La creativa bellezza dei sogni

Il santo curato d’Ars. Benché  totalmente dedito all’azione pastorale, Giovanni Maria Vianney avverte un’irresistibile attrazione per la vita contemplativa. Più volte cerca di fuggire da Ars, ma sempre i suoi parrocchiani gli impediscono di partire. Arrivano al punto di suonare le campane a martello per convocare tutti i fedeli, onde rendergli fisicamente impossibile la fuga. 

Il devoto affetto della gente gli impone di rinunciare al progetto di ritirarsi in un convento o in un monastero. Non cessa però di nutrire il sogno e la nostalgia di una vita tutta consacrata al Signore, nella preghiera, nella mortificazione, nel digiuno, nella penitenza. Resta tutto il giorno in chiesa, per celebrare ininterrottamente il sacramento della Riconciliazione con persone che giungono da tutte le parti della Francia. E alle penitenze praticate dai mistici del suo tempo, aggiunge il digiuno: fa bollire un po’ di patate una volta per settimana e le mangia fredde, per risparmiare tempo…  

Benché il sogno di essere monaco non si realizzi, non alberga invano nel suo cuore. Anzi, grazie ad esso, la sua vita viene trasformata, trasfigurata. Il santo curato diventa “contemplattivo”: attivo nella contemplazione. Armonioso nella bellezza di coniugare la ricerca del Signore con l’attività pastorale, protesa a “portare frutto” in senso biblico, cioè pregare e far pregare. Tutto il giorno in chiesa a sentire le miserie della gente. Sempre disposto a testimoniare, nell’amore, quel Dio che egli irradia con un volto macerato dalle sofferenze e uno sguardo che già in terra fa intravedere ciò che sarà la nostra eternità: perderci in Dio. Consumarci nell’amore. Vedere Dio faccia a faccia e diventare come Lui.  

Ecco una vita trasfigurata dalla preghiera incessante, dal sogno di volare sempre più in alto e dalla testimonianza che Dio solo basta a riempire la nostra vita. 

Preghiera. Tante volte abbiamo meditato sul valore e la necessità di pregare senza mai stancarsi, affinché, quando Cristo tornerà sulla terra, possa ancora trovare la fede (cfr. Luca 18,1-8). Perciò è sufficiente qui riportare una preghiera che solitamente recitava il santo curato d’Ars:

 «Ti amo, o mio Dio, e il mio solo desiderio

è di amarti fino all'ultimo respiro della mia vita. 

Ti amo, o Dio infinitamente amabile,

e preferisco morire amandoti

piuttosto che vivere un solo istante senza amarti.

Ti amo, Signore, e l'unica grazia che ti chiedo è di amarti eternamente.

Mio Dio, se la mia lingua non può dirti ad ogni istante che ti amo,

voglio che il mio cuore te lo ripeta tante volte quante volte respiro.

Ti amo, o mio Dio salvatore, perché sei stato crocifisso con me,

e mi tieni quaggiù crocifisso con te.

Mio Dio, fammi la grazia di morire amandoti e sapendo che ti amo».

Sogno. «Sono poeta, mercante di stelle. Non m’accontento di meno». Questa intuizione di Novalis ci stimola ad alimentare la vena poetica – la ricerca della bellezza – con la speranza, virtù guida dell’attesa di tempi nuovi, da vivere con un cuore nuovo. È un invito ad alimentare in tante persone il sogno raffigurato nella contemplazione delle realtà eterne, guardando alla stella, simbolo della fede che ha guidato i Magi verso la capanna di Gesù Bambino. La stella: discreta luce tra le tenebre di una oscura notte, in cui troppi brancolano nel buio, lontani da casa. Lontani da un Padre, l’unico che ancora può benedire, incoraggiare, guidare tra paludi e stagni, tra abissi e burroni, tra deserti e savane. Guidarci là dove il sorriso degli angeli crea un’alba nuova, per un nuovo giorno da accogliere come dono, offertoci dal Creatore per amare e lasciarsi amare. 

Capita a ciascuno di noi qualche cosa di analogo a ciò che ha permesso al santo curato d’Ars di alimentare un sogno, un ardente desiderio che lo ha reso mirabile nella sua grandezza e santità. Proprio lui che, quand’era un giovane seminarista, fu oggetto di discussione da parte dei suoi formatori, che non avevano capito di quale intelligenza fosse dotato e perciò volevano allontanarlo dal seminario. 

Anche a noi capita, ripensando alla nostra vita, di avere avuto desideri, ideali e sogni che non si sono mai realizzati. Quanti sono i cattolici praticanti che, nel giorno della Prima Comunione, hanno ripetuto con San Domenico Savio: «La morte ma non peccati»? Quanti  si sono posti la domanda se il Signore li volesse preti o missionari? Quanti  hanno alimentato desideri puri, santi e nobili di essere per tutti un dono, specialmente per la persona che avrebbe dovuto condividere la propria vita fino alla fine dei loro giorni?  

Desideri, sogni, progetti… Poi la vita ha preso un’altra piega, una direzione diversa da quella idealizzata. Dovremmo, forse, per questo vivere di rimpianti? Non è ugualmente bella la nostra vita? Non è “riuscita” bene, al di là delle nostre aspettative? 

È un dono del Signore che i nostri cuori alberghino sogni, anche quando non si realizzano. Brutto sarebbe non sognare. Il sognatore, prima o poi, si accorgerà che «Tutto è grazia», come sempre ripeteva una ragazzina che sognava fin da piccolissima di farsi monaca, è entrata in clausura a quindici anni e a ventiquattro ha raggiunto il Cielo: Teresa del Bambino Gesù, una grandissima santa, Dottore della Chiesa.

«Non tutti i fiori che splendono sui rami a primavera sono destinati a dare frutto. Molti di essi sono creati solo per la loro bellezza, che muore all'urlo del vento. I desideri buoni hanno anche un valore in se stessi. Possono allargare l'animo. Possono essere offerti agli altri con freschezza e amore» (Enrico Dal Covolo). 

Testimonianza. Giovanni Maria Vianney fa una scelta di fondo: mostrare un amore preferenziale per i peccatori, mettendo il massimo impegno e sollecitudine nel ricevere giorno e notte le confessioni dei penitenti. Con preghiere, fatiche e lacrime, si impegna a far cambiare le cattive abitudini dei suoi parrocchiani, e a farli crescere nelle virtù. Cura con amore il sacramento dell’Eucaristia. Si erge a maestro non tanto con le parole, quanto con la testimonianza: «Non c’è bisogno di parlar molto per ben pregare. Si sa che Gesù è là, nel santo tabernacolo: apriamogli il nostro cuore, rallegriamoci della sua santa presenza. È questa la migliore preghiera». «Venite alla comunione, fratelli miei, venite da Gesù. Venite a vivere di Lui per poter vivere con Lui».  «Non dite che non ne siete degni. È vero: non ne siete degni, ma ne avete bisogno!».

Quel seminarista, che doveva essere espulso dal seminario perché non all’altezza dei tempi, è diventato il patrono dei parroci di tutto il mondo, grazie al sogno che ha conservato nel suo cuore: essere un monaco. Monaco nella vita attiva. Monaco che ci insegna ad avere sempre una grande nostalgia di Dio. Monaco che – benché non l’abbia espresso a parole – ha testimoniato a tutti i credenti che l’amore non si merita. Si accoglie.

Valentino