Gioia di non raccogliere le pietre

Da prostituta a suora. Più volte ho parlato della gioia provata nel concedere l’assoluzione ad una donna che, da oltre venticinque anni, faceva la prostituta. Inginocchiato a terra sulla riva del mare, scrivendo come Cristo sulla sabbia, le avevo cantato la misericordia del Signore citando Isaia («Se il tuo peccato fosse grande come una montagna, lo renderei una pianura»), comunicandole il confortante messaggio della prima lettera di Giovanni («Se il tuo cuore ti accusa di peccato, Dio è più granade del tuo cuore»), citando il capitolo ottavo del Discepolo che Gesù amava («“Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?”. Ed ella rispose: “Nessuno, Signore”. E Gesù disse: “Neppure io ti condanno. Va’ in pace”»).

Gli accusatori dell’adultera avevano in mano pietre, per lapidarla. Ma, di fronte alla disarmante affermazione di Cristo, le pietre erano cadute a terra. Ascoltando questa citazione, la prostituta – schiacciata anche dalle critiche dei “benpensanti”, lei che non si riteneva degna dell’assoluzione da tutti i suoi peccati – aveva sussurrato: «Le pietre. Le pietre…». E amo pensare che ora quella donna, passata da prostituta a suora di clausura, continuamente preghi perché nuovi scribi e farisei non raccolgano altre pietre per scagliarle contro il peccatore (e chi non lo è?), che potrebbe benissimo santificarsi se non incontrasse sulla sua strada persone che giudicano, sparlano, criticano, accusano, condannano. E chi fa questo? Gente meschina che si lascia ammaliare dalle effimere forme della bellezza e, non potendo peccare materialmente, diventa brutta interiormente.

Ai tanti discendenti di Caino. Verso chi, anziché essere misericordioso, raccoglie pietre per lapidare il fratello o la sorella – non concedendo il perdono e parlandone male, portando via la buona fama di cui abbisogna per vivere –, papa Francesco usa parole infuocate. Continuamente ritorna su questo tema: «Le chiacchiere sono distruttive nella Chiesa, sono distruttive. È un po’ lo spirito di Caino: ammazzare il fratello, con la lingua; ammazzare il fratello!». E ricorda: «Se uno non è capace di dominare la lingua, si perde». Le condanne, le critiche e le calunnie «sempre vanno su questa dimensione della criminalità. Non ci sono chiacchiere innocenti» e «se qualcuno di noi chiacchiera, certamente è un persecutore e un violento». «Noi siamo abituati alle chiacchiere, ai pettegolezzi, ma quante volte le nostre comunità, anche la nostra famiglia, sono un inferno dove si gestisce questa criminalità di uccidere il fratello e la sorella con la lingua».

A chi afferma che qualcuno merita le critiche, merita quelle pietre… papa Francesco suggerisce: «Vai, prega per lui! Vai, fai penitenza per lei!. E poi, se è necessario, parla a quella persona che può rimediare al problema. Ma non dirlo a tutti!».

Durante un “Angelus” in piazza San Pietro, il Papa ha ribadito le stesse idee: «Quando io sparlo, quando io faccio una critica ingiusta, quando io spello un fratello con la mia lingua, questo è uccidere la fama dell’altro. Anche le parole uccidono!. Facciamo attenzione a questo».

E ci obbliga a pensare ai tanti pozzi avvelenati da calunnie, ai sassi – piccoli e grossi – lanciati per colpire una persona con lo scopo di eliminarla e così prendere il suo posto. Per queste persone, che pure si professano credenti, il Papa ha una denuncia: «Cristiani omicidi». Sono coloro che spettegolano, diffamano, demoliscono la buona fama di una persona per invidia, gelosia, per motivi di carrierismo.

In una catechesi del mercoledì, parlando a braccio ribadisce che le chiacchiere fanno male e, spesso, feriscono le persone anche in ambienti come quelli parrocchiali. Sarebbe meglio «mordersi la lingua! Quello ci farà bene, perché la lingua si gonfia e non può parlare e non può chiacchierare». E in un’altra occasione sottolinea che «su questo punto, non c’è posto per le sfumature. Se tu parli male del fratello, uccidi il fratello. E noi, ogni volta che lo facciamo, imitiamo quel gesto di Caino, il primo omicida della Storia. E «quando usiamo la lingua per parlare male del fratello e della sorella, la usiamo per uccidere Dio».

È deicida chi parla male del prossimo. Non solo tira sassi, ma addirittura macigni che obbligano papa Francesco ad essere spietato, perché c’è anche il «terrorismo delle chiacchiere insieme alle mormorazioni e ai pettegolezzi, che si impadroniscono delle persone facendole diventare seminatrici di zizzania e veri e propri omicidi come Satana. In molti casi delle persone vigliacche, che non avendo il coraggio di parlare direttamente, parlano dietro le spalle».

Chi lancia queste pietre è quindi “deicida”, ammazza Dio nel fratello; è omicida perché una persona senza onore è morta; è suicida, in quanto il male fatto agli altri ricade su chi lo compie. «Il male divora se stesso», amava ripetere Giovanni Paolo II.

Non ci sono pietre nella sua bisaccia. Dietro questa insistenza contro le critiche e le maldicenze si può facilmente pensare che papa Francesco sia cosciente che non tutti l’applaudono, anzi che c’è chi gli tira le pietre. Ma lui non si piega a raccoglierle, non le mette nella sua bisaccia, per evitare la tentazione di lanciarle a sua volta. Perdona.

Il cristiano perdona, non perché i suoi accusatori lo meritino, ma perché sa di meritare lui stesso quella pace che si sperimenta quando ad altri si concede il perdono, così come egli perdona se stesso.

Perdona per essere libero da ogni paura di sbagliare, non conoscendo le ferite del suo feritore.

Perdona per testimoniare a tutti che non vale la pena spendere il tempo per cose passeggere, rischiando di non averne per cose essenziali.

Perdona non perché sia un codardo o un ingenuo, ma perché sa che ci vuole più coraggio nell’essere misericordiosi che nell’essere vendicativi.

Perdona perché sa di essere stato perdonato da Dio e così può gridare al mondo la gioia di non raccogliere le pietre.