«Ama e capirai»

«In precedenza, hai fatto un accenno agli amici che aiutano ad arrivare a Dio, con il quale si sconfigge il male. Finché si fa festa gli amici ci sono. Ma dove sono nel momento del dolore?»

È un’esperienza vissuta anche dai grandi nel passato. Finché si è al potere tutti ti osannano. Quando si cade in disgrazia, si cerca tra la folla qualcuno che ti sia amico e forse ne trovi uno o due… Pure Cristo è passato attraverso questa prova: «Così, non siete stati capaci di vegliare con me una sola ora?» (Mt 26,40).

Comune esperienza, oggi come ieri. Ma non è una tragedia. Se ne vanno gli amici di un tempo, se ne cercano di nuovi. E se ne rimane anche soltanto uno – specialmente se è lì in silenzio, accanto al letto del dolore –, quella piccola fiamma d’amore sta a significare che ce n’è un’altra, molto più grande, che l’alimenta: è l’Amore fatto persona, lo Spirito Santo. Egli non si stanca di mandare messaggi al credente: «Non temere di soccombere nell’ora della prova. C’è un Dio cui stai a cuore. Egli ti assicura che non ci sarà mai il vuoto totale».

E anche sul letto di morte, l’uomo di fede sente che c’è Gesù a tenerlo per mano. Lui che è disposto a ripetere a ciascuno di noi quanto disse al buon ladrone: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso (Lc 23,43)». Come a dire: «Io credo in te. Per te c’è un futuro. Staremo per sempre assieme. Sono io l’amico che non viene mai meno».

«Citi spesso Sant’Agostino: “Ama e capirai”. In riferimento alla sofferenza di Cristo e nostra, l’amore che cosa ci aiuta a capire?»
Nell’isola di Santa Maria, a poche miglia dal Madagascar, la sera del giovedì santo compio il rito della lavanda dei piedi a dodici malgasci. Piedi callosi, abituati a percorrere scalzi foreste e colline, su rossi sentieri battuti da secoli dai loro padri, alla ricerca di acqua e di quelle erbe che la povertà aiuta ad apprezzare e strappare dalla terra. Erbe che, aggiunte a un po’ di riso, illudono lo stomaco, giorno dopo giorno.

Pensando alle innumerevoli lavande dei piedi celebrate durante le cene ebraiche con tanti amici, mi emoziono. Mi batte forte il cuore. E cerco, invano, di nascondere i miei sentimenti non guardando in faccia al primo cui lavo i piedi. Nell’acqua, ancora pulita, mi posso specchiare per qualche attimo. Ma essa subito diventa rossa, sempre più rossa, man mano che il rito procede. Rosso che mi rimanda al sangue di Cristo, nell’Orto degli ulivi e sul Golgota.

Il più giovane rappresentante dei dodici apostoli nota i miei occhi lucidi e, quando gli bacio i piedi, mi restituisce il bacio sulla mia testa china.

Davanti a me quel bacino di acqua sporca mi rimanda al dipinto del prete tedesco, il pittore Sieger Köder, che giunge all’apice della sua arte proprio nel quadro della lavanda dei piedi. Gesù e Pietro sembrano amalgamati da un profondo inchino. Non si vede il volto di Cristo, coperto dai paludamenti ebraici, ma i suoi lineamenti si riflettono nell’acqua sporca con la quale il Maestro lava il discepolo.

Pietro non guarda il volto di Gesù, ma i suoi piedi, come se pensasse alla lunga strada che deve ora percorrere sulle orme del Salvatore che non gli chiede di capire, ma di lasciarsi amare: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo» (Gv 13,7).

Non conta tanto il capire, quanto il lasciarsi amare, il permettere all’incontro di restare fisso nella memoria, fino al giorno in cui tutti i tasselli del mosaico troveranno la loro collocazione, completando quell’opera d’arte che è la nostra vita. Allora finalmente capiremo e cadremo in ginocchio, sospirando: «Mio Signore e mio Dio!» (Gv 20,28).

Insisto: nel campo della sofferenza più che il capire conta l’amore. E l’amore, giorno dopo giorno, aiuta a capire e… a dare ragione a Dio.

«Si dice che la Madonna appaia ad alcune persone e ogni tanto si mostri piangendo. Perché?»
«Quando sarò morta – scrive Santa Teresa di Gesù Bambino – non starò in paradiso, perché voglio rimanere con gli uomini». Quello che afferma questa giovane, grande santa vale a maggior ragione per la Vergine Madre. Ella è viva. Viva in un corpo glorificato, come sarà pure questo nostro corpo, rivestito di luce, alla fine dei tempi. Viva ad intercedere per noi.

Che cosa significa che Maria è in paradiso? Dov’è il paradiso? È anche il nostro cuore. Noi siamo il paradiso della nostra comune Madre. Lei ci vede in tante difficoltà. Vede che i nostri occhi sono chiusi al disegno provvidenziale di suo Figlio, nostro fratello Gesù, e allora viene ad aprirci gli occhi e il cuore. Appare. Si manifesta. Rivela un lembo di paradiso dentro di noi. E ci indica la strada per non perderci sugli impervi sentieri della terra.

Appare e parla. Non dice nulla di strano e di rivoluzionario: ribadisce la necessità di pregare e di ritornare sulla retta via indicata da Cristo nel Discorso della montagna.

Perché piange? Le lacrime di Maria, a volte sono espressione di una soffusa gioia nel mettersi in contatto con i propri figli. A volte esprimono sofferenza e additano agli esseri umani che Lei, più viva che mai, sta scrivendo una nuova storia che i nostri testi scolastici ignorano. Una storia parallela e nascosta – ma non meno reale – marcata dai suoi interventi, miranti a richiamare l’umanità su quanto c’è di essenziale: credere in Dio, amare noi stessi come condizione per amare il nostro prossimo e creare così la civiltà dell’amore. Una storia di apparizioni che hanno un aspetto caratteristico e provvidenziale: non sono un privilegio per la persona che vede la Madonna, bensì una messa in guardia contro imminenti pericoli e un invito a riparare il male che offusca l’umana esistenza. Un invito a credere che alla fine trionferà il bene sul male. Ed eterna sarà la nostra gioia.

Conclusione

L’ultima parola è sempre: “Amore”

Verdi colline dolcemente digradanti verso il mare. Un bambino corre di fiore in fiore, li accarezza, a volte li bacia. S’inginocchia davanti ai fiori di cicoria, ormai maturi per la semina, sussurra alcune parole e soffia forte i semi verso il cielo. Con lo sguardo li segue finché il vento li abbia dispersi. Attende un momento. Trattiene il respiro: scuote il capo e ricomincia con un altro fiore.

Sono messaggi inviati ad un Fiore colto troppo presto e trapiantato nei campi del paradiso. Ma forse lassù non è ancora primavera e la sorella Elisa non può mandare la risposta. Ella compare nei sogni, durante la notte. Ha una ghirlanda in testa e chiede altri fiori per fare un vestito che renda ancora più bella la sua eterna giovinezza.

…Con questa immagine sintetizzo uno dei sogni più ricorrenti della mia vita. Anch’io sono fragile, come quei fiori di campo talmente leggeri, quasi impalpabili, che il più lieve soffio di vento fa dissolvere nell’aria. Ma pure mi sento forte in virtù di quella fede che mi fa leggere la realtà alla luce dell’intuizione: «Per il credente l’ultima parola non è mai la morte. L’ultima parola è sempre: Amore».

Il vivere, il nascere e il morire, con la vanità del tutto – o meglio, con la caterva di dolore che incombe sull’umanità – mi spronano a contrapporre un atto di fede a chi è tentato di venerare il nulla: «Nulla ti turbi, nulla ti spaventi. Nulla manca a chi ha Dio».

Un Dio che non solo «discese dal cielo» per entrare nel nostro nulla e trasformarlo nel Tutto, ma addirittura «discese agli inferi», bevve il calice del dolore fino alla feccia con l’intento d’insegnarci che la sofferenza, vissuta senza fede e non lenita dal balsamo della preghiera fa impazzire. Affrontata e accolta con lo sguardo del Figlio di Dio, crea il capolavoro. Crea il santo. Crea “il Risorto del Terzo Millennio”, colui che “compie nel suo corpo quello che manca alla passione di Cristo”.

…Come avvenne per Maria, corredentrice del genere umano. Lei già gode in Cielo ciò che realizzerà in pienezza la nostra esistenza: l’eternità beata. E la vita eterna non sarà il semplice prolungamento di questi nostri giorni: sarà un “istante” che non passa mai. Vivremo insieme tutto il bene, il bello e il vero. Tutti insieme, perché la morte non elimina le relazioni, ma le sublima, le rende più belle. Farà cadere le incrostazioni, le scorie e i limiti. Resterà solo l’amore.

Valentino