Preziosi perché fragili

Sinodo giovani 2018

Nell’ottobre 2018 si terrà la XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. Nel documento di annuncio di questo grande evento, che coinvolgerà i vescovi di tutto il mondo e un gruppo consistente di esperti, si specifica lo scopo di questa assise: mettersi in ascolto di tutti, nessuno escluso, senza rigidità che rendono meno credibile la gioia del Vangelo e senza anacronismi.

Papa Francesco vuole coinvolgere tutti i fedeli, dai quali si aspetta un contributo per stilare il documento preparatorio che costituirà l’oggetto delle discussioni del sinodo. Parla della necessità di far “uscire” la Chiesa per incontrare chi nella nostra società ha a cuore i giovani, dialogando con i diretti interessati.
Siamo di fronte a una grande opportunità per aprire un confronto franco con i giovani e per invitare gli adulti a interrogarsi sulla propria fede. Adulti che si rendano conto che i ragazzi e i giovani** **hanno bisogno di testimoni e di padri, di qualcuno che faccia loro vedere il lato bello della vita, la gioia d’amare, l’importanza di essere guidati nelle loro scelte definitive.

Il documento, mentre parla del momento di diffusa crisi e di fragilità della presente generazione, accenna al fatto che i giovani – al di là della precarietà degli affetti, della difficoltà di trovare un posto di lavoro fisso e dell’apprensione riguardo al futuro – non si sono persi d’animo e hanno cercato di inventarsi nuove strade. Accenna una decina di volte al tema della fragilità dei giovani, argomento che era già stato svolto durante il Convegno ecclesiale di Verona nel 2008. Di fronte a questa insistenza, vale la pena chiedersi se la fragilità possa essere ritenuta un’opportunità, in vista di un cammino verso una società più giusta e più conforme al modello evangelico.

**Forza, prestazione e successo: **questi i valori propagandati dalla nostra società e presentati in modo tale da escludere il più possibile fatica, studio e sofferenza. È vero che dobbiamo tendere verso la felicità qui in terra, ma, visto che non possiamo eludere la sofferenza, è possibile darle un senso? Non può la fragilità essere una guida nel cammino verso l’“essere”, mentre ci aiuta a distaccarci gradualmente dalla tentazione dell’“avere”, dell’imporsi e del considerare gli altri – per esprimersi come papa Francesco – degli “scarti”? L’accettazione della propria e dell’altrui fragilità, il condividerla, anche prescindendo dall’insegnamento di Cristo, può diventare uno stimolo a considerare il nostro prossimo come parte integrante di noi stessi e “darci pace” nel fare nostra l’intuizione del poeta latino Terenzio: «Sono un uomo e tutto ciò che è umano mi appartiene».
Il documento che annuncia il Sinodo dei giovani si esprime in questi termini riguardo alla fragilità:

  • «…il ruolo di genitori e famiglie resta cruciale e talvolta problematico. Le generazioni più mature tendono spesso a sottovalutare le potenzialità, enfatizzano le fragilità e hanno difficoltà a capire le esigenze dei più giovani. (…) Genitori assenti o iperprotettivi rendono i figli più** **fragili e tendono a sottovalutare i rischi o a essere ossessionati dalla paura di sbagliare».
  • «Offrire ad altri il dono che noi stessi abbiamo ricevuto significa accompagnare i giovani lungo questo percorso, affiancandoli nell’affrontare le proprie fragilità e le difficoltà della vita, ma soprattutto sostenendo le libertà che si stanno ancora costituendo».
  • «La fede “non è un rifugio per gente senza coraggio, ma la dilatazione della vita. (…) il suo fondamento si trova nella fedeltà di Dio, più forte di ogni nostra fragilità” (Lumen fidei, 53)».
  • «Le attività sociali e di volontariato offrono l’opportunità di mettersi in gioco nel servizio generoso; l’incontro con persone che sperimentano povertà ed esclusione può essere un’occasione favorevole di crescita spirituale e di discernimento vocazionale: anche da questo punto di vista i poveri sono maestri, anzi portatori della buona notizia che la fragilità è il luogo in cui si fa esperienza della salvezza».
  • «Oltre che nella passività, la mancanza di fiducia (dei giovani) in se stessi e nelle proprie capacità può manifestarsi in una eccessiva preoccupazione per la propria immagine e in un arrendevole conformismo alle mode del momento».

Al di là di tutti questi limiti generazionali, molti giovani sono una forza e una speranza per il futuro per il fatto che, sia pure inconsciamente, respirano valori per i quali noi adulti abbiamo lottato per anni; mostrano una sensibilità spontanea per problemi che a noi sembravano insolubili; sono tolleranti; capiscono, anche solo teoricamente, i diritti degli ultimi; non sopportano l’ipocrisia di chi è al potere e corrono là dove vedono spazi per proposte nuove, dove si sentono accettati e non giudicati, dove vengono offerte loro occasioni per essere protagonisti.

Gli inediti sogni di Dio. Il profeta Malachia, pensando ai tempi messianici, proclamava: «Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore: egli convertirà il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri, perché io, venendo, non colpisca la terra con lo sterminio» (3,23-24).
Questo era il pensiero dell’Antico Testamento. Nel Nuovo c’è un radicale cambiamento: nel Vangelo di Luca, quando l’angelo annuncia a Zaccaria la nascita del figlio, cita il profeta Malachia, ma “censura” la seconda parte. Il Precursore è qui per portare il cuore dei padri verso i figli, ma non viceversa: è il vecchio che si deve confrontare con il nuovo, è l’adulto che si deve confrontare con il giovane, è l’anziano che deve “rifarsi il sangue” dialogando con i nipoti. Benché fragili, i giovani portano al mondo un afflato di novità, di freschezza. Portano gli inediti sogni di Dio. Valentino Salvoldi

Valentino