Jeshua, dolcemente, la chiamava “Immah”

“Ehi, tu, dove vai?”. Con voce roca il soldato apostrofò quella donna che, col favore delle tenebre, cercava di avvicinarsi al sepolcro. I suoi commilitoni dormivano, mentre egli non riusciva a prendere sonno, pensando a quell’uomo appeso alla croce e a quelle sue parole: “Padre, perdona loro. Non sanno quello che fanno”. Non solo l’aveva perdonato, ma anche scusato…

“Pilato ha comandato che nessuno si accosti a quella tomba”.
“Sono la mamma di Jeshua”.
“Jeshua, Jeshua… Dio salva! Se Dio esistesse, non l’avrebbe lasciato morire così”.
“Lasciami andare, pregherò anche per te”.
“Che cosa mi dai?”.
“Ho qui solo un po’ di aromi, per ungere quella grande pietra, visto che non posso toccare il corpo di mio Figlio”.
“Tuo Figlio, il crocefisso… ‘ Maledetto chi pende dal legno ’ ”.
Maria porse gli unguenti al soldato. Quanti denari si potrebbero ricavare? Ma al soldato venne in mente sua madre, nell’atto di ungere il corpo di suo fratello, morto lui pure in giovane età.
“Vai, vai! Ma se capita qualche cosa, io non ti ho visto!”.

Trepidante Maria corse alla tomba. Posò il capo sulla fredda pietra. La baciò. La unse e la baciò ancora, sussurrando dolcemente: “Jeshua. Jeshua. Jeshua”.

E mentre così lo chiamava, pensò a Gabriele, l’arcangelo che dopo quell’ “Ave” le aveva predetto come si sarebbe chiamato suo Figlio: “Jeshua: Dio salva”.

Ma chi mai Dio ha salvato ? Non ha ascoltato suo Figlio nel Getzemani, né quando tutti lo sfidavano: “Scendi dalla croce e noi crederemo in te”. Jeshua non ha salvato se stesso…

E riandò al momento del parto. Le doglie. Che fatica mettere al mondo un figlio! Ma con molta più fatica si muore. Forse l’essere Jeshua figlio di Dio gli ha reso ancora più straziante l’agonia.

Chi mai il Signore ha salvato? Non certo quei bambini innocenti che a causa sua furono ammazzati da Erode. Maria si rivide con la sacra famiglia in fuga verso l’Egitto, mentre nel suo animo risuonavano le parole, pesanti come pietre, del vecchio sacerdote Simeone: “E a te una spada trafiggerà l’anima”.

E là, in Egitto, aveva sussurrato mille e mille volte alle orecchie del suo piccolo: “Jeshua”, perché facesse del suo nome un atto di fede: “Dio salva”. E lui, tra una poppata e l’altra, rispondendo alla mamma con ineffabile sorriso, aveva appreso a chiamarla con il dolce nome di “Immah”, “Mamma”. Jeshua vinta l’iniziale fatica di emettere i primi suoni, non cessava mai di chiamarla: “Immah”. Immah. Immah”. Tre, quattro, cinque volte al minuto: “Immah!”. Nome che estasiava Maria.

Lì, con la testa appoggiata alla fredda pietra, lei, la donna del sabato santo, attendeva il grande risveglio. Non una speranza, ma una certezza rendeva luminose le sue lacrime: “ Jeshua, Figlio mio, svegliati dai morti. Torna dal Padre e chiamami presto con te. Per tutta l’eternità accanto a te invocherò il tuo nome, intercedendo per quanti mi hai lasciato come figli”.

Figli che avevano ignorato, deriso, insultato, schiaffeggiato, flagellato e crocefisso suo Figlio. Che scarnificante scambio: il più bello tra i figli dell’uomo scambiato così con un’umanità che non sollevò Jeshua da terra, anzi… “lo schiacciò come un verme”, in accordo con le antiche profezie.

Maria Lo rivede nelle sue cadute mentre saliva il Calvario con quella croce che solo un Dio poteva portare, dopo quella barbara flagellazione. Le cadute … Quando il piccole Jeshua cadeva a terra sugli incerti suoi piedini, lei, la Mamma, correva subito a sollevarlo e lo consolava, inondandolo di baci. Ma sulla via del Calvario ella era stata impotente a soccorrerlo. Ogni caduta la straziava. E ogni sacrilego ghigno degli aguzzini rendeva ancora più disumano il dolore. Aguzzini… ora suoi figli! Soprattutto per loro una preghiera.

Passarono tutte le stelle sopra il capo di Maria. E lei era lì, presso la muta tomba, a ricordare gioie e dolori, condivisi con Giuseppe e con Jeshua che, se non fosse stato Figlio di Dio, sarebbe ancora suo, ancora vivo. Lui, vita della sua vita.

Passarono tutte le stelle sopra il suo capo ed ecco, spuntò l’alba del primo giorno dopo il sabato. Quel sepolcro non poté restare indifferente alle lacrime di una madre e all’amore che, invano, la fredda pietra cercava di occultare.

Terremoto. Esplosione di luce. Palingenesi.

E tutto quel fulgore si fece sussurro: “Immah”.

Valentino