Cristo nella mangiatoia

«Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace».

Questo il saluto della liturgia all’inizio dell’anno nuovo. Faccio mio questo augurio per te, in quest’Anno della Misericordia (2016), contemplando da una parte Dio che si fa uomo e dall’altra una Donna elevata alla dignità di Madre di Dio. Il Signore che nasce in una stalla e giace nella mangiatoia e una di noi – e noi con Lei – che nasce alla fede ed è innalzata alle stelle.

Gesù giace nella mangiatoia: imita l’umiltà di suo Padre che si cela nella creazione, con indicibile discrezione, per non costringerci ad accettarlo ad ogni costo. Vuole l’amore di un figlio, non il timore di uno schiavo. Lì, nella mangiatoia, non si vergogna di essere uno di noi. Condivide la nostra natura, s’inserisce nella “pasta umana” con quella follia che, da grande, proclamerà nel Discorso della Montagna: «Beati i poveri, i miti, i misericordiosi…».

In quella braccia spalancate, con le quali siamo soliti rappresentare Gesù Bambino, noi vediamo che tutto l’umano è accolto da Lui che ama ciò che è perduto, insignificante, emarginato. Gesù è lì per salvare ciò che è smarrito, per valorizzare ciò che è insignificante agli occhi profani, per recuperare ciò che altri scartano, rifiutano, emarginano.

Gesù è lì dove noi siamo tentati di vedere solo il limite, il male e perfino il peccato. Ci è vicino nelle situazioni che noi pensiamo ci abbiano allontanato da Lui: basta uno sguardo al cielo e Lui fa festa nel riconciliarci con il Padre, con noi stessi, con gli altri, con il creato. Gesù è lì con una supplica: «Lasciati riconciliare. Lasciati amare. Abbandonati tra le mie braccia».

Gesù è lì per dirmi: «Io sono il Signore Dio TUO», dove quel “tuo” dice tutto il suo amore per ciascuno di noi. Il MIO Dio è diventato mio fratello per non essere temuto, ma amato; per non essere cercato in un cielo vuoto, ma nel mio stesso corpo; per non essere ritenuto lontano, ma prossimo: ha il volto di ogni mio fratello, di ogni mia sorella.

E tra le sorelle, ecco la bellissima Maria, da noi venerata come Madre di Dio. Privilegio tutto suo? No. Gesù è stato chiaro. «Chi fa la volontà del Padre mio mi è fratello, sorella e madre». Pure io, allora, sono chiamato ad essere Madre di Dio. E lo sono realmente quando in Dio, e in Lui solo, cerco la pace, dono dello Spirito Santo che in me grida: «Abba, Papà». Ce lo garantisce San Paolo: «Fratelli, quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli. E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: Abbà! Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio».

Valentino