Pane e vino per la vita del mondo

Expo Milano 2015. Il diritto a un’alimentazione sana, sufficiente e sicura per tutti gli abitanti della Terra – affinché a tutti sia assicurato il cibo necessario per vivere e perché i ricchi non si ammalino, mangiando troppo – è il tema proposto per il dibattito durante l’Expo: “Nutrire il Pianeta. Energia per la vita”. Oggetto di studio è la storia dell’uomo e del cibo; il paradosso di chi muore di fame e di chi si ammala per il troppo cibo che ingerisce; il ricorso alla scienza e alla tecnologia per la sicurezza e qualità del cibo portato sulle nostre mense; il lavoro che crei un mondo sostenibile, che tenga conto della tradizione e del bisogno di innovazioni…

L’Esposizione Universale è l’occasione per un dibattito globale sul diritto a un’adeguata alimentazione per tutti gli abitanti della Terra. Questo argomento chiama in causa il volontariato, il “no profit”, le energie sociali e quanti operano attivamente nella Chiesa cattolica, rigenerata dall’avvento di Papa Francesco, che a tutti addita la povertà – quella povertà che Cristo chiamò beata – e il bisogno di guardare il mondo dalle periferie, con gli occhi di chi soffre e muore per mancanza di cibo.
Siccome tante volte abbiamo meditato sullo scottante tema della fame nel mondo, è opportuno guardare al contributo che i cattolici possono dare alla risoluzione di questo problema, facendo leva sul tesoro immenso che hanno tra le mani e che costituisce il centro della loro fede e della loro religione: l’eucaristia.

Pane e vino, corpo e sangue. Prima di contemplare il mistero eucaristico nella sua essenza – il pane quale vero corpo e il vino quale vero sangue di Cristo – giova considerare il simbolismo di questi due elementi, frutto della terra e del lavoro dell’uomo.
Il pane innanzitutto. È simbolo del cibo per eccellenza, ciò di cui l’essere umano ha bisogno per il suo sostentamento. È importante mangiare: mangiare per vivere; mangiare in modo semplice, ma bello; mangiare bene e sano. Chi non ricorda Feuerbach, quel marxista che continuava a ripetere che l’uomo è ciò che mangia? Frase eccessiva, ma con un fondo di verità, specialmente se considerata nel contesto di una determinata cultura e vissuta con la delicatezza che ha indotto a pensare alla verità di questa affermazione: «Gli animali si nutrono – o divorano –, l’uomo mangia, l’uomo di spirito pranza».
Pranzare o cenare assieme a persone care, ad amici – o anche solo conoscenti –, facendo del pasto un rito, una cerimonia, al cui apice c’è proprio lo spezzare il pane, il porgerlo con reverenza a chi sta accanto. Nei vari Paesi, con culture diverse – a volte, diametralmente opposte –, notiamo che le persone civili mangiano con un cuore riconoscente dopo aver pregato, o dopo aver compiuto un gesto simbolico di offerta del cibo a Dio (o alla divinità in generale, quando si tratta di un appartenente all’animismo o di un agnostico).
A Tokyo (Giappone), in un ristorante di lusso, dopo un dibattito su questioni etiche, era prevista la cena. Dai discorsi fatti era chiaro che la maggior parte dei presenti era agnostica. Di fronte al mio imbarazzo sul da farsi prima di iniziare a prendere il cibo, il coordinatore della serata mi disse: «Padre, renda grazie». E mi suggerì anche la formula: dovevo alzare il vassoio contenente dodici piccolissime chicchere dicendo: «Itadakimasu (È un dono)», formula di ringraziamento di fronte al cibo.
Per non parlare dei costumi africani: prima del pasto, durante le feste c’è tutta una serie di interventi, ringraziamenti e preghiere, al punto che sembra siano di più le parole del cibo…

Il pane. Nel mondo arabo non si taglia a fette, perché questo cibo è considerato realtà vivente e il tagliarlo potrebbe essere paragonato ad un ammazzarlo. Il pane si spezza e lo si porge al vicino, come ha fatto Gesù durante l’Ultima Cena.
Quanto al vino, a partire dal patriarca Noè – e dalla ubriacatura che si era procurato, durante il suo esperimento con il succo della vite – la Bibbia abbonda di elogi per chi beve con moderazione questa bevanda che «rallegra il cuore dell’uomo». Per cui sulla tavola dell’Ultima Cena e sui nostri altari ecco pane e vino, a sottolineare che la nostra fede non è qualche cosa di astratto, ma è legata agli elementi fondamentali del vivere umano, al corpo dell’uomo, alla sua storia con i suoi riti, la voglia di celebrare, il piacere di condividere quello che si è e quello che si ha con quanti Dio ci mette accanto, nel corso della nostra vita.

Pane e vino che si trasformano nel corpo e nel sangue di Cristo, quale alimento per divinizzarci, per renderci fratelli, per formare un solo corpo con Gesù e con quanti spezzano lo stesso pane eucaristico e bevono dalla stessa coppa. Da qui nasce per il credente il dovere – non imposizione, ma necessità intrinseca alla sua fede – di condividere con tutti i beni della terra. Coloro che prendono parte agli stessi doni spirituali, non si sentiranno spinti a fare partecipi i fratelli dei beni materiali? È molto impegnativo comunicare i doni dello spirito. Dovrebbe essere più facile condividere beni puramente materiali.

«…voi stessi date loro da mangiare». Questa è la risposta che Gesù ha dato agli apostoli quando gli chiedevano di congedare la folla – digiuna da tre giorni – affinché andasse nei villaggi a comprarsi da mangiare. Il credente, condividendo i suoi doni, può fare il miracolo di sfamare tutti e… avanzeranno dodici ceste di pane! L’ha detto Lui: «In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi…». Tra i miracoli, il più grande è quello di voler bene a tutti, dare da mangiare a tutti, compresi quelli che ci fanno del male.
Questo è un ritornello che papa Francesco non si stanca di ripetere. Ogni volta che gli si presenta un’occasione, grida allo scandalo della fame nel mondo: «Siamo di fronte allo scandalo mondiale di circa un miliardo, un miliardo di persone che ancora oggi soffrono la fame. Non possiamo girarci dall’altra parte e far finta che questo non esista. […] Invito  tutte le istituzioni del mondo, tutta la Chiesa e ognuno di noi, come una sola famiglia umana, a dare voce a tutte le persone che soffrono silenziosamente la fame, affinché questa voce diventi un ruggito in grado di scuotere il mondo». Il papa ha sottolineato la necessità di «agire come una sola famiglia impegnata ad assicurare il cibo per tutti». Se tutti noi riuscissimo a lavorare sistematicamente per «non sprecare, riciclare il cibo, la fame nel mondo diminuirebbe di molto».

Il cardinale Òscar Rodríguez Maradiaga, presidente di Caritas Internationalis, facendosi voce di papa Francesco ha detto a quanti preparano l’Expo 2015: «La mancanza di cibo fa parte di un circolo vizioso che va stroncato alla radice. Non vanno eliminati i poveri, ma le cause della povertà e della fame». E prima ancora: «Il cibo sul pianeta non manca, ma sappiamo anche che ancora molto deve essere fatto per eliminare le ingiustizie che ora ricadono su chi non ha accesso alle risorse per potersi nutrire sufficientemente e adeguatamente». E le cause della povertà e della fame saranno sradicate con l’aiuto di quei cristiani che avranno preso coscienza del significato profondo di condividere lo stesso pane eucaristico e di bere quel vino mutato nel sangue di Cristo. Coscienza che dà un valore aggiunto a chi ritiene che «il pane conserva quasi una maestà divina. Mangiarlo nell’ozio è da parassita; guadagnarlo laboriosamente è un dovere; rifiutarsi di dividerlo è da crudeli». Possiamo aggiungere: non darlo a chi muore di fame ci rende omicidi e ladri, come già dicevano i Padri della Chiesa: «Il tuo superfluo è rubato al povero».