Un comandamento nuovo: «Gioisci!»

Per liberare in noi la vera gioia: la morale cristiana dei tempi moderni ha a cuore la realizzazione di questo ideale. Cristo è venuto al mondo per renderci partecipi della gioia che lo Spirito fa circolare tra Padre e Figlio. Si è fatto come noi non per metterci sulle spalle un fardello, ma per aiutarci a portarlo con dignità e a trarre dalle inevitabili difficoltà della vita un motivo per crescere in sapienza, età e grazia. Si è fatto uno di noi per insegnarci a godere delle bellezze che il Creatore ha profuso nell’universo e trovare in esso il nostro posto in cui celebrare la sua grandezza:

«Come splende, Signore, Dio nostro,
il Tuo nome su tutta la terra:
la bellezza Tua voglio cantare,
essa riempie i cieli immensi.

Dalla bocca di bimbi e lattanti,
liberare Tu ami la lode,
a confonder superbi avversari,
a ridurre in silenzio i ribelli» (Salmo 8).

Gesù è apparso sulla terra per farci conoscere sempre meglio il volere del Padre e per dare un senso e un gusto alla nostra vita. L’essenza del suo insegnamento è la proclamazione del comandamento nuovo: l’amore. E quando un essere umano vive nell’amore sperimenta in sé la vera gioia, per garantire la quale Cristo non ha esitato a offrire la sua vita, dopo aver esplicitamente proclamato: «Sono venuto perché abbiano la vita, e l’abbiano in abbondanza». 

Il comandamento nuovo, quindi, può essere riformulato con le parole del profeta Sofonia:  «Gioisci, […]esulta, [...] e rallegrati con tutto il cuore, […] Il Signore ha revocato la tua condanna,
ha disperso il tuo nemico. Re d'Israele è il Signore in mezzo a te, tu non vedrai più la sventura. […] Il Signore tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente. Esulterà di gioia per te, ti rinnoverà con il suo amore, si rallegrerà per te con grida di gioia, come nei giorni di festa».

Vivere nella gioia. È il comandamento che riassume il primo anno del pontificato di papa Francesco, il motivo ricorrente della sua predicazione: «Il cristiano è gioioso, non è mai triste». «Il cristiano non può essere pessimista! Non ha la faccia di chi sembra trovarsi in un lutto perpetuo». 

Motivo della gioia è il fatto che l’uomo di fede ha la  consapevolezza che «Dio ci accompagna» e che «abbiamo una Madre che sempre intercede per la vita dei suoi figli». Perciò il vero credente vive nella gioia, non può dare l’impressione che la sua vita sia una continua “Quaresima senza Pasqua”. La fede lo rende capace di infiammarsi di una gioia contagiosa.  

L’incontro con Cristo immerge nella vera gioia. Ne consegue che una continua tristezza sia simbolo del mancato incontro con la fonte della gioia: «Il discepolo è consapevole che senza Cristo non c’è luce, non c’è speranza, non c’è amore, non c’è futuro».

Cosciente di ciò, il Papa non esita a parlare di se stesso come ricercatore di gioia, come confessa ai giovani: «Il (vostro) vescovo ha detto che io ho fatto un grande gesto a venire qui. Ma l’ho fatto per egoismo. Sapete perché? Perché mi piace stare con voi!  Perché a me piace stare con i giovani? Perché voi avete dentro il vostro cuore una promessa di speranza. Voi siete portatori di speranza. Voi, è vero, vivete nel presente, ma, guardando il futuro… Voi siete artefici di futuro, artigiani di futuro. Poi – e questa è la vostra gioia – è una cosa bella andare verso il futuro, con le illusioni, con tante cose belle . …

Nella vita ci saranno sempre persone che vi faranno proposte per frenare, per bloccare la vostra strada. Per favore, andate controcorrente. Siate coraggiosi, coraggiose: andare controcorrente. Mi dicono: “No, ma, questo, mah… prendi un po’ d’alcool, prendi un po’ di droga”. No! Andate controcorrente a questa civilizzazione che ci sta facendo tanto male. Capito, questo? Andare controcorrente; e questo significa fare rumore, andare avanti, ma con i valori della bellezza, della bontà e della verità. Questo volevo dirvi. Voglio augurare a voi tutto il bene, un bel lavoro, gioia nel cuore: giovani gioiosi!».

“Stare in periferia”, per imparare dai poveri la gioia. Stando nelle “periferie” il Papa ha imparato  quanto ora va insegnando a tutti gli uomini di buona volontà: «I grandi cambiamenti della storia si sono realizzati quando la realtà è stata vista non dal centro, ma dalla periferia. È una questione ermeneutica: si comprende la realtà solamente se la si guarda dalla periferia, e non se il nostro sguardo è posto in un centro equidistante da tutto. Stare in periferia aiuta a vedere e capire meglio, a fare un’analisi più corretta della realtà, rifuggendo dal centralismo e da approcci ideologici».

Ai superiori generali di tutte le congregazioni religiose il Papa suggerisce di «conoscere la realtà per esperienza, dedicare un tempo per andare in periferia per conoscere davvero la realtà e il vissuto della gente. Se questo non avviene, allora ecco che si corre il rischio di essere astratti ideologi o fondamentalisti, e questo non è sano»…«La vita è complessa, è fatta di grazia e di peccato. Se uno non pecca, non è uomo. Tutti sbagliamo e dobbiamo riconoscere la nostra debolezza. Un religioso che si riconosce debole e peccatore non contraddice la testimonianza che è chiamato a dare».

Riconosciuto il proprio peccato, ottenuto il perdono, torna in noi la gioia: «Non siate mai uomini e donne tristi: un cristiano non può mai esserlo! Non lasciatevi prendere mai dallo scoraggiamento! La nostra non è una gioia che nasce dal possedere tante cose, ma nasce dall’aver incontrato una Persona: Gesù, che è in mezzo a noi; nasce dal sapere che con Lui non siamo mai soli, anche nei momenti difficili, anche quando il cammino della vita si scontra con problemi e ostacoli che sembrano insormontabili, e ce ne sono tanti!».

«Gesù trasforma in grazia i fallimenti», afferma ancora il Papa a quanti sembrano essere schiacciati dalle difficoltà di portare a tutti il vangelo della gioia: «Gesù si fa vicino ai nostri fallimenti, alla nostra fragilità, ai nostri peccati, per trasformarli». Quindi «non smettete mai di rimettervi in gioco, come dei buoni sportivi che sanno affrontare la fatica dell’allenamento per raggiungere dei risultati: le difficoltà non devono spaventarvi, ma spingervi ad andare oltre». 

La fede in Gesù conduce a una speranza, a una certezza «fondata non soltanto sulle nostre qualità e abilità, ma sulla Parola di Dio, sull’invito che viene da Lui». E ciò «senza fare troppi calcoli umani e non preoccuparsi di verificare se la realtà che vi circonda coincide con le vostre sicurezze». 

Dall’impegno a vivere il proprio battesimo nasce la gioia di «prendere il largo, uscire da noi stessi, dal nostro piccolo mondo e aprirci a Dio, per aprirci sempre più anche ai fratelli». Infatti «voi siete chiamati a diventare pescatori di uomini, non esitate a spendere la vostra vita per testimoniare con gioia il Vangelo, specialmente ai vostri coetanei: il vostro contributo è indispensabile per la missione della Chiesa, che è l’evangelizzazione. I giovani apostoli dei giovani». Dunque, «dite a tutti con la vostra vita, con la vostra gioia, che Gesù e il suo messaggio sono sempre attuali». E per questo «abbiate anche il coraggio di andare controcorrente, non fatevi trascinare dalle correnti». 

Incontrare Gesù Cristo, fare esperienza del suo amore e della sua misericordia è «l’avventura più grande e più bella che possa capitare ad una persona». È Lui, e Lui solo, il fondamento della nostra forza e della nostra gioia: «Dopo tanti anni da quando ho sentito la vocazione accanto al Signore non mi sono pentito; non perché mi sento forte, ma voi pensate che io sia Tarzan? No, mi sento forte perché nei momenti più bui, nel peccato, nella fragilità, ho guardato Gesù e lui non mi ha lasciato da solo, fidatevi di lui che non vi delude mai».  

                         

Valentino