«Non cercate tra i morti il Risorto»

Animavo, un giorno – a Taizé – un incontro sul tema “fede e politica nei Paesi in via di sviluppo”. Notai che un giovane mi interrompeva più volte, o per chiedere spiegazioni, o per portare il suo contributo. La sua loquacità nascondeva problemi, che mi presentò al termine dell’incontro.

Capii che sarebbe stato inutile fare una lunga discussione; lo abbracciai e lo pregai di vivere intensamente il mistero che i monaci propongono ogni fine settimana nel seguente modo.

Al venerdì commemorano la passione di Cristo. Durante la liturgia i giovani sono invitati a mettere la loro testa sul legno della croce, quasi a proiettare su Cristo ogni loro dolore. Al sabato c’è una veglia notturna, in una chiesa buia, vivificata da migliaia di candeline quando si canta l’alleluja della Risurrezione. E alla domenica c’è la celebrazione eucaristica, che commemora la nostra Pasqua, il passaggio dalle nostre schiavitù (le catene interiori) alla vera libertà dei figli di Dio.

Quel giovane, dopo un po’ venne di nuovo a cercarmi: non riusciva a stare solo e voleva sapere come io fossi giunto a credere. Gli parlai del modo in cui vissi la chiamata all’eternità di mia sorella Elisa e lo invitai ad andare, solo, davanti all’icona della Trinità di Rublov.

Il sabato notte, in mezzo ad una enorme marea di giovani, per una strana combinazione – fu puro caso? – questo angosciato ricercatore di Dio venne a trovarsi dietro a me, che stavo prostrato davanti ad una icona. I monaci avevano letto in diverse lingue il Vangelo degli angeli che annunciano alle donne di “non cercare tra i morti Colui che è vivo”. Al canto dell’alleluja, tutti avevano acceso la candelina, ma io rimanevo ancora là, prostrato, domandando per me e per coloro che ogni giorno incontro un raggio della luce della Risurrezione, per dissipare le tenebre del dubbio.

Il rito terminò, ma i giovani continuavano il litanico canto di versetti biblici, che avevano il potere di far sentire Dio aleggiare in quell’assemblea.

Quando mi alzai per uscire, vidi quel giovane inginocchiato dietro di me: mi aveva osservato durante tutta la sera. Immediatamente mi venne in mente una frase, riferita a sua madre – che Dio gli aveva «ammazzato», dopo anni di un’agonia che non sopportava più e che lo aveva fatto scappare di casa, per non diventare matto –: «Elle est vivante! (Vive!)». Mi strinse forte entrambe le mani, ma io mi liberai da lui: volevo che stesse solo.

Con un gruppo di cattolici celebrai la messa di mezzanotte, poi, verso l’una, ritornai davanti all’icona. Lui era là, ma in una strana posizione. Sdraiato con la schiena sul pavimento. Gli occhi chiusi.  Due candeline, una alla sua destra e una alla sua sinistra. Mi inginocchiai accanto a lui, pregai per lui, temendo che la mia terapia d’urto fosse stata un po’ troppo violenta. Speravo che aprisse gli occhi, invece le stelle cambiavano posizione sopra la nostra testa, e lui rimaneva là immobile… come morto!

Me ne andai con la speranza di rivederlo ancora, benché mi rimanessero poche ore di permanenza in Taizé: sarei partito subito dopo la concelebrazione eucaristica, con i fratelli di tutte le denominazioni religiose.

Quando già il mio pullman era in partenza, dalla massa dei giovani si alzò una voce. Egli si fece largo a fatica e corse verso di me, gridando: «Il est vivant!». Cristo vive. Cristo è risorto. Non lo si deve cercare tra i morti. Dio… il Padre del Crocefisso, l’amore che agonizza, la luce tanto più fulgida, quanto più scura e angosciante era stata la notte.

Auguro a te e a quanti ami che questa Pasqua ti faccia incontrare il Risorto, che ti trasformi sempre più in Lui, Cristo. E tu, il risorto del Terzo Millennio, possa vivere guardando oltre il tempo e lo spazio. Vivere realtà tanto più divine, quanto più umane. Vivere aspettando grandi cose, “cieli nuovi e terra nuova”.

La tua fede non ti permetta di attardarti  al cimitero, cercando il Risorto tra i morti. Ma, “lasciato il sepolcro in fretta”, come le donne la mattina di Pasqua, possa tu incontrare il Signore mentre corri verso tanti fratelli gridando: «È vivo!».

Valentino