Zanzibar, 16 agosto 2011

“Vista la folla ebbe compassione”

Arrivo con qualche minuto di ritardo a pranzo e i preti mi hanno lasciato solo un po’ di riso freddo e un cucchiaio di fagioli, ma anche quel poco è troppo per il mio stomaco chiuso a causa del recente incontro in riva al mare

Quel mattino avevo scelto un posto solitario lungo la spiaggia di Zanzibar e mi ero immerso in una preghiera silenziosa lasciandomi trasportare in un idillio armonioso con il tutto.

Ma non ero solo come pensavo: un uomo rimasto seduto in disparte, poco lontano da me, ora, si stava avvicinando. Aveva voglia di parlare con qualcuno e, senza attendere il mio assenso, aveva cominciato a raccontarmi la sua storia.

Quarant’anni; etiope; una moglie e tre figli che vivevano ad Addis Abeba, pigiati dentro una sola stanza senza materasso, senza cuscino e con pochi, miseri vestiti. La moglie, impegnata a racimolare un po’ di spiccioli, rivendeva sulla strada quello che comperava al mercato: pomodori, patate e cipolle. I figli vivevano sulla strada senza poter andare a scuola perché privi dei soldi necessari per pagare le tasse. E lui, pescatore, venuto a piedi dall’Etiopia, faceva la fame a Zanzibar.

L’unico periodo in cui le cose andavano un po’ meglio era il mese di Ramadam quando i musulmani, obbligati a condividere gli avanzi del loro pasto serale con i poveri, gli garantivano almeno un pasto giornaliero.

Terminato il racconto di tutti i suoi guai, aspettandomi la rituale richiesta di soldi, l’avevo prevenuto mostrandogli che non avevo un centesimo in tasca. Ma la cosa non pareva interessarlo: desiderava semplicemente un po’ di compagnia. Ma per me la sua era una presenza ‘imbarazzante’. Non riuscivo più a studiare, pensare e pregare.

Passava il tempo. Dagli hotel e ristoranti che fanno da corona alla spiaggia si sprigionavano i profumi dei cibi in preparazione. E il mio pensiero andava ai 300 dollari per notte pagati da alcuni clienti per dormire in quegli hotel. 300 dollari per una notte, in un paese il cui salario medio è di circa cento dollari mensili.

E quando, verso l’una del pomeriggio, mi apprestavo a raccogliere le mie cose e fare ritorno alla curia per il pranzo non potevo fare a meno di riflettere sul fatto che i cinque dollari che avrei speso per il pasto mio e dei miei confratelli rappresentavano comunque una fortuna per quell’uomo.

Quel mattino l’etiope e i giorni precedenti altri casi, altre richieste. Ogni giorno il colore della mia pelle attira gli affamati, verso i quali mi sento impotente. La mia elemosina non risolverebbe certamente i problemi dell’Africa, che esigono risposte basate sulla giustizia distributiva. Ma il senso d’impotenza cui alludo si trasforma in tristezza al pensiero che neppure i miei giovani amici leggono quanto scrivo e gli adulti … gli adulti spesso non sono disposti a cambiare stile di vita. Perciò che cosa altro mi resta se non questa preghiera?

Tramonta il sole e tu, Figlio di Dio,
te ne vai sull’alto monte a pregare.
Trascorri l’interminabile notte
a cercare il volto di tuo Padre.
Solo, rimani avvolto nel silenzio
in attesa che una lama di luce
si stagli nel lontano orizzonte
quale preludio di un’alba radiosa.
Non ti allontani dalle inquiete folle
ma le attiri a te sulla montagna
per mostrare divina compassione.
 
Pietà anche di me, mio Signore.
Dammi fede per compiere prodigi.
Attirami a te sulla montagna
là dove lo spazio è un canto al tuo Nome,
il tempo, profezia dell’eterno,
il silenzio, una continua lode.
Redento dalla tua compassione
avrò anch’io pietà dei miei fratelli.
Ascolterò il suono della tua voce:
“Voi stessi date loro da mangiare”
e mai nessuno più sarà indigente.

Valentino