«… e la vita del mondo che verrà»

«Dalla fede nella resurrezione quale tipo di vita dovrebbe dedurre l’autentico Cristiano? Come parlare di speranza nella resurrezione, alla fine dei tempi, a questa generazione che ignora il passato, vive male il presente, esorcizza la morte, la rimuove, appunto perché non vuole guardare al futuro? Che cosa ci aspetta oltre questa vita terrena?».

Parlando dei battezzati, non dovremmo chiamarli “cristiani”, ma CRISTO. Il battezzato è Cristo che vive, oggi, l’esistenza di ogni suo fedele. Per San Paolo, il battesimo è un’immersione nella vita, morte e resurrezione di Cristo e una immedesimazione in lui, che «sarà tutto in tutti», alla fine dei tempi.

Il battezzato è sepolto con Cristo e con lui è già risorto e assiso alla destra di Dio Padre. La vita del credente si modella su quella del Maestro, per cui, pur continuando la sua esistenza, vive come se fosse già morto. Vale a dire: passa tra i beni della terra con il cuore che pulsa nei cieli. Se è insultato, calunniato e perseguitato, mantiene serenità e letizia, tipiche di chi non riceve più alcuna offesa, appunto perché “è morto”, non è scalfito dalle cose negative della terra. E mentre è morto al male, è più che vivo a tutto quello che c’è di bene. Già gode qui, in terra, un anticipo di paradiso.

Però, pur godendo di questo privilegio, pur vivendo di speranza, al credente non è risparmiata la paura per quanto riguarda la vita oltre la morte. La paura non è una novità dei nostri tempi: il Vangelo di Marco termina dicendo che le donne, presso la tomba vuota, sono spaventate e tornano a casa senza dire nulla ad alcuno. L’attuale conclusione del secondo Vangelo non è di Marco: è stata aggiunta in seguito, per coprire l’imbarazzo di una Buona Novella che termina con la paura. L’Evangelista ha fatto ciò espressamente, per invitare il lettore a vincere la paura, rifacendo il viaggio percorso da Cristo verso Gerusalemme, là dove l’esperienza di fede mostra come la morte già profumi di resurrezione.

Anche la prima lettera di San Giovanni parla della paura che il credente può vincere con un supplemento di fede: «L’amore scaccia ogni paura».

La Bibbia ci educa alla speranza e ci fa pregustare la componente ludica della lotta, del sacrificio, dell’impegno a rendere il mondo un luogo in cui si possa sognare, sperare, danzare.
In particolare, nel Vangelo, Cristo si presenta come vincitore del limite, del male e della morte.

«In Lui risorgerà ogni speranza perduta». Come? Molte persone, soprattutto invecchiando o nei momenti di dolore, si pongono tante domande sulla morte, sul nostro ultimo destino, sul fine della nostra esistenza e su ciò che ci attende in paradiso: pur credendo in Dio, pur desiderando vedere il suo volto, sono molto perplesse su quello che ci attende oltre l’ultimo respiro.
Da sempre l’umanità si è scontrata con il tema della fine dell’esistenza terrena. E si è resa conto che la morte di una persona cara è l’unica esperienza che abbiamo del morire. Perché la morte in senso pieno è sperimentata da noi una sola volta, senza che ci venga data la possibilità di raccontarla agli altri.

Dall’origine della storia vediamo gli antenati porre i morti nella terra in posizione fetale, in attesa di una nuova nascita. La Sacra Scrittura ci rivela con certezza l’evento della nostra vittoria sulla morte. Essa però è divisa quando si tratta di precisare il “come” di questa vittoria. Ne ho parlato nel libro a carattere autobiografico “Non si muore. Si nasce due volte” (Ed. Messaggero, Padova). Cerco ora di riassumere le idee più rilevanti, espresse dopo aver raccontato come ho vissuto la morte che molte vote ha bussato alla porta di casa mia e che spesso ho incontrato soprattutto in Africa: la morte di tanti innocenti, uccisi dalla fame o dalla guerra.

Per approfondire il tema della resurrezione, si veda: Daniele 12; Maccabei 7 e 21; 1 Tessalonicesi 4; 1 Corinti 15. In questi testi si comprende che tutto l’uomo, nella sua corporeità, è coinvolto nella resurrezione. Secondo l’Antico Testamento, chi muore scende agli inferi, nell’attesa della resurrezione, quando Dio restituirà a tutti la pienezza fisica, necessaria alla vita che non conoscerà tramonto.

Il libro della Sapienza (scritto alle soglie del cristianesimo, ad Alessandria d’Egitto) è ispirato al platonismo, al dualismo tra anima e corpo. In questo contesto non si parla di resurrezione, ma di immortalità dell’anima. Immortalità diversa da quella platonica, in quanto fa riferimento alla comunione con Dio e alla precedente storia del defunto: storia che non cade nel nulla. Si parla di una beatitudine negli spazi infiniti di Dio (concezione immortalistica).
San Paolo, nella prima lettera ai Corinti, così si esprime: «…si semina nella corruzione, si risorge nell’incorruttibilità; si semina nello squallore, si risorge nello splendore; si semina nell’infermità, si risorge nella potenza; si semina un corpo naturale, risorge un corpo spirituale».
La nostra anima e il nostro corpo saranno in Dio, come il corpo del Risorto: corpo speciale, corpo glorioso, “corpo spirituale”, corpo tutto mosso dallo Spirito Santo.
L’essere umano dopo la morte diventa un corpo luminoso. Pura luce. Perfetta identificazione con il Cristo glorioso, che non è più uguale al Cristo storico. E’ un corpo che ha il volto di ogni essere umano.

Il Vangelo ci garantisce che, nel Cristo totale, «nulla andrà perduto». Tutto vivrà eterno. Come? Dio solo lo sa. E l’ha promesso. Anzi, è un dogma di fede la nostra vittoria totale sulla morte. Il come di questa vittoria non è oggetto di rivelazione. Si sbizzarriscano pure l’esegesi e la fantasia a immaginare cose belle. Anzi, bellissime. A noi basta sapere che il meglio di noi stessi rimarrà per sempre in Dio. L’amore che nutriamo per le persone care non cadrà nel nulla. Vivrà eterno!

Finora la vita sembra una partita a scacchi con la morte. A volte ci sembra un difficile teorema, un complesso rompicapo, specialmente quando vediamo chi muore di fame o vittima di immani cataclismi. Per cui solo rimane la preghiera di invocazione: sia il nostro vivere una festa senza fine.

Festa in cui nulla va perduto. Festa di sguardi e di sublimi reciproche intese. Festa in cui, incontrando una persona, vediamo in essa un fratello, una sorella, anzi… Cristo stesso, nostro ultimo destino. Saremo con lui, gloriosi, assieme a tutti gli amici che con noi danzeranno per tutta l’eternità, al ritmo di musiche sempre nuove, dirette da un impareggiabile Maestro: lo Spirito Santo, l’Amore.

Valentino