Ponte Nossa, 6 Gennaio 2010

“Ti porterò per sempre nel mio cuore”

Nella festa di Maria Madre di Dio, abbiamo dato l’”addio” ( ad Deum) a nostra madre Linda, con un dolore stemperato dalla speranza e redento dall’amore di tante persone, vicine e lontane, che hanno con noi pregato. Al funerale le suore africane e latino americane erano piene di gioia, perché le veglie di preghiera in casa e le esequie erano caratterizzate da quella serenità che solo la fede può comunicare. Una mi ha sussurrato: “Quando muore una persona buona, il funerale è una festa”. Un’altra: “Tutto quello che vai facendo in giro per il mondo è merito della fede della tua famiglia e di tua madre che Dio innalza perché umile e semplice come Maria”.

La fede… La fede ci concede il dono di soffrire con moderazione davanti alla morte e anziché disperarci per la dipartita al cielo di una persona amata, aiuta a ringraziare Dio per il tempo in cui l’abbiamo goduta.

In Nigeria, la mamma di Kainde, bambino morto di fame, vedendomi addolorato per non essere stato capace di salvarlo, mi sussurrò: “Padre non soffrire per me: Kainde mi ha dato la sua porzione di gioia”.

Nel Malawi, una donna che stava seppellendo la sua creatura, gettando piano piano la rossa terra sul suo corpicino, alla mia domanda: “Mamma, dimmi come fai?” , mi rispose: “Mulungu alipo”. “Dio c’è”.

E in tante, tanti altre esperienze di morte ho avuto la possibilità di sentire intonare un inno alla fede che rende bello il vivere e meno tragico il morire.

Di fronte al ritorno al cielo di mia madre che altro posso fare se non rivolgermi al Signore per ringraziarlo del dono della sua vita e del messaggio che mi ha lasciato durante tutta la sua esistenza. Messaggio riassumibile in tre parole: fede, preghiera, benevolenza.

FEDE. Giobbe, dilaniato dal dolore per la morte di tutti i suoi figli morti, abbandonato da tutti, tormentato dalla stupidità di tre “amici” che non conoscono il mistero del dolore e provocato dalla moglie: “Bestemmia Dio e muori”, lì, sulla discarica, maledice il giorno della sua nascita. Si sfoga contro il cielo, “parole disperate che il vento porta via con sé ’”. Poi, sperimentando che Dio non gli è nemico, anzi, percependone la presenza, in mezzo a strazianti dolori, grida: “Scrivete sulla roccia: il mio Redentore vive”. Lo afferma mentre è nell’apice della sofferenza. Non chiede al Signore la salute, ma che gli sia amico. Ed è così che la discarica diventa il luogo della “teofania”, della manifestazione di Dio. Quell’immondezzaio si muta in privilegiato luogo dell’esperienza del Signore della vita.

Nostra madre ha vissuto la morte di tre figli, di un nipote di otto anni e del marito e ha avuto il coraggio di dirci: “Se vogliamo andare avanti, dobbiamo ricordare solo le cose belle”. Se non avesse avuto la fede. Se non avesse avuto la fede…

PREGHIERA. “Si seppellisce un corpo materiale, ma risusciterà un corpo animato dallo Spirito”. Con questa citazione dalla 1 Cor 15, 12-22 mia sorella Elisa (morta a ventisei anni, in conseguenza del parto del secondo figlio) iniziava un suo diario che non sono stato mai capace di leggere, neppure dopo quarant’anni dal suo ritorno alla casa del Padre. Mia sorella pregava tantissimo e questo suo costante contatto con il Signore le permise di avere una forte fede nella resurrezione. Questa diventa tanto più certa e bella, quanto più l’abbiamo preparata con la nostra preghiera. Preghiera riassumibile nel “Matana thà” , “Vieni, Signore Gesù”.

Nostra madre ci ha insegnato a pregare con tutta la sua vita. Ci ha sempre messi nella mani del Signore. Soprattutto ci invitava ad invocare continuamente lo Spirito Santo, perché è Lui che ci giuda, ci illumina, ci aiuta chiedere al Padre ciò di cui abbiamo veramente bisogno. Era contenta quando vedeva che noi fratelli facevamo a gara per partecipare a due messe ogni giorno e tre alla domenica. Camminava sussurrando preghiere. Oh, quanti rosari, quante “ Ave Maria” in attesa del grande incontro: “Prega per noi, peccatori adesso e nell’ora della nostra nascita”!

Là, ora, le due Mamme, Maria e Linda, gareggiano nell’intercedere per noi presso Gesù, nostro comune fratello. Tra di loro ci sarà una complicità, per stappare da Cristo il perdono, l’aumento della fede e la grazia di continuare a pregare.

Lì, sul letto di morte, ho chiesto alla mamma che cosa avrei dovuto fare per progredire nell’ideale evangelico che vado proclamando agli altri. Non ha esitato a dirmi: “Prega”. Ed è stata la sua vita di preghiera che le ha regalato un volto da bambina.

Togli dal computo dei tuoi anni
il tempo che a te e a Dio regali
pregando
e arrivata quasi a cento anni,
mamma,
il tuo volto di bambina
comunica tenerezza e gioia.
Le tue lievi rughe sulla fronte:
pentagramma musicale
sul quale Dio scrive
sublimi note.
Brillano gli occhi
pronti a cogliere bellezza
con entusiastico stupore.
E le labbra si schiudono
solo per sussurrare un amore
sigillato da baci
che il Padre rende eterni,
mentre t’accoglie nella gloria
con radiante sorriso:
“Tu vivi solo
il tempo dell’amore”.

BENEVOLENZA. Credendo nell’amore, nostra madre ci ha aiutati a stare sempre aggrappati alla sorgente di ogni amore, Dio. Dio cercato nella fede. Dio sperimentato nella preghiera, perché senza preghiera nulla regge nel cammino di ricerca di valori umani e divini. Dio trovato nel prossimo. E’ questa la benevolenza biblica: vedere gli altri come li vede Dio, saperli perdonare, scusare e amare nei limiti, a tutti comuni.

Fede, preghiera e benevolenza.

Quando la mamma muore, noi passiamo alla generazione successiva, diventiamo maggiorenni. Fin che c’è la mamma siamo bambini, poi c’è davanti a noi un cammino che solo la preghiera rende più facile.

La preghiera non mira a chiedere qualche cosa da Dio, perché sua ricompensa è Dio stesso.

La preghiera non aumenta la gloria di Dio, ma dà a noi la forza di camminare con Lui e così non ci sentiamo orfani.

La preghiera consiste nell’inviare a tutti onde d’amore, per cui siamo vicini tra di noi e legati ai nostri morti.

Quando ci rechiamo al cimitero, lì troviamo solo le loro reliquie. Mentre li incontriamo vivi attorno all’ altare. Vivi li immergiamo nella morte e resurrezione del Signore. Vivi … sono loro a tenerci in piedi e a condurci a Dio. Lui, a sua volta, ci inonda di intima gioia, facendoci sperimentare i morti come i veri viventi.

Sorretto da questa fede sono certo che a me, in ogni celebrazione eucaristica, darà la grazia di risentire l’eco delle ultime parole di mia madre : “ Ti porterò sempre nel mio cuore”.

Valentino