Un amore che perdona e risana

Più che i commenti scritti all’ultimo articolo: “Alla ricerca di esperienze belle”, le molte telefonate ricevute da vari amici esigono una risposta. L’uomo che perdona la moglie traditrice e accetta come suo il figlio “frutto del peccato”, mentre suscita ammirazione e commozione in molti, lascia perplessi quanti, dietro parole pur belle, percepisce una situazione poco chiara: senso di superiorità, esibizionismo, rischio di cadere in quella situazione così stigmatizzata dalla cultura francese: “Chi vuole fare il santo subito, fa la bestia”.

Non posso entrare nel mistero di una coscienza scossa da un’immane dolore del quale l’amico in questione mi fa partecipe. Non prevedo neppure quale sarà il risultato di questo perdono gratuitamente offerto. Provo ad abbozzare alcune idee che nascono in me come seguace di Cristo e come innamorato della nonviolenza. E affronto la questione non dal punto di vista psicologico – in casi del genere è necessario farsi aiutare anche da uno psicologo che abbia sani principi etici – bensì come teologo morale: non sta a me dare orientamenti concreti, bensì ascoltare, aiutare i coniugi nel loro confronto, allargare i loro orizzonti e far loro respirare l’essenza del cristianesimo.

Il Vangelo è chiaro a questo proposito: “Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: “Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?”. E Gesù gli rispose: “Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette”.

E non solo il perdono, ma addirittura l’amore per i nemici: “Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Se voi perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe”.

Sulla croce Gesù, oltre a perdonare, giustifica i suoi persecutori: “Padre, non sanno quello che fanno”.

Concordo con Mario Canciani: “Si può anche non essere perdonati dagli altri, o trovare freddezza e distanza nella persona con cui vogliamo riconciliarci; ma la risposta di Dio alla nostra preghiera viene data dentro di noi. È Dio che fa l’opera di riconciliazione. Dio è il perdono dei nostri peccati”.

La sapienza dei nonviolenti ci induce al perdono, come al miglior dono che noi facciamo a noi stessi, come a una forza che ci aiuta a stare bene con noi stessi, a liberare quel prigioniero che siamo noi quando non perdoniamo: “Errare è umano, perdonare è divino”. (Alexander Pope). “Il perdono è l’essenza dell’amore. Amare è perdonare, perdonare è amare. (Andrew Greeley). “Il perdono è l’ornamento dei forti”. (Mahatma Gandhi)

Mentre accosto l’amico che perdona la moglie, mi commuove il modo con il quale egli la guarda. Il silenzioso sguardo d’amore vale più di mille doni. L’umile gesto di riconciliazione è già un anticipo di paradiso in terra. Nuova creazione, la generosa offerta di perdono.

E mi convinco sempre di più che è un dono di Dio essere capaci d’amare. Da solo l’uomo non può sperare di amare come Dio ama, di avere un “possesso” armonioso del proprio e dell’altrui corpo, di fare del bene ad un essere limitato e peccatore, di perdonare, anzi, di amare chi è causa di un immenso dolore.

Se un Dio non si fosse curvato su di noi per sollevarci dal nostro limite, diventando uno di noi e additandoci ideali sublimi, come quelli espressi nel discorso della montagna, sarebbe prevalsa nell’umana esistenza quella cattiveria che muta l’amore in odio o quella debolezza che fa scegliere il male anche là dove il bene è visto e approvato.

La Bibbia testimonia l’amore di Dio per l’umanità e insegna che particolarmente quanti fanno l’esperienza di lasciarsi amare da lui riescono ad amare autenticamente il prossimo. E crescono nell’amore nella misura in cui si sentono perdonati dalle loro omissioni o dalle loro colpe: “… le sono perdonati i suoi molti peccati, perché molto ha amato. Invece quello a cui si perdona poco, ama poco” (Lc 7,47).

L’estensione dell’amore è messa in evidenza dalla parabola del buon samaritano: inutile chiedersi chi sia il mio prossimo. La domanda piuttosto è da porsi in questi termini: “Quando posso ritenermi prossimo degli altri?”. E la risposta è chiara: quando guardo in faccia alla gente, quando sento compassione (il buon samaritano sente muovere le sue viscere; il sangue gli parte dalla punta dei piedi e corre svelto fino al cervello) e quando faccio qualche cosa per lenire il dolore.

Se l’umanità (o perlomeno la cristianità ) avesse creduto nella forza terapeutica del perdono come lo presenta Cristo nel discorso della montagna, quante guerre avrebbe evitato! Ma purtroppo la parola del Maestro non è ancora diventata vita per la nostra cultura, come giustamente rimprovera Gandhi: “I cristiani hanno un cielo bellissimo (le beatitudini), ma non lo sanno contemplare”.

… Mi rendo conto, scrivendo, che non sto rispondendo a chi vorrebbe che entrassi in merito alla situazione dell’amico tradito. Non ci riesco. Anche perché l’invecchiare mi porta ad essere cauto nell’entrare nella vita degli altri, mentre capisco che devo essere determinato nell’entrare nella mia. E più penso a me stesso, più mi sento a mio agio nel cantare la misericordia del Signore. Lui mi ha fatto capire che il peccato consiste nel non realizzarmi e nel buttare via i doni che il Signore mi ha dato. Ma io non sono il mio peccato. Non devo continuare a piangere il mio sbaglio. Lo confesso, poi perdono me stesso e ricomincio da capo.

E trovo gioia nel pregare: Sia in me virtù ciò che nel bambino è dono: semplicità e purezza, disponibilità e sorriso. Sia per me dono ciò che nell’uomo è utopia: giustizia e perdono, lotta e contemplazione.

Queste le idee che, nel mese di novembre, farò presenti ai formatori del clero della Costa d’Avorio, paese appena uscito da una lunga guerra civile, riecheggiando quello che disse Giovanni Paolo II: “Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono”.

Valentino