La gioia di chi crede nella vita

Dopo quaranta anni che avevo benedetto le nozze dei suoi genitori, un giovane amico mi chiede di consacrare anche il suo amore. Solitamente i figli dei miei amici hanno più affetto per me di quanto ne abbiano nei miei confronti i loro genitori: ho fatto loro le magie quand’erano piccoli, li ho introdotti all’Amore e mi stimano come missionario, anche per l’alone di mistero con il quale i cristiani ammantano l’annunciatore del Vangelo in terre lontane.

Mentre parlo con l’amico e la sua prossima sposa, mi rendo conto che c’è un velo di tristezza sul loro cuore: da quando hanno scoperto di volersi bene e hanno cominciato a frequentarsi, gli amici sono passati dalle frecciatine contro il matrimonio al loro rifiuto , per il fatto che entrambi hanno prima rallentato gli incontri regolari (tutte le sere, tutti gli weekend, tutte le vacanze insieme; ore e ore a parlare e quando l’incontro terminava, migliaia di messaggini) e poi hanno dovuto, con estrema gioia, prendersi carico della vita che da loro era nata.

A questo punto, non solo ci fu un esplicito rifiuto del matrimonio da parte degli amici, ma anche un amaro sarcasmo nei confronti di chi dà vita alla vita, come se il figlio venisse a rubare gli ultimi frammenti di libertà. E quando la giovane coppia invitò gli amici a nozze, si verificò quanto Gesù descrisse nella parabola di quel re che voleva fare festa per il matrimonio di suo figlio: tutti rifiutarono di partecipare al banchetto.

Con profonda tristezza sto notando quanto terrore abbiano molti giovani di invecchiare, di prendersi delle responsabilità, di imbarcasi in scelte definitive. Così arrivano a trentacinque – quaranta anni a mani vuote, delusi di una vita senza senso e con il rimpianto di non essere ancora genitori ad un’età in cui potrebbero benissimo essere già nonni. Allora fanno corse per essere padri o madri ad ogni costo, ma … il figlio non viene più, mentre subentra la disperazione per aver fallito tutto.

Alla scelta di condurre un’esistenza bella nella sua normalità, come da millenni e millenni la Provvidenza ha disposto in ogni cultura, antepongono il brivido di vivere continuamente con gli stessi amici, di fare tutto di corsa in vista di una bella carriera e di essere sempre grandemente stimolati a livello affettivo …

L’ansia dell’apparire e la frenesia del consumare tutto e tutti, fanno loro perdere quello che c’è di più bello e di più grande in questa nostra esistenza: coltivare l’innamoramento, passare dall’innamoramento all’amore, diventare genitori.

Perdersi nello sguardo della persona amata. Coltivare i sogni. Vederli realizzare giorno dopo giorno, in quell’amore che cresce, si fa carne ed esplode in vita. Contemplare il proprio figlio, inondarlo di baci e piangere di gioia, mentre si ringrazia il Creatore per aver reso il nostro corpo degno di essere ricettacolo dello Spirito: Dio che ci rende Dio!

E il figlio cresce e cerca il corpo dei genitori. Cerca il battito del loro cuore. Cerca le mammelle e succhia la vita. Cerca le forti braccia del padre e prende coraggio di vivere, entusiasmo per crescere bello e bravo come quel papà che adora e che ama come nessuno mai al mondo l’amò prima di allora.

Affascinate, stupendo mistero: quest’essere umano non esisteva nove mesi fa, ed ora è lì con tutte le caratteristiche dei corpi di papà e mamma. È figlio dell’uomo e di Dio. Ha un’affascinate avventura davanti a sé. È tutto dei genitori ed è tutto del Signore, tutto della vita. Che miracolo ha fatto un invisibile sperma e un microscopico uovo!

Quello che avete tra le braccia, papà e mamma, è un portento, è un miracolo: il vostro amore ha operato questo capolavoro, più grande di tutto l’universo, di tutte le galassie, di tutte le cose più belle messe assieme.

È un cucciolo in tutto dipendente da voi. Cerca cibo. Cerca il vostro sguardo. Vi riconoscerà con un sorriso che mai prima di allora nessun altro vi ha donato.
Contemplatelo! Vi sta sul palmo della mano. Vi afferra il dito e non vorrebbe mai lasciarlo. Impara a conoscere la vostra voce e da essa ricava tanta sicurezza e pace. Basta la vostra presenza nella stanza per farlo stare bene. E appena voi lo lasciate, gli si abbassa di due gradi la temperatura del corpo…

Cantategli la ninna nanna, riscoprendo quella che vi sussurravano mamma e nonna quando voi eravate bambini. E cantategli anche il canto “Salve regina”, in latino: se lo ricorderà sempre, anche quando la mamma sarà andata in cielo, là presso la mamma di Cristo e nostra, Maria, madre di misericordia.

E scoprire un po’ alla volta a chi assomiglia: il carattere del nonno, gli occhi dello zio, la fossetta delle guancia della mamma, le sopracciglia del papà. E un po’ alla volta rendersi conto che soprattutto assomiglia a Dio, di cui è perfetta immagine e al quale è destinato, nella sua aspirazione ad una vita senza fine.

Sì, ogni tanto piange e ti fa perdere la notte: ma nulla pesa quando si ama. Nulla costa troppo caro quando si è pazzamente innamorati di una creatura che vi rende Creatori.

Una, due, tre di notte accanto al figlio: contemplando che ogni essere umano è stato bambino innocente, bisognoso d’amare e di essere amato. Con la coscienza che state seminando amore, state ringiovanendo l’umanità, state dandole la possibilità di rinnovarsi, di ricrearsi, state dando a Dio il privilegio di rivelarsi come Amore. E allora, quell’una, due, tre di notte trascorse con il figlio tra le braccia avranno solo un rimpianto: che quelle ore piccole trascorse un tempo con gli amici, forse erano rubate alla vita. Il rimpianto che gli amici non si rendano conto di che cosa stiano perdendo con le loro paure a sposarsi, a formare una famiglia, ad avere almeno tre figli, che crescano assieme, come virgulti d’ulivo attorno alla mensa.

Figli che, al momento opportuno verranno a voi, con in braccio un bambino e negli occhi tante lacrime. Lacrime che, silenziose, esprimeranno il massimo dell’amore consistente nel mettere tra le vostre braccia il nipotino, amore che rigenera amore, dono riservato a chi crede nella vita.