Prima martire del creato. Dorothy Stang

Chi era Dorothy Stang? E perché è stata uccisa?

Dorothy Stang è la prima martire del creato. Missionaria statunitense, della congregazione delle suore di Nostra Signora di Namur, ha vissuto in Brasile, lavorando a fianco degli “ultimi della terra”, per difenderli dalle atroci ingiustizie dei latifondisti. E’ stata assassinata nel 2005 mentre si trovava ad Anapu, nello Stato brasiliano del Parà, Paese che detiene i record nelle deforestazioni, negli abusi dei diritti umani e nei crimini ambientali.

Suor Dorothy si inserisce nel fermento culturale e sociale che affonda le sue radici nella Teologia della liberazione e nel fervente impegno sociale che seguì la Conferenza dei Vescovi dell’America Latina tenutasi a Medellín nel 1968.

Ella s’impegno con tutte le sue forze a sostegno di una Chiesa che fosse voce profetica di giustizia sociale. Lottò per difendere la foresta amazzonica dalla fame di soldi dei latifondisti, dove tutto si trasforma in distruzione, rapina, morte. A chi le chiese se nascondesse delle armi, rispose alzando la Bibbia, l’unica sua arma. Ed è stata crivellata di colpi di mitragliatrice proprio mentre mostrava la parola di Dio.

Nel suo libro cosa ha voluto sottolineare e come si è documentato?

Ero stato nella foresta amazzonica subito dopo l’assassinio di Chico Menses (1988) ed avevo incontrato persone fantastiche, gioiose testimoni della loro fede. Mi avevano colpito soprattutto le suore, la loro fede, la loro dedizione e la loro capacità di affrontare rischi e martirio per testimoniare il loro amore a Cristo , che si incarna e vive in ogni essere umano.
Quando venni a conoscenza della tragica fine di suor Dorothy Stang, ho cercato di leggere tutto quello che si trovava sui giornali e su internet. Ho raccolto tanto materiale che ho coordinato accostandolo alla teologia della Chiesa sulla salvaguardia del creato. Ho presentato le mie note alle suore americane di Namur, per invitarle ad aprire il processo per le beatificazione della loro consorella, ed esse mi hanno supplicato di pubblicarlo.
Con questo scritto ho voluto sottolineare la gioia di appartenere ad una Chiesa che si fa voce profetica di giustizia sociale; lotta per difendere la foresta amazzonica dalla fame di soldi dei latifondisti ; soffre e prega per la conversione dei peccatori accecati dall’insaziabile brama di soldi e di terra.

Accostare un personaggio come Dorothy Stang cosa ha cambiato nella sua vita?

Mi ha rafforzato nella convinzione che l’umanità si convertirà non tanto con le parole quanto piuttosto con il sangue dei martiri, con la gioiosa testimonianza di chi, credendo e sperando, dilata i propri confini dell’amore, sforzandosi di farsi dono totale per i poveri perseguitati e per la conversione degli sfruttatori. Come ha fatto Cristo che non solo ha perdonato ai suoi crocifissori, ma li ha anche giustificati: “Padre, predona loro perché non sanno quello che fanno”.

Mi ha affascinato l’esistenza di suor Dorothy perché essa è tutta un inno alla vita, reso ancora più intenso da quell’assassinio che ha distrutto il suo corpo, ma ha esaltato un messaggio valido per l’Amazzonia e per l’intero pianeta. Si può sparare a un corpo, ma non alle note della canzone cantata da una persona «folle per amore», innamorata delle Beatitudini.

Quale eredità spirituale ci ha lasciato Dorothy Stang?

La prima martire del creato ha richiamato l’attenzione mondiale sulle tematiche legate alla salvaguardia del creato, che ho cercato di riassumere nella seconda parte del mio studio, riportando soprattutto le idee emerse nei dialoghi ecumenici delle Chiese cristiane dall’inizio del secolo scorso.

Le Chiese, forti dell’eredità spirituale di suor Dorothy, proclamano che questa umanità sta a cuore a Dio. Nel suo progetto eterno il creato è stato concepito come un luogo provvidenziale, in cui la regalità divina si manifesta nello sconfiggere il male e nel comunicare all’essere umano il potere di avere cura della terra e di continuarne, in un certo qual modo, la creazione.

La storia di Dorothy mette in evidenza il fatto che il progresso provoca – assieme a tante cose buone – anche vittime e sopraffazioni. Nel conflitto d’interessi ci si deve mettere dalla parte degli ultimi, dei piccoli e dei poveri. Si deve difendere il diritto alla differenza, alla convivenza e alla coesistenza pacifica di ogni essere umano affinché si possa essere in grado di ripetere con il Salmista: “Benedici il Signore, anima mia,sei tanto grande, Signore, mio Dio! Sei rivestito di maestà e di splendore, avvolto di luce come di un manto”.

Questo Salmo (104) descrive un mondo «in cui giustizia e pace si abbracciano». Un mondo com’era nei sogni del Creatore. Un mondo che permette a me credente, di «cantare al Signore finché ho vita, cantare inni al mio Dio finché esisto».
In questo mondo che «soffre e geme come nelle doglie del parto» questa suora si erge come possente voce profetica a riscattare con il suo sangue le ingiustizie e a tener viva la speranza dei poveri e degli oppressi. Degno emblema e vivente sintesi dell’enciclica di Benedetto XVI Spe salvi: la fede è speranza che si consuma in amore.

Lei scrive che Dorothy, “prima di preoccuparsi dell’ecologia ambientale, ha curato l’ecologia del cuore”. Cosa intende con questa espressione ?

Nel mio testo ho cercato di parlare sempre del creato, anziché usare il termine “ambiente”. Così facendo vorrei richiamare il lettore al fatto che chi scrive è un credente, un essere che si ritiene una creatura e, come tale, fa riferimento al Dio Creatore. Quando parlo di ecologia amo partire da quell’”ambiente” che è innanzitutto il cuore di ogni essere umano. Se il cuore è puro – e per purezza la Bibbia intende soprattutto riferirsi all’arte d’amare: puro è chi sa essere un dono totale per Dio e per i fratelli – tutto diventa puro, dice la Bibbia. Tutto diventa santo, vale a dire collegato a valori eterni che rendono bello il nascere, interessante il vivere e curioso anche il morire: “Nulla andrà perduto”, ci ha assicurato Cristo. Tutto quello che realizziamo sulla terra , tutti i nostri sogni e soprattutto i nostri più vivi desideri troveranno il loro compimento in cielo. E che altro sarà il paradiso se non un desiderio reso eterno?

Lei elenca otto principi sui quali si fonda la teologia del Creato e che ispirarono l’operato di Dorothy Stang, il primo dei quali è il “senso della meraviglia”. Conservare la capacità di meravigliarsi, di gioire per le bellezze della Terra, è fondamentale per la salvaguardia del pianeta ?

Non solo, ma è il presupposto per godere del dono della fede. Amo spesso citare Chesterton: “Il mondo non finirà per mancanza di cose belle, ma per la mancanza del senso della meraviglia”.

Dorothy non perse mai questo spirito gioioso e come lo manifestava?

Fonte della sua gioia era la preghiera, basata sulla meditazione della parola di Dio e sulla contemplazione del Signore nel creato. Oltre a concedersi momenti di pausa, a volte anche prolungati (come nell’anno sabbatico), manifestava la sua gioia di vivere nell’esaltazione del corpo umano, icona della Trinità. Non nascondeva quanto il suo corpo desiderava. A lei piacevano la danza e il gelato. Quando ritornava in patria, cercava di organizzare serate festose con familiari e consorelle. Anche durante i convegni, pur sapendo che la spada di Damocle pendeva sulla sua testa, pur prevedendo la fine che ha fatto, riusciva a creare ambienti in cui si respirasse la gioia di vivere tipica di una credente. Quanto al gelato … poveretta!, per ani e anni si è sfamata di fagioli e poco più, ma a casa sua, durante le vacanze, accettava il dono di chi, conoscendo questa sua “debolezza”, le offriva qualche coppa di gelato. E la vacanza era prevista ogni tre anni.