15 agosto: la Pasqua dell’estate

_Non contenne il grembo della terra chi portò nel grembo il Salvatore…_ E fu così che Gesù assunse accanto a sé nella gloria la sua, la nostra Madre. In Etiopia i cristiani si preparano con quindici giorni di digiuno alla festa dell’Assunzione, chiamata affettuosamente “la Pasqua dell’estate”. Che cosa significa l’espressione: «Maria è assunta in Cielo»? Il cielo, per gli Ebrei, è sinonimo di Dio. Noi crediamo che Maria è in Dio. È viva: intercede per noi affinché possiamo vivere bene in terra e arrivare in Cielo non a mani vuote, ma arricchiti delle opere buone compiute per il bene comune. La _Liturgia delle Ore_ dell’Assunta fa ripetere più volte all’orante: «Gioisce il cielo per la Vergine che suo Figlio vuole accanto a sé nella gloria». E Lei, la comune Madre, assurge a simbolo dell’umanità glorificata. Lei che porta con sé e offre a suo Figlio tutti quelli che abbiamo amato quando erano qui, in questa vita. Festa di Maria e dei nostri defunti che, in Cielo, sono un’unica realtà con Dio. Ed è proprio pensando sia al nostro destino finale, sia ai nostri morti, vivi nel Risorto, che comprendiamo l’importanza del dogma di fede dell’Assunta. Si noti che, dall’anno 1870, allorché fu proclamata l’infallibilità del papa quando parla “ex cathedra” (cioè, dopo aver sentito il parere di tutti i vescovi e con l’esplicita affermazione che i cattolici sono obbligati a credere in quel particolare dogma), solo una volta la Chiesa si è pronunciata in modo infallibile. Una volta sola in centocinquant’anni! Ciò significa che quella proclamazione è particolarmente importante. Lo è in se stessa e come naturale rimando a tutti i fedeli: ciò che è già avvenuto alla Madonna si verificherà anche per ciascuno di noi. Questo nostro corpo è destinato ad un eterno peso di gloria, in Cielo, per tutta l’eternità. **La Donna dell’Apocalisse.** La prima lettura della messa del 15 agosto parla di Maria quale Donna che schiaccia la testa al serpente. Grande è il fascino che esercita su tutti noi la “Donna vestita di sole”, di cui parla l’undicesimo capitolo dell’ultimo libro della Bibbia. Questo brano presenta innanzitutto il segno della donna-madre, al centro del cosmo. Sta per partorire. Con questa immagine si vuole sottolineare il primato e la superiorità di ogni essere umano sull’ordine delle cose: una persona vale più del sole, delle stelle e della luna: realtà che, apparentemente, durano più dell’essere umano. Grande è la potenza e l’energia del cosmo. Ma questa fragile donna che partorisce un figlio è più grande di tutto l’universo. Questo potente segno centrale della maternità si trova ad essere aggredito, minacciato. È un segno di contraddizione. Il drago rappresenta il mistero inquietante del male che minaccia alla radice la vita nell’espressione più fragile: il parto. Il drago si presenta come visibilità concreta della preponderanza del male, nella sua aggressività e minacciosità. Ciò nonostante, la possibilità che la vita sia custodita non dipende né dalla donna, né dal figlio, ma da Dio. Qui si sperimenta l’Altissimo che ricorre alla forza per custodire la vita che è allo stesso tempo universale, sacra e fragile. Benché fragile, il popolo di Dio accoglie in sé e dà vita al Messia. L’umanità, nella sua migliore espressione, è tutta protesa alla manifestazione del divino. E ciascuno di noi, credendo, diventa dimora dello Spirito, diventa il Cristo, diventa come Maria. L’ha detto Cristo: «Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre» (Mt 12,50). **Grande perché ha creduto.** Elisabetta ha cantato la grandezza della Vergine Madre: «Beata te che hai creduto». Ma, nonostante la sua grandezza, Ella era pur sempre un essere umano. Come tutti noi, è stata messa alla prova con le stesse tentazioni sperimentate anche da Gesù nel deserto: prosperità, popolarità, potere. Ha dovuto compiere un faticoso cammino di fede: la sua vita senz’altro fu bella per la presenza del Figlio di Dio, ma attraversata da tantissimo dolore morale. Non a caso, l’iconografia spesso la rappresenta con il cuore trafitto da sette spade. Dio, come a tutti noi, le ha dato la grazia di intuire che dopo il buio viene la luce, dopo l’inverno la primavera e dopo il temporale l’arcobaleno… Ma prima dell’alba c’è la notte. Prima che spunti la spiga di grano, il seme deve marcire. Prima di godere della risurrezione si deve passare attraverso la morte. Maria ha vissuto il dogma dell’Incarnazione: «Discese dal cielo». Ma ha pure vissuto, in maniera tragica, lo sconcertante: «Discese agli inferi». Ha imparato dal dolore, assieme a Gesù, che cosa voglia dire essere una creatura, che senso abbia l’ubbidienza al Padre, che cosa significhi bere fino alla feccia al calice della sofferenza. Associata nella passione a Cristo, ne condivide ora la gloria: assunta in Cielo con il suo corpo, è viva, e ha il potere di aiutarci a trasformare il dolore in una opportunità per crescere in sapienza e grazia, a convertire la sofferenza in un mezzo per completare ciò che manca alla passione di Cristo, a trasformare l’ultimo respiro nel primo sorriso in Cielo, a fare di ogni fine un nuovo inizio. È bello contemplare la Vergine come la più bella espressione di una creazione che attende, ascolta, spera, ubbidisce e ama. Ella si erge a vessillo di fedeltà per ciascuno di noi. Fedeltà alla Parola dell’Antico Testamento; a suo Figlio, non tenuto per sé, ma donato al mondo; al suo popolo, che ammazza il più bello tra i figli dell’uomo; alla Chiesa nascente, con la quale spera, adora e attende lo Spirito; a quest’umanità che tarda a rinascere e ad accettare Cristo come Salvatore e Lei come Madre. **Anche noi… come Maria.** La Vergine Madre è la poesia dell’umanità. In Lei è riassunto tutto quello che di bello e di buono il Padre ha creato. Maria: espressione più bella e più pura di ciascuno di noi. Lei è ciascuno di noi. Per cui si rivolgono pure a noi le parole dell’Angelo: «Gioisci, piena di grazia». E ogni volta che noi recitiamo l’_Ave Maria,_ non facciamo altro che ripetere a noi stessi l’invito a vivere nella gioia. Gioia, dono ineffabile concesso a chi nutre la propria fede, facendo suo il «sì» di Maria. Gioia nel pensare che, se Una di noi è già in Cielo con il suo corpo, anche per noi si avvererà il mistero della risurrezione e ascensione del nostro corpo in Cielo. Gioia nel pensare che Dio ci ha dato una Madre che possiamo imitare in tutto. Gioia nella certezza di avere una grande Avvocata nel regno di luce: nulla in Cielo rifiuta Cristo a Maria, che ci ama come in terra amava suo Figlio.

Valentino