Calma e silenzio, nostra grande forza

Intuita la gravità della situazione, sento che non posso rimandare l’appuntamento, fissato a un McDonald’s tra Milano e Pavia. L’amico ha bisogno di sentirsi dire che Dio c’è e lo perdona.

Non siamo in una cattedrale romanica o gotica, né in una caratteristica chiesetta lombarda, ma in un “tempio” del consumismo, tanto distante dalla nostra cultura: assordante musica pop, enormi panini inondati di grassi e farciti all’inverosimile – un vero e proprio insulto al buon gusto della cucina italiana –, patatine fritte e grossi bicchieri di carta stracolmi di bibite che distruggono lo stomaco e non hanno nulla in comune con una sana birra o un classico vinello rosso, che pure San Paolo suggeriva al discepolo prediletto, Timoteo: «Non bere solo acqua, ma prendi anche un po’ di vino» (1Tim 5,23).

Ma anche in un McDonald’s si può parlare di fede e mettere alle strette l’amico: «Smettila di tormentarti: lasciati perdonare e amare da quel Dio che ti chiede soltanto di credere nella sua misericordia e, ricevuto il suo perdono, perdona te stesso».

Mentre sto tornando a casa, ecco una telefonata: «Dove è Dio?», chiede una roca voce maschile. L’interlocutore si rifiuta di identificarsi, usando un telefonino dal numero nascosto. Cade la linea. Di nuovo uno squillo e la stessa domanda. Rispondo che sono in macchina e che non sono solo. Di nuovo cade la linea e, quando posso parlare, balbetto che Dio è in lui, in me, in tutti quelli che lo cercano con un cuore sincero. Data la difficoltà di parlare a uno sconosciuto su un tema così affascinante e tremendo, gli propongo di telefonarmi alla sera, sul numero fisso, ma… non mi richiama.

Verso la mezzanotte arriva un amico, moralmente distrutto dal fatto che la sua ragazza l’ha lasciato, dopo vari anni di fidanzamento. Mi chiede se può ancora credere nell’amore e… in Dio.

C’è da sperare che la vita degli altri preti sia un po’ più “normale” di quella che sto conducendo, anche se sono contento della mia: nella calma e nel silenzio trovo la mia forza e sono continuamente stimolato a parlare dei sempre affascinanti e mutevoli volti di Dio e di questa vita, pure essa bella proprio nella sua quotidiana varietà. Dio e vita da non prendere per scontati, né da percepire come problema, bensì come chiave per entrare nel segreto della nostra esistenza, da vivere in pienezza: «Io sono venuto al mondo – ha detto Gesù – perché abbiate la vita e l’abbiate in abbondanza».

Fede e pienezza di vita, in questo momento della mia esistenza, prendono il volto dello sconcertante silenzio che permise al profeta Elia di incontrare Dio nel deserto. Silenzio suggerito da Isaia: «Nel silenzio e nell’abbandono confidente è la vostra forza».

Tanti problemi che angosciano la presente generazione sono generati dalla preminenza data all’azione, a scapito della contemplazione. Al fare, a scapito dell’essere.

Può avere un significato valido e duraturo un’azione che non nasca dal profondo del nostro essere? Può avere un senso quella parola che non nasce dal silenzio?

Un essere “frammentato” e devastato dal fare non può produrre frutti d’amore. Una persona che non prende in mano se stessa e non si lascia guidare da chi la ama veramente non si realizza, non vive in pienezza la sua esistenza e non permette neppure a chi la circonda di avere un rapporto bello, ludico, utile per sé e per gli altri. Chi non cura il proprio essere, regalandosi spazi di silenzio, di preghiera e di studio, presto si svuota e trascina nel baratro pure le persone più care.

Chi non ha una vita piena di valori umani e spirituali, prima o poi perde Dio e il gusto di vivere, legato spesso a quella gioia di cui sapientemente parla Chesterton : «La maggior parte degli uomini è stata costretta a essere allegra per le piccole cose, ma triste per quelle grandi. Tuttavia, non è insito nell’uomo essere così. L’uomo è più se stesso, più simile all’uomo quando in lui la gioia è un elemento essenziale e il dolore superficiale. La malinconia dovrebbe essere un innocente interludio, una disposizione dello spirito tenera e fuggitiva, e la lode dovrebbe essere il palpito perenne dell’anima».

Aggrappati all’Assoluto, paghi di vivere lodandolo, si redime e si riscatta il relativo. Aggrappati al vuoto di un’esistenza riempita di impegni, appuntamenti, rumori e attività – onde evitare il rischio di pensare – è facile cadere in quell’abisso di insignificanza e di peccato che… invoca altro abisso di altra insignificanza e di altri peccati, fino a che la vita diventa miserabile. La può salvare quel segno di croce che suggella la remissione dei peccati, donata e accolta… là, in un McDonald’s, o – all’una di notte – nello studio di casa mia, gioiosa cella del mio monastero…

E a quell’anonimo dalla voce rauca, che mi sfida: «Dove è Dio?», potrei rispondere di uscire dalle tenebre e di lasciarmi ripetere quello che Gesù disse ai discepoli di Giovanni Battista: «Venite e vedrete».

E l’invito è rivolto a tutti. Solo mettendoci in cammino incontreremo Cristo, l’Unico che placa la nostra inquietudine, distrugge le tenebre dell’insignificanza e del peccato, traendoci dal buio alla luce più viva. Cristo: garanzia di riscatto di questo limitato numero di giorni, avuti in dono alla nostra nascita e da lui resi pieni, vivi, gravidi di mistero. Resi eterni, grazie a Colui che solo può dire: «Io sono», e «Senza di me, nulla potete fare».

Con Cristo restiamo giovani e freschi come lo eravamo da piccoli, innamorati di Dio e della vita, paghi del sole, dell’abbraccio dei genitori, dell’amore dei fratelli e del sogno di portare a compimento quel progetto che la divina Provvidenza aveva posto nella nostra culla.

Sogno facilmente realizzabile per chi si aggrappa al Maestro per antonomasia e cammina alla guida di chi, avendo vissuto una forte esperienza di fede, può regalare spazi di silenzio, di preghiera e di meditazione, all’ombra di un campanile, o sulle solitarie vette dei monti, o nella sua cella, dove – anche all’una di notte – è disposto ad ascoltare, a concedere il perdono e a far sperimentare quel silenzio e quell’abbandono confidente nel quale riscopriamo Dio, noi stessi e il gusto di vivere.

Valentino