Riappropriarsi di fede e costumi

«E il cornetto?». In cerca di spunti per l’incipit della conferenza serale, in una città della Sicilia, niente di meglio che entrare in un bar frequentato da giovani. Interessante l’impatto. Un ventenne esclama: «Vi ho visto stamattina su “E20Sicilia” e quante cose avete detto!» (in questa terra, in segno di rispetto, si dà ancora del “voi” agli adulti e agli anziani). Quattro liceali, due universitari e due in cerca di lavoro. Non mi lascio sfuggire l’occasione: «Che cosa ti ha colpito di più?». «Che spesso i giovani sono vittime degli errori della società. Ma che non dobbiamo stare con le mani in mano, perché se il mondo è così non è colpa nostra. Sarà colpa nostra se lo lasciamo così». «Posso offrirti una birra?». «No, preferisco la granita con la panna». Un amico aggiunge: «E il cornetto?».

Per superare la crisi economica è stato loro detto che si deve produrre e consumare di più. Quindi anche un cornetto può contribuire al bene comune…

Per evitare che il missionario spenda troppi soldi, si accetta di condividere una birra grande con la gazzosa, come si fa al Nord: lo champagne dei poveri! E mentre si giocherella con le bollicine della birra, emerge uno spaccato di questa città: in famiglia va abbastanza bene, anche se la casa rischia di essere ridotta a un albergo. Di Dio si ha molto bisogno, ma i preti non sanno comunicare e la messa annoia. A scuola si va per socializzare con gli amici. Al liceo classico si studia mediamente tre ore al giorno, due allo scientifico, una alle magistrali e una decina di minuti alle scuole tecniche. È obbligatorio guardare la televisione; diversamente, dove si possono trovare le battute da fare con gli amici? Sulla politica, poi, si stenda un velo di misericordia: tutti concordano che gli italiani fanno bene a non recarsi alle urne per le imminenti elezioni comunali.

La mia crescente tristezza di fronte alle loro affermazioni, provoca la domanda: «Secondo voi, che cosa ha prodotto questa crisi e che cosa fare per uscirne?». Assieme cerchiamo di rispondere.

Vuota la vita più che il portafoglio. Nella sua ultima visita “ad limina”, Benedetto XVI, parlando ai vescovi statunitensi, non ha esitato a dire che «scuole e università cattoliche hanno fallito nel rafforzare la fede negli studenti». Commentando questa frase, alcuni giornalisti italiani hanno messo in risalto che nel nostro Paese la situazione è ancora più grave, in quanto si hanno non pochi professori di filosofia atei, non rispettosi del pensiero dei filosofi e delle esigenze degli studenti, per cui si arriva addirittura ad irridere chi frequenta una chiesa.

La gravità della crisi attuale non andrebbe cercata nelle anime tiepide e vuote di molti cattolici, prima ancora che nelle tasche dei poveri?

Ansie, preoccupazioni e paure di molte persone sono legate alla crisi dei valori spirituali: c’è una vaga ricerca di Dio in sette religiose che proclamano il deleterio “fai da te”. Non si prega a sufficienza, assieme, in famiglia. Manca la ricerca di valori da condividere nel reciproco rispetto.

La terapia sembrerebbe facile: ritornare agli ideali evangelici, per riappropriarci della gioia di essere un’unica realtà in Cristo, grazie al battesimo. Dalla gioia nasce l’orgoglio di essere una comunità di credenti. E dall’orgoglio germoglia una testimonianza serena e bella della propria fede, che non può essere vissuta come fatto personale e privato, poiché Cristo ci ha reso “corpo” dei credenti, suo stesso corpo: noi siamo il Risorto del Terzo Millennio. La nostra condotta di vita conforme al Vangelo crea un umanesimo autentico.

“Riappropriarsi”. Tra i verbi che colpiscono gli interlocutori siciliani, il più “gettonato” è “appropriarsi”. Anche questo è un segno dei tempi: il bisogno di sentirsi soggetti, protagonisti, valorizzati nel compito di assumersi ognuno le proprie responsabilità.

È urgente il bisogno di riappropriarsi della fede, per dare un volto alla nuova morale che andiamo presentando nei suoi aspetti più seducenti, legati a quella “bellezza che salverà il mondo”. Bellezza cantata all’inverosimile nel lunghissimo Salmo 118, caratterizzato dal curioso fatto che quasi ogni due righe ritornano le parole: legge, comandi, precetti, decreti, voleri, parola. Il tutto presentato come massima aspirazione di questo nostro cuore, che può trovare pace solo in sintonia con la parola del Signore.

Solo se amata, una realtà non diventa pesante. La Legge va interiorizzata. Non salva una legge considerata “eteronoma”, imposta dall’esterno, perché la vera Legge è “autonoma”: è una necessità vitale, una realtà che viene dal di dentro. Se ciò era percepito come grande valore già dal Salmista che cantava: «Amo la tua legge, Signore», a maggior ragione deve essere ritenuto indispensabile da parte di chi, discepolo di Cristo, ci addita il cammino per farci passare dal monte Sinai al monte delle Beatitudini: dalla legge all’amore.

Dato l’attuale cambiamento della società, che propone una cultura che vuole ridefinire il concetto di bene e di male (si veda soprattutto quanto si scrive sulla bioetica e sull’eutanasia), occorre dimostrare come il riappropriarsi della fede porterà a presentare una morale libera e liberante, non assoggettata agli idoli e alle mode del nostro tempo.

Possono, i moralisti, illudersi che i loro trattati siano in grado di cambiare il sentire comune e la vita dei cristiani? I teologi continuino le loro ricerche, con la convinzione che i cambiamenti arrivano sempre dal basso: se non proprio come proposte, per lo meno grazie ad atteggiamenti che non dimostrino resistenze e opposizioni alla novità di uno sforzo vitale, per adeguarci sempre più al genuino messaggio del Maestro.

La morale diventerà gioioso patrimonio comune quando i laici s’impegneranno ad essere presenti in ogni campo con il dono della loro fede; quando testimonieranno con gioia il loro credo; quando racconteranno la loro esperienza di fede con parole belle, che mostrino l’utilità di un abbandono totale alla volontà del Signore.

La fede e la morale non s’impongono. Non s’impone la verità. Questa si diffonde da sola, grazie alla gioia di quanti guardano allo stile del Creatore che si rivela nascondendosi. Grazie a Cristo, che cela la sua divinità per mostrarci che tutto quello che è umano è divino, e tutto quello che è divino è umano. Grazie allo Spirito Santo che in noi opera per renderci liberi e adulti, “liberi e fedeli in Cristo”, liberi “come il vento che spira dove vuole” e “ricrea la faccia della terra”.

Valentino