Sulla strada percorsa dai santi

«Camminiamo sulla strada

che han percorso i santi tuoi,

tutti ci ritroveremo

dove eterno splende il sol.
E quando in ciel dei santi tuoi

la grande schiera arriverà, 

o Signor come vorrei

che ci fosse un posto per me».

«Siate santi – dice il Signore nell’Antico Testamento –, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo» (Lv 19,2). Gesù specifica: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste». Questa è la versione di Matteo (5,48), mentre Luca mette sulla bocca del Maestro l’espressione: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6,36). Perfetti, misericordiosi e santi… Ideale irraggiungibile? No, per chi si rende conto che santo non è colui che non sbaglia e non pecca, bensì colui che si affida totalmente a Dio e ogni giorno si sforza di tornare da capo.

In un tempo in cui i mass media e tutta la società ci presentano modelli di persone infatuate della mondanità, della visibilità, della carriera – nuovi adoratori di veline e di atleti sportivi – come risuonano gli ideali biblici e le proposte della Chiesa? Che posto hanno i santi nel presente? Che figure possiamo proporre alle nuove generazioni, come modelli credibili e affascinanti?

Non è difficile dare una risposta, perché in tutte le epoche molti seguaci di Cristo rivelano l’importanza e la volontà di contribuire a riformare usi e costumi del loro tempo, inculturando il messaggio evangelico. In ogni continente sono i portatori non solo di scienza e di tecnica, di sviluppo e di principi democratici, ma soprattutto del principio di dignità umana – che è sacra ed inviolabile – perché considerano l’uomo come figlio di Dio. E ogni figlio di Dio è sempre un fine e mai può essere un mezzo per realizzare una politica o un’ideologia.

Anche i santi dei nostri giorni testimoniano che il regno dei cieli è già incominciato su questa terra, dove Cristo è venuto perché gli esseri umani potessero vivere in pienezza la vita. Propongono valori umani e divini non con le armi, ma con la loro disarmata testimonianza.

Tra i santi, i più affascinanti sono i martiri odierni che si presentano al mondo come agli inizi del Cristianesimo, quale segno di speranza e voce che si alza a favore dei poveri e delle vittime dell’ingiustizia. Sono perseguitati perché dicono la verità; perché annunciano un Vangelo che, a vario titolo, dà fastidio ai poteri forti di quella globalizzazione che è favorita da una finanza senza scrupoli, ai potenti padroni dell’informazione “politicamente corretta”, al terrorismo islamista. Con coraggio e con indomita fede si lasciano ammazzare pur di non abbandonare coloro che sono poveri sotto ogni punto di vista (sia chi è privo di benessere materiale come chi è privo dei valori e della fede). Pur deboli, si oppongono con forza al male, testimoniando la verità dell’affermazione di San Giacomo, là dove proclama che la fede «se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta» (Gc 2,17).

Sorretti dallo Spirito di Cristo. Dopo tante dichiarazioni internazionali sulla libertà religiosa, perché anche ai nostri giorni soprattutto i cristiani che dedicano la loro vita alle necessità materiali e spirituali dei poveri vengono assassinati? Da dove attingono il coraggio di affrontare il martirio? È lo Spirito di Cristo che li infiamma, dà senso e significato alle loro vite, e porta nella Storia l’anelito alla liberazione interiore che diventa trasformazione del mondo e sua salvezza.

Suor Leonella in Somalia e suor Doroty Stang in Amazzonia erano testimoni del Vangelo che disturba la coscienza dei potenti: il Vangelo è verità e l’uomo superbo odia chi gli parla della verità e, in modo non violento, gli mette sotto gli occhi il suo peccato.

Si verifica quanto Gesù aveva predetto: «Sarete odiati da tutti a causa del mio nome» (Mt 10,22). Oggi a versare il loro sangue sono cristiani dell’Africa nera e cristiani copti dell’Africa nord – orientale, come tanti cristiani in America Latina, altri in Cina, ed Asia Bibi in carcere in Pakistan…

I martiri del nostro secolo: persone che «pur nella loro debolezza hanno opposto strenua resistenza al male. Nella loro fragilità è rifulsa la forza della fede e della grazia del Signore» ha scritto Giovanni Paolo II, che non ha esitato ad alzare la voce: «Sia crocifisso! Questo grido, moltiplicato dalla cieca passione della folla – strana liturgia della morte – risuona lungo la storia, risuona lungo il secolo che finisce: ceneri di Auschwitz e ghiaccio del Gulag, acqua e sangue delle risaie dell’Asia, dei laghi dell’Africa, paradisi massacrati».** **
I santi e i martiri dei nostri giorni: persone che si fanno carico della marginalità giovanile, condividono la loro esistenza con gli ultimi, si fanno pane per gli affamati. Persone che sono schiacciate dalle critiche da parte di chi vorrebbe imbavagliare la Chiesa, come disse il servo di Dio Hélder Câmara, arcivescovo di Recife: «Quando io do da mangiare a un povero, tutti mi chiamano santo. Ma quando chiedo perché i poveri non hanno cibo, allora tutti mi chiamano comunista».

Ogni cinque minuti un cristiano è aggredito e perseguitato. Papa Francesco afferma: «Oso dire che forse ci sono tanti o più martiri adesso che nei primi tempi, perché a questa società mondana, a questa società un po’ tranquilla, che non vuole i problemi, dicono la verità, annunziano Gesù Cristo: ma c’è la pena di morte o il carcere per avere il Vangelo a casa, per insegnare il Catechismo, oggi, in alcune parti!».

I cristiani continuano a essere la minoranza più perseguitata nel mondo, ribadisce papa Francesco. Egli afferma che non basta contare i nostri morti, occorre chiedersi sempre perché ci perseguitano. E chiara è la risposta: ci perseguitano perché annunciamo un Vangelo “scomodo”.

«Beati i perseguitati per la giustizia. I maestri dello spirito di tutte le epoche ci spronano a studiare la vita dei santi, di quei credenti che, per testimoniare la loro fede in Dio e nei valori umani e divini si sono lasciati ammazzare. Uomini e donne che hanno fatto propria la follia evangelica. Hanno “sposato” la povertà, intesa come capacità di svuotare se stessi per fare posto in sé a Dio e agli altri: hanno lasciato la famiglia, la loro terra, gli amici, la carriera. Hanno vissuto la “mitezza” in senso biblico: la capacità di ascoltare gli altri, mettersi nella loro pelle, integrarsi con una cultura spesso radicalmente differente da quella delle loro origini. Sono stati misericordiosi, mostrando un cuore talmente grande da perdonare ai loro assassini, anzi – come ha fatto Cristo in croce – pregando per loro. Hanno fatto della nonviolenza la loro forza per sconfiggere il male con il bene, meritando così di essere chiamati “beati” perché operatori di pace. E, perseguitati, si sono rifatti alle parole di Gesù: «Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli» (Mt 5,10-12).

Valentino