Una vita bella per la nuova generazione

«Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò…». Così leggiamo nel Vangelo di Marco (10,21), che parla dell’incontro tra Cristo e il giovane ricco. Giovane che non ha un nome appunto perché non è santo, anzi, è ricco e come tale non rientra nelle categorie delle Beatitudini. Vuole sapere che cosa debba fare per “possedere” la vita eterna. Gesù potrebbe rispondergli di non prenderlo in giro, di starsene alla larga perché è venuto al mondo per salvare l’umanità e non ha tempo per un bugiardo che vuole ipocritamente rubare anche la vita eterna. 


Ma la logica del Maestro è tutta in uno sguardo d’amore e nella proposta che fa a quel giovane di volare alto, dopo aver venduto i suoi beni per darne il ricavato ai poveri. Lo guarda, lo ama e gli propone cose grandi. E gli va male. Il rifiuto rattrista molto il Maestro, che davanti al ricco non ha altra espressione che quel terribile «Guai!», e il lamento: «È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio» (Mc 10,25). Questo giovane avrebbe potuto diventare un apostolo, invece rimane senza nome, anzi, con il peso di essere disprezzato in tutti gli angoli della terra dove si propone questo Vangelo, proprio perché egli è stato la causa di una delle innumerevoli sofferenze di Gesù. E poi… deve convivere con la consapevolezza di avere perso l’occasione più importante della sua vita: «se ne andò rattristato».

Il Maestro non ha avuto successo nel rapporto con il giovane ricco, ma a tutti noi ha indicato un metodo alquanto utile per accostare soprattutto i giovani, affinché credano nella possibilità di una vita bella: guardare, sentire e fare. Armonizzare intelligenza, cuore e mani. Dare anticipi di fiducia. Questo atteggiamento crea il miracolo in chi si sente amato gratuitamente, con la chiara coscienza che l’amore non si merita. Si accoglie.

Verso una generazione “mistica”? Questa domanda risuona come una beffa per coloro che, di fronte alle nostre chiese che si svuotano sempre di più, pensano soprattutto ai giovani che vivono come se Dio non esistesse, e vedono i loro ragazzi che fanno della cresima “il sacramento dell’addio alla messa domenicale” e a tutte le altre forme di partecipazione alla vita della Chiesa. Non c’è bisogno di descrivere una situazione che, in forme diverse, tocca la nostra vecchia Europa, cominciando dagli stati nordici (Olanda, Svizzera, Francia…), dove il laicismo impedisce ai docenti di parlare di Dio in classe, dove si proibiscono in pubblico i segni di appartenenza ad una religione e dove i mass media friggono gli eterni pregiudizi su un eventuale Dio che castiga e su una Chiesa che è ricca.

Ma proprio questa situazione sta creando il miracolo di una esigua minoranza di giovani che, per reazione o per convinzione, grazie all’educazione religiosa ricevuta in famiglia non solo si sta purificando, ma sta andando verso forme religiose che si avvicinano addirittura al “misticismo”. Esigua minoranza, granello di senape, poco lievito in una massa di farina… ma da lì può iniziare il cambiamento della società.

Del resto, questa generazione o sfocerà in un purificato credo religioso, o scomparirà. Siccome non è destinata a scomparire («Le potenze degli inferi non prevarranno», ha garantito Cristo), non ha alternative: diventerà “mistica”.

È da notare che i problemi vissuti anche in Italia, per quanto riguarda i giovani, non hanno paragoni con quelli riscontrabili in altre parti della terra. Nel Nord America non pochi giovani, figli di una generazione delusa dalle vuote promesse della società consumistica e stanchi dei caroselli matrimoniali dei loro genitori, si mostrano assetati dei valori proposti da Cristo e dalla Chiesa. A questo loro anelito rispondono gli studi degli scienziati sia del passato che del presente: oggi più che mai, soprattutto molti giovani studiosi e intellettuali affermano di essere credenti e invitano ad essere seri negli studi. La “mezza scienza” è pericolosa, la vera scienza è umile e aperta al mistero, al divino, al trascendente.

Ho sperimentato questa situazione – per fare uno dei tanti esempi – a Toronto, in Canada. Dopo due ore di conferenza durante un’assemblea studentesca di giovani dell’ultimo anno delle superiori – in una scuola cattolica – proposi una celebrazione eucaristica affinché, dopo aver parlato di Dio, potessi parlare a Dio. Oltre trecento studenti parteciparono alla liturgia e tutti ricevettero l’Eucaristia.

In Africa le chiese sono stracolme per la messa domenicale: ad Abuja, capitale della Nigeria, ad una Eucaristia domenicale erano presenti più di milleduecento giovani, che per circa due ore animarono la celebrazione con i loro canti, senza mai stancarsi.

Ma anche in Italia, là dove le proposte sono fatte in maniera bella e intelligente, legando la preghiera alla festa, alla gioia di stare insieme tra giovani desiderosi di incontri – tra di loro e con Dio – capita il “miracolo” delle conversioni e della gioia di riscoprire quella religione che, vissuta bene, aiuta a rendere bella la vita.

«Farsi di Dio costa di meno e dura di più». Così ha affermato un adolescente durante un campo scuola, dando la sua testimonianza, che risuonava ancor più valida in quanto proposta da un diciassettenne originale e anticonformista. E tutti hanno immediatamente capito che quest’espressione – strana e un po’ paradossale – esprimeva la ritrovata volontà di uscire da una situazione momentaneamente piacevole, ma effimera e con strascichi a tutti noti.

E si potrebbero portare tante, tante altre belle testimonianze di giovani, provenienti da diverse parti d’Italia, che si sentono amalgamati Parola: non vogliono commenti morali, ma la pura esegesi che li introduca alla comprensione del Vangelo. Cristo affascina. C’è tanta nostalgia di Dio. C’è una crescente sete di spiritualità proprio nei giovani, che in maniera sofferta affermano che i loro genitori non hanno mai parlato loro di Dio in famiglia. E che tristezza quando raccontano dell’ennesimo insegnante di filosofia che professa con orgoglio il suo ateismo e che, nel consiglio d’istituto, s’oppone all’idea che un prete o un credente sia invitato a parlare nelle scuole! E il dirigente scolastico, per non avere noie, asseconda la moda anticlericale e delude la sete di Dio in tanti giovani.

Sete che rimarrà inappagata se i genitori non si assumeranno la responsabilità di educare ai valori umani e divini i loro figli. Educarli alla fede. Quando saranno più grandi, i figli potranno decidere di abbandonarla, ma, non proposta da piccoli, la fede non cresce. Dal nulla non nasce nulla… Dare ai figli prevalentemente cose materiali? Faranno la fine del giovane ricco: le cose materiali vengono meno. I genitori vengono meno. Poveri figli se non hanno nemmeno Dio e il messaggio di gioia e di bellezza proposto dal Vangelo!

Valentino