Gli idoli bruciati dai cresimandi
In preparazione alla Pentecoste del 2011, sono invitato a tenere un ritiro spirituale a una quarantina di cresimandi e ai loro genitori e padrini. Naturalmente, le conferenze sono separate perché i tredicenni mal sopporterebbero la presenza degli adulti. A questi parlo della necessità di liberarsi dalla dittatura del relativismo, mentre con i ragazzi sviluppo il tema del bisogno di un’esperienza forte per alimentare la fede, e della necessità di avere un maestro di vita, gioioso nel proporre quei valori che danno un gusto al vivere e nell’introdurre al silenzio, guardiano dell’anima.
Interessanti i ragazzi e deludenti gli adulti, che mi rimandano all’amara constatazione del cardinale Bagnasco: “Non sono un problema i giovani, ma i loro genitori”. Per non creare dei disadattati, i genitori non negano più nulla ai figli. Per essere in linea con il “politicamente corretto”, alcuni non esitano a garantire loro, fin da piccoli: “Papà e mamma ti vorranno bene anche se ti metti con una persona del tuo stesso sesso”. Per difendere la loro cultura e il loro futuro, ammiccano a quanti sarebbero disposti a respingere i barconi degli immigrati.
È affievolito il concetto del bene e del male: sono il sentire comune, il voto e i referendum ad influenzare anche i cristiani nella scelta dei valori, anziché l’etica e la morale. L’etica è la ricerca del bene comune, scoperto con la ragione. La morale presuppone l’etica e chiede un aiuto alla Rivelazione per facilitare il cammino verso quella bellezza, bontà ed eroicità che salvano il mondo. La tristezza creata da questi adulti – vittime del relativismo – è stata lenita dalla freschezza del rapporto con i cresimandi e dalla loro richiesta di mantenere la relazione con me anche dopo la cresima, oltre alla sorprendente scoperta che tutti hanno un comune idolo da abbattere: l’informatica.
Alle conferenze i ragazzi erano attentissimi, ponevano domande e non temevano di manifestare sentimenti di stima e di riconoscenza per l’anticipo di fiducia loro concesso e per le parole rassicuranti, delle quali hanno estremo bisogno. Al termine del ritiro, di notte, attorno al falò, ho chiesto a tutti di scrivere una preghiera allo Spirito Santo per ringraziarlo dei suoi doni e per chiedergli la grazia di liberarli dal peggiore dei loro idoli. Prima di bruciare il foglio, ho domandato se fossero disposti a leggerlo davanti a tutti. Solo una ragazza ha preferito non rivelare quanto aveva scritto. Tutti gli altri hanno espresso il desiderio di bruciare l’idolo del computer, del telefonino, di Facebook e di You Tube. Tutti, senza eccezione. E siccome essi stessi si sono meravigliati d’avere il medesimo problema, mi hanno guardato con occhi imploranti un “misericordioso” giudizio. Implorazione che prese voce nel più “disperato” dei cresimandi: “Ma… questa promessa, forse… Cioè… vorrebbe dire che non possiamo più… ecco: mi capisci, ne’?”.
E che sospiro, quando ho detto loro che il Signore è già contento del loro progresso: l’aver preso coscienza di un idolo dal quale occorre mettersi in guardia. Li ha rassicurati l’idea che il buon senso e la legge della gradualità insegnano che: “Chi vuole fare il santo subito, fa la bestia”. Poveri “nativi digitali”!
Il personal computer e il cellulare sono diventati una propaggine del loro corpo e sarà duro per loro arrivare al “silenzio digitale”, staccare la spina da Internet, andare oltre l’immediato che viene proposto dai mezzi di comunicazione sociale. Lungi da me il demonizzare i mass media, dei quali vado più volte parlando come opportunità – se usati bene, da giovani persone carismatiche, che sappiano attrarre altri giovani con proposte originali, fresche e inedite – di far circolare valori eterni, che umanizzano e divinizzano al tempo stesso. Proposte di valori che – lo vediamo nel risveglio del mondo islamico – partono da giovani che non si rassegnano a non essere rilevanti sulla scena sociale e culturale. Anche il mondo della fede potrebbe essere grandemente beneficiato da persone che non temono a dichiararsi credenti e diano libero spazio al divino. Quel divino che li porta a scrivermi frasi di questo genere: “Finalmente ho trovato qualcuno con cui parlare solo di Dio”.
Se i giovani si mobilitassero, confrontandosi su ciò che veramente conta nella vita, rivoluzionerebbero il mondo. Basta che qualcuno cominci. Molti altri seguirebbero, perché in tutti è forte la sete di verità, di bellezza, di Dio. Basta che uno cominci, proprio come è capitato a quei tredicenni ai quali, durante l’eucaristia, ho proposto la lavanda dei piedi. All’inizio ci fu un imbarazzante silenzio. Pensavo di dover rinunciare alla mia proposta, poi… il più “disperato” si è fatto avanti e tutti si sono messi in fila, disposti a farsi lavare non solo i piedi, ma anche le mani e il capo. Basta che qualcuno apra il cammino e dia fiducia, proprio come capita per l’economia e la borsa: tutto è basato sulla fiducia, su quella emulazione santa che Dio ancora sa creare nei suoi figli, disposti – anche solo teoricamente – a bruciare i nuovi idoli dell’informatica.
Bruciarli? No, dovrebbero “battezzarli”, vale a dire: servirsene in bene, quale spazio per cercare il meglio di se stessi, il divino presente in noi, la sete di volare in alto, verso orizzonti infiniti.
Valentino