Pregando si nutre la propria fede

«A chi ha dubbi di fede i preti dicono di comportarsi come se Dio esistesse, e quindi di non smettere mai di pregare. A chi non crede suggeriscono di “pregare” perché il Signore si manifesti. Come si giustifica questo insistere sulla preghiera? Tu come e quanto preghi? Io, laico, come dovrei nutrire la mia vita di fede?».

«Mea culpa, mea culpa», dovrei ripetere ogni volta che un ateo o un agnostico, guardandomi in faccia, non scopre l’uomo di fede: vuol dire che la mia vita di preghiera è scarsa, o non ha ancora il potere di trasformare il mio volto. Si legga l’affascinante “Racconti di un pellegrino russo”: il protagonista è un anonimo del XIX secolo, la cui vita è stata ribaltata dal volto radioso di uno staretz (mistico orientale) che viveva respirando la preghiera: «Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me».

La preghiera, oltre a essere una giusta lode resa al Signore, ha un notevole potere terapeutico. Molti medici, compresi alcuni che si ritengono atei, non dubitano nell’affermare che tra due pazienti affetti dalla stessa malattia, chi prega affronta meglio il dolore e fa emergere non indifferenti potenzialità curative, proprie del corpo umano. La fiducia in Dio, per chi crede, può operare il miracolo; per chi fatica a credere, può pur sempre evocare nascoste energie. Di certo, meno è la fede, più pesa il dolore.

La preghiera è necessaria per una continua conversione dal limite alla grandezza e dal peccato alla grazia. Conversione sentita indispensabile da chi è sostanzialmente buono, perché sono proprio i buoni che intuiscono il valore di aggrapparsi a Dio, per migliorare la propria condotta di vita.

Un uomo si fa prete o frate non perché è santo, ma perché, come battezzato, sa di avere la vocazione a diventare «buono, misericordioso e perfetto come il Padre», ideale proposto da Cristo a ogni credente. Una donna si ritira per tutta la vita in monastero a pregare, con la convinzione di essere una peccatrice bisognosa di conversione. Per lei la clausura non significa “tagliare i ponti con il mondo”, ma aprirsi all’Infinito. Suore, preti e frati si aspettano che la preghiera trasfiguri il loro volto, nella speranza che i tiepidi, gli agnostici e i “cattivi” (prigionieri dei propri limiti) possano tornare a Dio, se lo vedranno riflesso sui loro volti.

La preghiera è estremamente utile quale mezzo per passare dalla bellezza di questa esistenza alla bellezza assoluta: Dio. Per approfondire questa idea si legga il capolavoro di Sant‘Agostino (“Le confessioni”), là dove il vescovo di Ippona descrive il suo itinerario: dal fascino delle realtà create, all’immersione nella Bellezza che non conosce tramonto.

Sulle orme di Cristo, sulle spalle di Sant’Agostino e ispirato dal “mistico” Leopardi, cerco di nutrire la fede, vivendo la preghiera quale ebbrezza che porta il Poeta a scrivere: «e il naufragar m’è dolce in questo mare».

Pregare: immersione nell’Essere, salto nell’infinito, ricerca dell’essenziale, dilatazione dell’anima, scoperta dei lineamenti di Cristo sul volto di ogni essere umano. Cerco di rendere possibile e facile l’arte di pregare, impostando la mia vita in modo tale da respirare continuamente la parola di Dio. Strutturo la mia giornata così che tutto sia preghiera: al mattino leggo le letture della liturgia del giorno; recito piano piano il breviario per un’ora; scrivo libri di commento alla Bibbia, in modo da essere concentrato continuamente sulla Parola; dalle 18 alle 19 cerco di pregare in sintonia con le persone alle quali ho dato “appuntamento” per incontrarci alla stessa ora nella lode del Signore; mi prendo spazi significativi per celebrare l’Eucarestia; inoltre, quando viaggio, ripeto continuamente la preghiera del pellegrino russo.

Tutto ciò, in parte, può diventare un ideale di vita anche per un laico. Naturalmente gli è richiesto di fare innanzitutto “igiene mentale”: se una persona è particolarmente attratta dai programmi televisivi e ha uno stile di vita in cui è difficile creare oasi di silenzio, non può avere un rapporto sistematico con Dio. Appena alzati (naturalmente, ciascuno si regolerà in base ai propri impegni), ci si può sintonizzare su buoni programmi alla radio e alla televisione che permettano di pregare con il rosario, le lodi e la liturgia eucaristica. Se uno inizia la giornata con pensieri spirituali, può sperare di continuarla nelle mani del Signore. Se, invece, fin dal primo mattino ascolta i telegiornali italiani, semina in sé una serie di notizie negative, che sporcano la mente, disturbano lo spirito e… rendono difficile anche la digestione…

È utile recitare frequenti “giaculatorie”: preghiere brevi, di lode al Signore e di supplica alla sua misericordia. La giaculatoria, etimologicamente, significa “freccia” che si lancia verso il cielo, per stare in costante contatto con Dio.
Occorre ritagliarsi momenti per leggere la parola di Dio e un buon libro che dilati i propri orizzonti spirituali e intellettuali: dalla Bibbia a dai libri si prenderanno spunti per dialoghi tra coniugi e figli, mentre si è assisi a tavola, naturalmente con la televisione rigorosamente spenta e, durante i tempi forti (Avvento e Quaresima) confinata in cantina: sano digiuno televisivo.

Infine, giova formare gruppi di famiglie che si confrontino con la Parola, esercitino la correzione fraterna e, pregando, nutrano la propria vita di valori tanto più divini, quanto più umani; tanto più umani, quanto più divini.

L’ateo Ludwig Feuerbach scrive:«Siamo quel che mangiamo». Come cristiani affermiamo di essere ciò che preghiamo, come preghiamo e per chi preghiamo. Ce lo suggerisce indirettamente un riflessione che papa Francesco ha fatto una quindicina di anni fa, quand’era vescovo di Buenos Aires. Riflessione resa concreta nei gesti di questi primi giorni del suo pontificato:

Una preghiera per ogni dito della mano
1. Il pollice è il dito a te più vicino. Comincia quindi col pregare per coloro che ti sono più vicini. Sono le persone di cui ci ricordiamo più facilmente. Pregare per i nostri cari è “un dolce obbligo”.

2. Il dito successivo è l’indice. Prega per coloro che insegnano, educano e curano. Questa categoria comprende maestri, professori, medici e sacerdoti. Hanno bisogno di sostegno e saggezza per indicare agli altri la giusta direzione. Ricordali sempre nelle tue preghiere.

3. Il dito successivo è il più alto. Ci ricorda i nostri governanti. Prega per il presidente, i parlamentari, gli imprenditori e i dirigenti. Sono le persone che gestiscono il destino della nostra patria e guidano l’opinione pubblica… Hanno bisogno della guida di Dio.

4. Il quarto dito è l’anulare. Lascerà molti sorpresi, ma è questo il nostro dito più debole, come può confermare qualsiasi insegnante di pianoforte. È lì per ricordarci di pregare per i più deboli, per chi ha sfide da affrontare, per i malati. Hanno bisogno delle tue preghiere di giorno e di notte. Le preghiere per loro non saranno mai troppe. Ed è li per invitarci a pregare anche per le coppie sposate.

5. E per ultimo arriva il nostro dito mignolo, il più piccolo di tutti, come piccoli dobbiamo sentirci noi di fronte a Dio e al prossimo. Come dice la Bibbia, “gli ultimi saranno i primi”. Il dito mignolo ti ricorda di pregare per te stesso… Dopo che avrai pregato per tutti gli altri, sarà allora che potrai capire meglio quali sono le tue necessità guardandole dalla giusta prospettiva.