Terni, 1 aprile 2012

Volare sulle ali della croce

Venerdì precedente la settimana di passione. In un bellissimo parco, di notte, i giovani drammatizzano la via crucis, secondo il Vangelo di Marco. La pesante croce, trascinata a fatica dal Gesù del 2012, lascia una lunga traccia sul sentiero doloroso. Gesù non passa mai in vano. Lascia un segno. Sempre.

La sacra rappresentazione si conclude in un convento di clausura delle suore Clarisse. Lì una giovane postulante offre la sua testimonianza, oltre la grata: “L’anno scorso anche io ero una di voi, dall’altra parte. Ma la croce ha lasciato in me una profonda traccia. Per un po’ ho cercato la clausura del cuore. Poi ho fatto il salto … e sono qui ad adorare la croce. E il Crocefisso riempie la mia vita”.

Sabato. In una grande sala incontro studenti liceali. Noto su una parete l’impronta di una croce che è stata rimossa. Inizio la relazione indicando agli studenti il segno bianco lasciato dal crocefisso. Qualche secondo d’ imbarazzante silenzio e poi cambio il tema dell’incontro. Parlo del mistero del dolore illuminato dal misero di Dio. E concludo: “Senza Dio il mondo appare assurdo. Con Dio rimane mistero. Meglio, comunque, abbracciare il mistero che lasciarsi soffocare dall’assurdo”.

Domenica delle palme. Fuori dalla chiesa, seduto per terra, un anziano colombiano, sereno, stende la mano al passante. Lo invito a colazione. Positivamente sorpreso, accetta con un bel sorriso. Tra le tante confidenze una è un capolavoro: “Sono talmente povero da non avere neppure un padrone”. E mi mostra la sua ricchezza: una croce di legno , sotto la logora, maleodorante camicia.

In tre giorni, quattro richiami alla croce, quali provvidenziali stimoli a vivere la settimana santa immedesimandomi nei Vangeli che narrano la passione di Cristo e … di Giuda.

Fiorisce l’albero della croce su cui pende Cristo. Inaridisce e muore l’albero su cui Giuda s’impicca.

Tre chiodi e una corda. Stessa, straziante fine: una benedetta e l’altra disperata. Morte di Cristo: salvezza universale. Morte di Giuda: perenne monito alla vigilanza per non soccombere nell’ora della prova.

Nel rileggere, oggi, più volte la passione, mi sento fratello dell’impiccato. Sospeso tra cielo e terra, cammino su una fune, alzando gli occhi verso il Redentore, verso la pasqua eterna.

Nell’attesa dell’alleluia della resurrezione, contemplo la croce. La sua. La mia. Una croce che non devo piallare, ma abbracciare. Non dimostrare, ma amare. Non spiegare, ma adorare.

Solo allora capirò, e a Dio darò ragione: la croce formerà le mie ali e mi introdurrà in un amore più forte della morte. Mi trasformerà in quell’amore che nessuna tomba può contenere. Come Cristo … risorgerò.

Valentino