Liberi dagli idoli

«Chi mi vuole?» Un giovane, desideroso di apprendere un metodo per crescere nell’amore, per essere libero e liberante e assetato di esperienze forti, si mise sulla pubblica piazza e incominciò a gridare: «Chi mi vuole?».

«Ti voglio io» rispose il re, che stava passeggiando col suo seguito ostentando il proprio potere e gongolando agli inchini dei suoi sudditi.

«Che cosa mi dai?», lo interpellò il giovane.

«Io ti nominerò “Primo ministro” – rispose il re, che aveva intuito le qualità del ragazzo –. Avrai potere e successo e molti ti invidieranno».

«Ma che razza di proposta è questa?» s’indignò il giovane e si avviò per le strade del paese ripetendo l’invocazione: «Chi mi vuole?».

«Ti voglio io» disse un mercante, che aveva colto in lui l’abilità del commerciante.

«Che cosa mi dai?».

«Ti darò la metà del mio denaro».

«Che cosa vuoi che m’importi dei soldi? Non li beccano neppure le galline!». E scrollandosi di dosso la tentazione dell’avere, il giovane si rimise in cammino.

Incontrò una ragazza bellissima, che lo folgorò con un sorriso stupendo. Ma anche il sorriso un po’ alla volta si spense e il giovane, dapprima carico di entusiasmo, s’intristì e si congedò da lei perché la sua bellezza non era un rimando alla Bellezza assoluta.

«Sei bellissima – si giustificò –. Vali mille volte più del re, vali diecimila volte più del mercante, ma non mi basti».

Verso sera, il giovane arrivò sulla riva del mare. Un bambino stava giocando nudo sulla spiaggia, costruendo castelli di sabbia abitati dal sogno.

Il giovane si fermò a contemplarlo, poi ripeté la domanda: «Chi mi vuole?».

«Ti voglio io», rispose il bambino.

«Che cosa mi dai?».

«Nulla».

Il giovane si mise al servizio del bambino e divenne libero.


Credenti, idolatri  e… il silenzio degli “onesti”. L’umanità non si differenzia più, come nel passato,  tra credenti e atei (o agnostici ), bensì tra credenti e idolatri. Idolatri, vittime delle tre tentazioni che Cristo ha sperimentato nel deserto: prosperità, popolarità e potere.

Da ammirare l’ateo pensante. Da rispettare l’agnostico. Fanno paura gli indifferenti. E si tratta di una categoria che sta guadagnando terreno: persone che si chiudono in se stesse, facendo della loro “privacy” un idolo. Si rifiutano di pensare agli altri, sono autoreferenziali, lungi dal capire che la politica, vissuta bene, è – secondo il magistero pontificio –  “la più alta forma di carità”; la denigrano al punto tale da sporcarla sempre di più e così sentirsi esenti anche dall’obbligo del voto.Tutto ruota attorno a loro, in funzione di loro, per il loro esclusivo interesse.

Quando si prenderà in considerazione la storia del nostro tempo, non si parlerà  tanto male di Hitler o di Stalin, quanto del silenzio degli “onesti”: con simili parole Gandhi stigmatizzò la sua generazione. Nel passato la gente moriva di fame, ma il mondo cosiddetto civilizzato non lo sapeva. Ora  gli “onesti” – quanti elevano se stessi al rango di idolo – tacciono, pur sapendo tutto di tutti. Continuano la loro esistenza aggrappati ai loro idoli, alle loro abitudini, ai piccoli-grandi piaceri che la vita offre o che i singoli si prendono, non sempre onestamente.


L’idolo del denaro, radice di tutti i mali. Ancora una volta papa Francesco non usa mezzi termini nel suo intento di abbattere quegli idoli che infrangono la nostra vera libertà:  l'avidità del denaro «è la radice di tutti i mali». «C'è qualcosa nell'atteggiamento di amore verso il denaro che ci allontana da Dio». Secondo il Papa, sono molti coloro che si lasciano deviare dal desiderio del denaro e così deviano dalla fede, procurandosi molti tormenti.  E aggiunge: «Il denaro corrompe. Non c’è via d’uscita. Se tu scegli questa via del denaro alla fine sarai un corrotto. Il denaro ha questa seduzione di portarti, di farti scivolare lentamente nella tua perdizione […] Nessuno può salvarsi con il denaro». Non bisogna cedere alla tentazione di rincorrere «la ricchezza per sentirsi sufficiente, la vanità per sentirsi importante e, alla fine, l’orgoglio e la superbia. […] Il denaro diventa idolo e tu gli dai culto. E per questo Gesù ci dice: non puoi servire all’idolo denaro e al Dio vivente. O l’uno o l’altro».

In un mondo che idolatra la ricchezza e prospetta solo il successo legato a prosperità, popolarità e potere, il cristiano contrappone la sua speranza nella povertà evangelica, nel nascondimento, nella debolezza. Vive di attesa, conta sui tempi lunghi. Valorizza tutto ciò che capita, convinto che «Tutto è grazia». Scommette sull’avvenire. Vive il mistero dell’Incarnazione che valorizza al massimo sia la nascita che la morte, la vita presente e quella futura. La vita eterna, vera e incorruttibile ricchezza.

Tra i tanti cristiani che hanno vissuto l’ideale proclamato nel Discorso della Montagna – convertendosi dagli idoli falsi e bugiardi del successo, della gloria e della ricchezza, per abbracciare quella povertà che Cristo dichiarò beata – basti citare il grande poeta Paul Claudel, accademico di Francia, convertito al cristianesimo non in virtù di una dimostrazione, ma di un’intima e profonda esperienza di fede. Parlando dei vantaggi dell’incontro con Cristo afferma: «C’è una cosa più triste che perdere la ricchezza, ed è perdere la speranza». La speranza di vedere Dio faccia a faccia, dopo averlo desiderato come sommo bene che libera dalla caducità e vanità delle cose terrene per dilatare i propri orizzonti nell’infinito spazio dell’Amore: «Forse che fine della vita è vivere? Forse che i figli di Dio resteranno con fermi piedi su questa miserabile terra? Non vivere, ma morire, e non digrossar la croce ma salirvi e dare in letizia ciò che abbiamo. Qui sta la gioia, la libertà, la grazia, la giovinezza eterna!».

Valentino