Pellegrini: di esodo in esodo

«L’articolo “Terra Santa: quinto Vangelo” è stilisticamente molto bello, ma dubito che quanto affermi possa servire veramente a far aumentare la fede in persone che non sentono il gusto di cercare Dio nella loro parrocchia. Se per coinvolgere i giovani non bastano i quattro Vangeli, stento a credere che ci riesca il quinto… Ha ancora un senso il proporre oggi un pellegrinaggio? Auguro, comunque, che il tuo articolo affascini e converta almeno qualcuno al silenzio di Dio e al suo mistero di comunione, diventandone specchio e presenza».
 
«Il Signore Iddio prese la bellezza e la divise in dieci parti: ne diede nove a Gerusalemme e una al resto del mondo. Poi il Signore Iddio prese il dolore e divise anch’esso in dieci parti. E di nuovo ne assegnò nove a Gerusalemme e una al resto del mondo». Questa parabola presa dal Talmud può essere vista come stimolo a ogni persona – indipendentemente dal suo credo – a visitare la Terra Santa, con la coscienza che quanto viene affermato di Gerusalemme vale per tutto quel Paese nel quale Gesù nacque, visse e fu messo a morte. Paese che affascina e sconvolge. Paese che è contemporaneamente estasi e tormento.
Per un credente, ripercorrere i luoghi santi è un ritorno alle sorgenti della sua fede per attingere quell’acqua che irriga e fa fiorire i deserti interiori. Come i musulmani sentono l’obbligo di andare alla Mecca, il cristiano dovrebbe sentire il bisogno di intraprendere un pellegrinaggio nella “Terra promessa”.
Tutta la storia della Bibbia può essere letta alla luce di un continuo pellegrinaggio: un passaggio, di esodo in esodo, verso nuovi orizzonti, nuove possibilità di allargare le proprie conoscenze, nuove mete che – mentre fanno approdare alla Gerusalemme terrestre – creano la nostalgia della Gerusalemme celeste, la comune patria in paradiso.
Nell’antichità il pellegrinaggio – soprattutto in Terra Santa – aveva più che altro una funzione penitenziale, dovuta alle difficoltà dei lunghi viaggi: il pellegrino voleva espiare i suoi peccati, rischiando anche la vita per recarsi nei luoghi santi. Oggi, al di là delle comodità della vita moderna, la decisione di recarsi laggiù deve rispondere alla chiamata dello Spirito Santo a mettersi sulle orme di Gesù, intraprendendo un cammino di conversione, di cambiamento di vita, di desiderio di orientare la propria esistenza verso Dio, per conoscerlo e amarlo sempre di più.
 
Certamente occorre partire per il santo viaggio con il desiderio di cercare Dio e di lasciarsi da Lui cercare, oltre che con una necessaria conoscenza del Vangelo e dell’essenza del cristianesimo. Se uno parte completamente “digiuno” dei quattro Vangeli, non potrà aspettarsi che “il quinto Vangelo” lo converta, anche se non è da escludere il fatto che quell’amalgama di culture e di religioni possa essere la premessa per capire la sete che l’umanità ha di Dio e per sperimentare l’amore di Dio per l’umanità.
 
 Là il messaggio di Gesù risuona con un fascino difficilmente descrivibile a parole: occorre respirare quell’aria, imbalsamata di spezie orientali e di incenso; camminare per le strade guardando in faccia le persone; capire i loro silenzi; apprezzarle nei loro sforzi di continuare a pregare, perdonando i loro limiti accentuati dal passare dei tempi che, purtroppo, fomentano il fondamentalismo e sfociano nel secolarismo.
E passare attraverso questa gente con lo spirito del “pellegrino russo”: «Per Grazia di Dio sono uomo e cristiano, per le mie opere un gran peccatore, per condizione il più umile dei pellegrini, un senza tetto che va errando di luogo in luogo. I miei unici beni sono una sacca sulle spalle con un poco di pane secco, e sotto la camicia porto la Sacra Bibbia. Nient’altro mi appartiene» .
Con la Bibbia in mano, il pellegrino cammina alla ricerca di Dio verso Gerusalemme, avendo in mente il Vangelo di Luca che riassume la vita di Cristo in un unico, lungo pellegrinaggio verso la Città Santa, che la tradizione ebraica vede come il luogo in cui furono creati Adamo ed Eva, il luogo in cui Abramo era disposto a sacrificare suo figlio Isacco, il luogo di ogni promessa e benedizione: «Il mondo – dicono gli Ebrei – è come l’occhio: il bianco è il mare, l’iride è la terra, la pupilla è Gerusalemme e l’immagine in essa riflessa è il tempio di Sion».
Il tempio materiale, sede della presenza dell’Altissimo, conquista il cuore del pellegrino che rivive gli eventi della salvezza, facendo memoria e attualizzando – grazie alla celebrazione dell’Eucaristia – ciò che Cristo fece duemila anni fa. Certo, anche nella propria parrocchia si possono rinnovare le promesse battesimali, matrimoniali e quelle della Cresima, ma se ci si reca in pellegrinaggio in Terra Santa con un gruppetto di non più di venti persone, con una buona guida archeologica e una guida spirituale discreta (dico discreta, perché le molte parole possono offuscare il mistero) si può vivere l’esperienza di esercizi spirituali itineranti. La fede di un amico sorregge la debolezza di un altro. La carità diventa fascino. La correzione, balsamo. Il proprio limite non fa paura perché ci si mette in fila, uno dopo l’altro, per sostenersi a vicenda. Soprattutto quando si va all’altare per ricevere l’Eucaristia: lì non si forma la fila dei perfetti che si ritengono degni di ricevere il corpo di Cristo, ma la fila dei peccatori che s’incoraggiano l’un l’altro: «Va’ a nutriti del Pane di Vita, non perché lo meriti, ma perché ne hai bisogno». Ed è bello fare ciò a Cafarnao, sulle rive del lago, dove Gesù pronunciò quel famoso discorso magistralmente riassunto da Giovanni nel suo Vangelo: «…senza di me non potete far nulla … Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna».
Vita eterna da raggiungere aggrappati a Cristo che si definisce “via, verità e vita”. “Via” perché, come accennavo all’inizio, tutta la Bibbia si riassume in un continuo esodo: dall’Eden alla terra dove si guadagna il pane con il sudore della fronte; dalla Mesopotamia – terra in mezzo ai fiumi – all’Egitto; dall’Egitto verso la Terra promessa; dalla Terra promessa all’esilio a Babilonia; da Babilonia alla terra di Canaan, per ricostruire il tempio… E poi, il grande esodo del Verbo: dal grembo del Padre al grembo della Vergine, per iniziare un cammino che ora la Chiesa porta avanti, in tutti gli angoli della terra, per tenere viva la speranza di un giorno in cui – nella Gerusalemme celeste – ogni lacrima sarà asciugata. Non ci sarà più né lutto né lamento. Non ci sarà più bisogno di pellegrinaggi al tempio, perché «il Signore Dio, l’Onnipotente, insieme all’Agnello, è il suo tempio» (Apocalisse 21,22).
Là, «concittadini dei santi e familiari di Dio», loderemo per tutta l’eternità quel Signore che ci ha dato la nostalgia di Lui, ci ha messo in cammino per le strade del mondo a cercare il suo volto, ci ha invitato a vivere con una tenda a spalle verso la patria del Cielo, perché «non abbiamo qui una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura» (Ebrei 13,14). Pellegrini assetati d’Infinito. Valentino Salvoldi

Valentino