Rocamadour: la Madonna nera

Un luogo dell’Infinito. Alcuni angoli della terra esercitano un tale fascino da essere ritenuti sacri. Sacri in quanto belli e non necessariamente bisognosi di una particolare consacrazione da parte di uomini deputati al sacro. Luoghi dell’Infinito. Lì la gente si raduna per pregare, offrire sacrifici alla divinità, implorare grazie. Solitamente si tratta di montagne, di rocce scoscese, colline dalla forma strana, canyon… Già nell’Antico Testamento la montagna era il luogo deputato alla manifestazione di Dio, chiamato appunto “El Shaddai” (El = Dio, Shaddai = montagna). La montagna e la roccia esprimono stabilità, fermezza, solida speranza. Ai piedi della montagna solitamente scorre un fiume, e l’acqua è simbolo di purificazione e di grazia. Nel silenzio dei monti si percepisce una Presenza: il mistero è palpabile. Lì, spontanea sgorga la lode, modulata nel canto.

Tutti questi elementi si riscontrano a Rocamadour, nella falesia, la roccia a strapiombo sul canyon formato dal fiume Alzou, nel dipartimento del Lot (in Francia, verso i Pirenei, tra Toulouse e Bordeaux). La zona conserva alcune grotte con incisioni rupestri. Nella mancanza di documenti storici (distrutti barbaramente dagli Ugonotti, i protestanti del XVI secolo) e basandosi su riferimenti desunti da fonti indirette, la storiografia ipotizza la presenza in questa zona di forme religiose della cultura celtica, del IV secolo avanti Cristo. Qui si adorava la dea terra (dea madre). Terra che è fertile quando è nera. Quindi questa dea era rappresentata con la faccia nera e con una collana caratteristica della cultura celtica.
Quando si diffuse il Cristianesimo in questa zona – già popolata da monaci ed eremiti, che vivevano nelle grotte della falesia – il culto della dea terra venne sostituito con il culto mariano. Esso fiorì specialmente dopo che ad Efeso, nel quarto secolo, Maria venne proclamata “Madre di Dio”.

«NIgra sum sed formosa» (Bruna sono ma bella). 
Questo è il quinto versetto del Canto dei Cantici dell’Antico Testamento. Questo testo è attribuito al re Salomone, che donò un figlio alla regina di Saba, proveniente dall’Etiopia. Ella era nera e molto bella. Il testo sacro è costituito dal canto d’amore di un re nei confronti della sua fidanzata. Testo altamente poetico, presentato sotto forma di dialogo. In questi versetti la sposa si presenta e dichiara di essere alla ricerca del suo re, per annunciargli come prossime le loro nozze. Canta, non senza una certa civetteria: «Bruna sono ma bella».
Questo versetto è stato interpretato come un’allusione all’annuncio delle nozze mistiche di Cristo con la Chiesa e, indirettamente, fa pensare alla più bella immagine della Chiesa: la Vergine Maria. Tutto ciò che si può dire di Lei si applica alla Chiesa e viceversa.

La statua della Madonna di Rocamadour, del XII secolo. È scolpita nel legno di noce. Precedentemente era rivestita di un abito d’argento. C’è chi dice che il nero della Vergine sia dovuto al fenomeno dell’ossidazione, a causa del fumo delle candele. Mi sembra più bella l’ipotesi che la Vergine Maria sia stata rappresentata fin dall’origine dipinta di nero, quale sostituto della nera “dea terra” celtica: non è un caso che la collana del simulacro sia modellata secondo i canoni dell’arte celtica.

Il “trono della Saggezza”. Il corpo della Vergine Maria funge da trono per suo Figlio. Questi è seduto sul ginocchio sinistro. La Mamma non lo tocca: Ella presenta a tutti noi Gesù, come a Cana: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2,5). 
Il ginocchio è il simbolo della forza. Per stare in piedi e andare avanti bisogna avere ginocchia solide. Quando le ginocchia vacillano, la persona cade. Gesù sulle ginocchia di Maria è presentato come nostra forza e nostra speranza. È
saldo come roccia… Tutto ciò aiuta comprendere il motto di Rocamadour : «Speranza solida come la roccia». 
Gesù Bambino non ha un viso da infante, ma da adulto. È
Re dell’universo. E sua Madre è la Regina che tiene gli occhi chiusi, in preghiera, per intercedere per noi. È un collegamento indispensabile tra uomini e Cristo, tra terra e cielo. Ci offre il Figlio e ci conduce a Lui. San Domenico, che si è recato in pellegrinaggio a Rocamadour nel 1219, ha affermato: «Senza la Vergine Maria, non otterrai nulla». Fu lui che ci insegnò a recitare il rosario. E il suo messaggio fu (tolto: poi)portato avanti da Saint-Louis-Grignon de Montfort nel XVII secolo e, ai nostri tempi, da San Giovanni Paolo II.

Le origini dei pellegrinaggi. La storia di Rocamadour inizia in una grotta semplice sulla scogliera, abitata da uomini dediti alla preghiera, fin dai primi secoli del Cristianesimo.
Il primo oratorio della Vergine Maria era gestito da un monaco benedettino. E il primo documento storico disponibile sui pellegrinaggi a Rocamadour risale a papa Leone IX, in uno scritto del 1050. Nel 1105, papa Pascal II fece di Rocamadour uno dei quattro luoghi sacri della cristianità, dopo Gerusalemme, Roma e Santiago de Compostela.

Nel dodicesimo secolo, un benedettino – Géraud d’Escorailles – decise di costruire nella roccia sette santuari per ospitare il crescente numero di pellegrini che qui facevano tappa, prima di continuare il loro cammino verso Compostela. Prima di arrivare a Rocamadour si fermavano a L’Hospitalet, dove si facevano curare i piedi e trovavano un po’ di ristoro nel “campo del riposo”. Dopo aver ripreso le forze, intraprendevano la fase finale del pellegrinaggio, consistente nello scendere nella “valle oscura”, il canyon sul quale si affaccia la grande roccia di Rocamadur, alta più di centocinquanta metri. Forse, anche questo scendere nella “valle oscura” poteva essere significativo di un cammino spirituale: prima di godere della risurrezione bisogna “scendere agli inferi”.

Il viaggio del pellegrino. Il pellegrino lascia il mondo, alla ricerca di Dio. Il cammino di conversione esige un’ascesa. Arrivato al piccolo villaggio di Rocamadour (attualmente conta poco più di settecento persone) l’aspetta una ascensione per condurlo alle chiese. Ascende per cominciare una nuova vita. Una grande scalinata con 251 gradini – che i “veri” pellegrini percorrono in ginocchio – conduce alle 7 cappelle, corrispondenti ai sacramenti della Chiesa cattolica. Sette incontri, cominciando dalla cappella di Giovanni Battista, per fare memoria del battesimo. Nella cappella di San Biagio il pellegrino può chiedere di essere curato dal mal di gola e da altri malanni. C’è poi la cappella della riconciliazione e del sacramento dell’unzione degli infermi. Nella cappella di Sant’Anna, la madre della Vergine, si prega per le famiglie (sacramento del matrimonio). Il pellegrino continua a salire, sotto la roccia, fino alla basilica del Salvatore, dove finalmente può partecipare all’Eucaristia. Infine passa nella chiesetta di “Notre Dame” – nostra Signora – per ringraziarla del pellegrinaggio e supplicarla di aiutarlo a portare in famiglia il meglio della sua esperienza di fede.

Sulla sommità del canyon, sorge sulla roccia il suggestivo castello del XIV secolo che domina il paese, e dalle mura offre una bellissima vista sulla lunga gola dell’Alzou. Si raggiunge a piedi dal sagrato dei santuari, percorrendo un sentiero molto bello, in mezzo alla foresta. Il sentiero è abbellito da tredici cappelle della “Via Crucis”, terminante con la quattordicesima stazione in una grande grotta, in fondo alla quale si trovano le statue della deposizione di Cristo nel sepolcro.

Sant’Amadour. Nel XII secolo, un evento provvidenziale ha dato impulso al pellegrinaggio: un abitante di Rocamadour, sul letto di morte, chiese di essere sepolto il più vicino possibile alla cappella di Notre Dame. Nello scavare la tomba, si scoprì un corpo in perfetto stato di conservazione. Questo fatto fu sufficiente per proclamare santa quella persona preservata dalla corruzione della morte. Non sappiamo nulla di questo uomo, se non che si tratta di un eremita che ha speso la sua vita nella preghiera e nella penitenza. Il ritrovamento di quel corpo ha grandemente contribuito ad aumentare il numero dei pellegrini che provenivano da tante parti dell’Europa, da gente semplice a grandi santi (San Bernardo, Sant’Antonio di Padova, papa Giovanni XXII e il cardinale Roncalli, futuro papa Giovanni XXIII). Assieme ai santi, i politici: il re Jean le Bon, il re Charles le Bel, il santo re Luigi IX, e il re Luigi XI. Politici antichi e contemporanei: Macron, cattolico, come candidato alla presidenza della repubblica francese, ha parlato alla stampa dall’interno della basilica di San Salvatore.

Quel corpo incorruttibile, per quattrocento anni è stato oggetto di vandalismo e – si tramanda – nessuno dei grandi nemici della Chiesa riusciva a eliminarlo. Si è dovuto ricorrere al fuoco per liberarsi di questo “Amadour”, nome che potrebbe essere inteso come: “Colui che ama Dio”.

Quello che si tramanda e quanto sto scrivendo non implica un riferimento a una realtà cui debba essere dato un assenso. Ma è innegabile che siamo di fronte a un fenomeno che difficilmente può rimandare al “caso”. Non si spiegherebbe tutto quel concorso di gente nel passato, né il milione e settecentomila persone – tra pellegrini, turisti e curiosi – che ogni anno da Pasqua a settembre visitano Rocamadour. Visitano – sottolineo – perché né un articolo, né fotografie pur belle riescono a comunicare il fascino che si prova muovendosi in questo ambiente, sia per quanto riguarda la natura, sia per la bellezza delle strutture architettoniche (come una basilica romanica del dodicesimo secolo, dove anche le pietre sono impregnate di preghiera).

Qui, nel giro di quaranta giorni, oltre ai fedeli incontrati nelle celebrazioni liturgiche e nel sacramento della riconciliazione, sono venuto a contatto con circa cinquecento giovani provenienti da tutta la Francia e qui – a turno – come volontari a disposizione dei pellegrini e dei turisti. Giovani che partecipavano alle lodi mattutine, a una delle celebrazioni eucaristiche, ai vespri e alla Compieta. Come se fossero dei seminaristi o delle novizie… Nella Francia laicista e decisamente contraria alla Chiesa, ecco una rinascita del cattolicesimo da parte di questi giovani, che sono coscienti di essere come il granello di senape. Piccolissimo, ma destinato a diventare un grande albero. Lievito che farà fermentare la massa. Grazie all’intercessione della Vergine Madre, che qui chiama i suoi figli per dare loro una «speranza solida come la roccia».

Valentino