo, paziente e perseverante, come ha fatto Gandhi e, sulle sue orme, Rugova, il Gandhi dei Balcani.

Queste le idee e lo stile di vita che si apprendono nell’estremo Oriente. C’è da augurarsi che anche da noi nascano comunità che favoriscano il dialogo tra culture e religioni diverse, seguendo lo stile di Giovanni XIII : ”Bisogna cercare ciò che ci unisce”. Mentre attendiamo che nascano tali comunità, è bello allenarsi a donare quegli sguardi e quei sorrisi che costano tanto poco e pongono la premessa perché una persona passi da nemico a ospite, da concorrente a competente, da amico a fratello in quel Figlio dell’Uomo che è venuto sulla terra per regalarci un sorriso.

Valentino