L'amicizia salverà il mondo

Indagine sui valori. Nel tentativo di percepire quale coscienza morale avessero gli uditori delle mie conferenze, agli inizi degli anni Settanta, esordivo chiedendo di rispondere – senza troppo esitare – quale fosse il valore più importante della loro vita. A quei tempi, grande era il divario tra le risposte ottenute al Nord e quelle del Sud Italia. Se, ad esempio, chiedevo che alzasse la mano chi si percepiva bello – senza spiegare che per bellezza intendevo: “splendore di verità” – al Nord nessuno alzava la mano, al Centro qualcuno, mentre al Sud soprattutto i giovani alzavano mani e piedi…

Di fronte alla domanda quale fosse il valore più importante della vita, ovunque la risposta era: l’amicizia per i giovani, la famiglia per gli adulti. Richiesti quali fossero gli altri valori, si ottenevano queste risposte: la vita, il rispetto, il gioco, la salute, l’amore, l’onestà, il lavoro, la vacanza. Purtroppo Dio non era al primo posto, anche se qualcuno si difendeva dal mio amorevole attacco: «E Dio?» dicendo che per “amore” s’intende “naturalmente” Dio…

 Sarebbe interessante se il lettore esprimesse il suo parere su quale ritiene essere il più importante dei suoi valori, sottolineando che cosa si può fare perché possa essere universalizzato e proposto anche agli altri come stimolo a migliorare il vivere comune. Nel frattempo vale la pena continuare le riflessioni precedenti, miranti a cercare il bello, il vero e il buono come base per un’etica e una morale che siano attraenti e utili alla comunità. E poiché ovunque in Italia è stato rilevato che il valore più grande è quello dell’amicizia, su questa concentriamo la nostra attenzione.

 Amicizie nella Bibbia. Possono bastare quattro citazioni:

 - Noemi a Rut: «…dove andrai tu andrò anch’io; dove ti fermerai mi fermerò; il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio. Dove morirai tu, morirò anch’io e vi sarò sepolta. Il Signore mi punisca come vuole, se altra cosa che la morte mi separerà da te» (Rt 1,16-18).

 - Il vero amico è chi «ama in ogni tempo; è come un fratello nei giorni tristi» (Prv 17,17).

 - «Quando Davide ebbe finito di parlare con Saul, l’anima di Gionata s’era già talmente legata all’anima di Davide, che Gionata lo amò come se stesso. (…) Gionata strinse con Davide un patto, perché lo amava come se stesso. Gionata si tolse il mantello che indossava e lo diede a Davide e vi aggiunse gli abiti, la spada, l’arco e la cintura» (1Sam 18,1-4).

- Nel Vangelo di Giovanni troviamo le parole con cui Gesù definisce, in termini di amicizia, il suo rapporto con i discepoli (cfr. capitolo 15).

 Amicizia, sorgente di santità. Aelredo di Rievaulx, abate scozzese del XII secolo, in un monastero in cui aveva raccolto più di seicento monaci ha scritto un trattato stupendo sull’amicizia, basato su queste intuizioni: «Gli amici devono essere semplici, comunicativi, arrendevoli e appassionati delle medesime cose. Nell’amico si devono provare quattro cose: la fedeltà, l’intenzione, il criterio e la pazienza. Per sempre ama chi è amico: anche se rimproverato, anche se offeso, anche se messo sul fuoco, sempre ama. La vera amicizia si ha tra credenti buoni che pongano Dio a fondamento del loro rapporto».

Aelredo prende le mosse dall’opera di Cicerone: “A Lelio, sull’amicizia”, e dalla definizione classica di amicizia come «accordo nelle cose divine e umane in benevolenza e carità»  e compone un trattato (“L’amicizia spirituale”) che si ispira alle parole di Gesù : «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici».

Nell’amicizia deve essere evidente il rapporto reciproco in cui, in pari grado, gli amici danno e ricevono. Non si può confondere amicizia con carità: questa va estesa anche ai nemici, mentre l’amicizia è riservata a quei “buoni” che si aprono reciprocamente ai valori umani e divini.  Il dovere cristiano di amare tutti non annulla l’amore di predilezione che, se vissuto autenticamente, è fonte di gioia e di arricchimento reciproco. «La legge della carità – dice Aelredo – ci fa obbligo di accogliere nel seno dell’amore non solo gli amici, ma anche i nemici. Noi però chiamiamo amici solo quelli cui non temiamo di affidare il nostro cuore con tutto quello che ha dentro, e così fanno anche loro, stringendosi a noi in un legame che ha la sua legge e la sua sicurezza nella fiducia reciproca».

A Sant’Ambrogio, Aelredo è debitore riguardo alle aspettative dell’amicizia: «…fare la volontà dell’amico, confidargli i nostri segreti e tutto quanto abbiamo nel cuore, non ignorare le sue cose più intime… L’amico, infatti, non nasconde niente, se è sincero rivela il suo animo, come il Signore Gesù rivelava i segreti del Padre».

Benché Aelredo parli della sua esperienza, prima come uomo di corte in Scozia, poi come abate di un grandissimo monastero, è convinto che quanto afferma sia utile per tutti, nell’amicizia come nel rapporto tra un uomo e una donna che intendano sposarsi. Tra amici sia palpabile la presenza di Dio, come tra Gionata e Davide, e tra fidanzati e sposi sia chiaro lo stretto rapporto con il Signore: dove c’è amore, c’è  benevolenza, carità, Cristo.

Quale amicizia salverà il mondo?  Guardando alla Bibbia e alla storia medievale, si possono trarre spunti per fare dell’amicizia una sorgente di “moralizzazione” dei nostri tempi. Anche dopo Aelredo la storia ha conosciuto cantori della vera amicizia: «L’amicizia – afferma Benedetto XVI – è uno dei sentimenti umani più nobili ed elevati che la Grazia divina purifica e trasfigura. Come san Francesco e santa Chiara, anche altri santi hanno vissuto una profonda amicizia nel cammino verso la perfezione cristiana, come san Francesco di Sales e santa Giovanna Francesca di Chantal…».

L’amicizia vera – ci insegna la storia cristiana – si trova solo fra coloro che si amano secondo virtù, evitando quindi di peccare, perché l’offesa a Dio e la non realizzazione di se stessi nel bene impediscono che l’amicizia si nutra di valori fondamentali alla vita individuale e collettiva. La ricerca del bene deve spingersi fino a mettere in pratica l’ideale proposto da Cristo: la disposizione a morire l’uno per l’altro. Se la vera amicizia rifugge ogni peccato, si deve concludere che: «può sorgere tra i buoni, progredire tra i migliori, consumarsi tra i perfetti». Così dice Aelredo, memore dell’invito fatto da Cristo: «Siate perfetti come il Padre». Ma poiché gli esseri umani non sono perfetti, possono tendere all’amicizia quanti hanno percorso un certo pezzo di strada e continuano a correre verso la perfezione. L’amicizia deve essere vissuta secondo il modello e l’insegnamento dato da Cristo ai suoi discepoli: una costante tensione verso la pienezza dell’amore di Dio.

Noi saremo ricchi della perfetta amicizia in cielo, quando – finalmente – saremo tutti buoni, non per i nostri meriti, ma per quelli di Cristo che nell’Ultima Cena non ha esitato a dire: «Non vi chiamo più servi (…) ma vi ho chiamati amici, perché vi ho fatto conoscere tutto quello che il Padre mi ha detto».

Valentino