Novità, riti, segni e sacramenti

Contro i profeti di sventura. Quando Giovanni XXIII salì al soglio pontificio, non pochi parlarono di lui come di un papa di transizione, un povero uomo. Buono, ma troppo semplice per essere in grado di governare la Chiesa. La sua bontà e santità, oltre al coraggio di indire il Concilio Vaticano II, hanno cambiato la storia.

Il suo successore, Paolo VI, fu giudicato “Amleto” e troppo serio: solo dopo la sua morte ci si rese conto della sua sapienza e intelligenza nel gestire un momento delicato della storia della Chiesa: c’era il rischio di un grande scisma, durante il difficilissimo periodo postconciliare.
Giovanni Paolo I ricevette poche critiche, perché fu papa solo per un mese: si disse, comunque, che era un catechista che parlava come un parroco di campagna. Non ci si accorse che anche una stella cadente, sia pur effimera, tiene il nostro sguardo rivolto al cielo.

Le critiche a Giovanni Paolo II – diluite in venticinque anni – non hanno impressionato l’umanità, affascinata soprattutto dal suo carisma di buon comunicatore e dalla sua capacità di dare un senso al suo soffrire.

Benedetto XVI, presentato male dai mass media fin dal primo giorno del suo pontificato («Abbiamo un pastore tedesco»), non è stato capito da molti cristiani se non dal momento in cui ha dato le dimissioni.

E ora abbiamo papa Francesco, idolatrato dai media, amato da tanti cattolici e da non credenti, icona viva del Francesco d’Assisi… Ma lui pure non è da tutti accettato ed è criticato da alcuni cattolici come troppo progressista, troppo innovatore, troppo sbilanciato verso gli ultimi.

Coloro che hanno uno sguardo critico-negativo nei confronti dei papi – quanti Giovanni XXIII chiamava profeti di sventura – dimostrano di non saper leggere “i segni dei tempi”, di non essere familiari con la teologia dei segni-sacramenti, ma soprattutto di non credere nello Spirito Santo.

Il bisogno di segni e sacramenti. La teologia dei sacramenti aiuta il cristiano a capire il valore dei segni, a cercare tutto ciò che ci apre al soprannaturale, a scandire la propria esistenza con una liturgia che è un canto alla vita, alla novità, alla freschezza di rapporti sempre rinnovati ad ogni celebrazione. I sacramenti immergono il credente nella nascita, nella vita, nella morte e resurrezione di Cristo: lo fanno rinascere ogni giorno, uomo sempre nuovo.

Papa Francesco ci mostra quanto importanti siano i sacramenti che ci rendono simili a Cristo, ci inseriscono in Lui, ci fanno essere come Lui, rendendo la nostra stessa persona un sacramento, un segno vivo della vivificante presenza in noi del Figlio di Dio. Oltre ad essere noi stessi – unici e irripetibili – siamo Cristo, il vivente di tutti i secoli. Gesù vive e opera in ciascuno di noi.

L’iniziazione cristiana «costituisce come un unico, grande evento sacramentale che ci configura al Signore e fa di noi un segno vivo della sua presenza e del suo amore».

Se questo può essere detto di ogni cristiano, a maggior ragione possiamo affermare che ogni papa è sacramento in senso speciale, perché scelto dallo Spirito Santo per «confermare i fratelli nella fede». I cattolici danno tanta importanza al papa, perché – oltre al fatto che Gesù ha costituito la Chiesa sul fondamento degli apostoli e dei successori di Pietro – l’essere umano ha bisogno di segni. Noi non siamo spiriti disincarnati. Siamo corpi viventi che formano l’unico corpo di Cristo.

Siamo corpi bisognosi di un nutrimento quotidiano di bellezza, bontà e spiritualità: per questo la Chiesa ci mette in guardia dall’essere sempre di corsa, condotti da quella maledetta fretta che trasforma in schiaffi le carezze della vita, impedisce all’anima di stupirsi, non dà spazi allo Spirito Santo per aiutarci a festeggiare ogni giorno, a gioire di ogni battito del cuore, a valorizzare ogni lampo di tenerezza, a vivere il privilegio di godere dei sacramenti, quali indispensabili mezzi di salvezza dell’anima e del corpo.

Chi vive animato dallo Spirito Santo, da Lui accetta tutto ciò che sa di novità, di bellezza, di ebbrezza, perché proprio queste sono le caratteristiche dello Spirito che «soffia dove vuole e ne odi la voce, ma non sai da dove venga e dove vada».

Lo Spirito fa irruzione nel mondo, scombussola le nostre certezze, ci scuote dalla sonnolenza e dalle rigidità dei nostri dogmatismi, ci obbliga ad aprire gli occhi. E con occhi e cuore aperti noi scopriamo che «tutto è grazia», che il mondo è ben saldo nelle mani di Dio e che il Signore si serve di esseri fragili come siamo tutti noi – papi compresi – per fare cose grandi. Basta avere fede. È questa che opera il miracolo.

E poiché abbiamo parlato dei successori di Pietro – vedendoli quali privilegiati segni offerti dallo Spirito Santo come aiuto per confermarci nella fede e nella verità – giova ricordare che la loro fede ha operato grandi miracoli nel nostro tempo. Oltre gli invisibili miracoli quotidiani, chi non ricorda il contributo dato da papa Giovanni XXIII per fermare i missili già puntati su Cuba? E chi ha fatto di tutto per far cadere il muro di Berlino senza spargimento di sangue? E quelle quattro ore – in diretta televisiva – durante le quali papa Francesco è stato in adorazione silenziosa davanti al Santissimo, non hanno forse spinto l’America a evitare la guerra in Siria? E là dove ha fallito l’ONU, non ha forse il Papa dato un apporto fondamentale a far cadere il muro di Cuba, l’embargo durato più di cinquant’anni da parte degli Americani?

La fede compie quei miracoli che la politica non riesce a operare.

Molti, agnostici o atei, facendo analisi puramente umane – vittime magari di pregiudizi e spinti dalla molto scorretta logica del “politicamente corretto” – diventano ciechi nel non volere ammettere l’evidenza dei fatti. Ma è penoso osservare che anche dei cristiani giudichino la storia in modo pessimistico, lodino un passato che non sempre fu positivo, siano miopi nel non vedere che nella complessità del mondo moderno c’è un filo rosso, estremamente semplice, che guida la storia e indica al momento giusto le persone adatte per scegliere il meglio di ogni situazione.

Persone “prudenti” nel senso etimologico della parola greca (dochimazein), che indica la capacità di vagliare il reale e prendere la strada non più comoda, ma più coerente con il Vangelo.

Prudenza che può portare una persona anche al martirio, se questo è quanto lo Spirito Santo le suggerisce, per il bene di tutta la comunità.

Persone animate dallo Spirito, persone “prudenti”, persone fatte “sacramento” di un Dio che conosce il nostro bisogno di riti, segni, sacramenti e di quella novità riservata a chi ascolta con il cuore (Shemà), a chi si libera dai pregiudizi, a chi è aperto alla divina fantasia dello Spirito d’Amore.

Valentino