“Ci fu un silenzio in cielo per circa mezz’ora”

Ci fu un sorpreso mormorio nella sala delle conferenze al campo scuola, quando per la prima volta  lui entrò, mano nella mano con la sua ragazza, nota a tutti i presenti. Qualcuno sussurrò: “Sembra Gesù”. Un altro ribadì: “Sembra quell’artista…”.
A tutti regalò un bel sorriso, presentandosi come uno che voleva approfondire la sua fede e condividere la sua gioia di vivere. E subito si mise all’opera, ascoltando chi voleva comunicare con lui,  aiutando chi era nel bisogno, ridimensionando tutto con la sua contagiosa felicità.
Tutto appariva troppo bello per essere vero. Senz’altro egli non barava. Ma possibile che a lui tutto sempre andasse bene? Gli chiesi un giorno di fare due passi e quello che mi rivelò della sua vita – estremamente interessante, ma non rivelabile da parte mia – dimostrò l’eroismo di quel sorriso che nasceva da un paziente e saggio lavoro su se stesso, per non permettere al male di soffocare il bene, per sé e per gli altri.
Mentre terminava gli studi e cercava lavoro, continuava ad aiutare il prossimo, pregava, dava sani spazi alla celebrazione dell’amicizia. Poi, quando cominciò a lavorare, la logica ferrea della concorrenza, il bisogno d’ingrandire la rete di rapporti lavorativi, l’urgenza di assicurare il salario a chi collaborava con lui, gli resero praticamente impossibile mantenere il precedente stile di vita, la serenità di un tempo, la capacità di far godere di sé quanti incontrava.
Periodicamente lo sentivo al telefono e costante era il ritornello: “Vedrai. Tra sei mesi tutto si riaggiusta e poi riuscirò a incontrarti”. In sette anni ho pranzato, in fretta, una sola volta con lui.
Lui … e altri come lui: nuovi servi della gleba?
A lui e a quelli che m’interpellano sulle possibili alternative a questo stato di cose non ho una risposta immediata che serva a risolvere il grave problema della perdita di libertà nel presente sistema lavorativo, ma un rimando a quei sogni che tante volte in loro cercavo di tenere vivi e un suggerimento: mezz’ora di silenzio al giorno, lasciandoci curare dalla bellezza.
Sogno, innanzitutto.
 ”…e come i semi che sognano sotto la neve, il vostro cuore sogna la primavera. Fidatevi dei vostri sogni, perché in essi è nascosto il passaggio verso l’eternità” (Kahlil Gibran). “Nessun uomo vive troppo a lungo quando muoiono i suoi sogni” (G. Wolfe). “Il sogno, la poesia, l’ottimismo aiutano la realtà più di ogni altro mezzo a disposizione” (S. Agostino). “Un uomo diventa vecchio quando i suoi rimpianti prendono il posto dei suoi sogni” (Barrymore John).
 Solo non è chi perde degli amici, ma chi non sogna nuove relazioni.  Pur faticando a credere, si può sempre pregare, mandare a tutti onde d’amore. Pur esitando a sperare, si possono scorgere ovunque semi di verità e di bellezza. Fede e speranza aprono il cammino dell’amore. E nasce la pace per chi ancora sa sognare.
Bellezza.  E’ il volto dell’Amore che si irradia in tutto ciò che esiste, sia nella maestosità di un monte inondato di luce, sia nella desolazione del fango che imbratta il mesto incedere lungo gli impervi sentieri della terra. Mentre la natura incontaminata ci esalta e  il dolore fisico e morale  crea in noi ribellione, la sapienza del cuore ci invita a tenere vivo il senso della  meraviglia per il fascino della natura e a liberarci da ogni tipo di inutile  sofferenza ricorrendo all’arte. Essa è un privilegiato mezzo per contemplare icone che alimentano in noi la speranza di poterci un giorno perdere nella pura Bellezza.
La bellezza dell’arte si rifà alla bellezza del creato, riflesso della Bellezza eterna e, in particolare dello splendore del più bello dei Figli dell’Uomo, guardando al quale ci chiediamo con S. Agostino: “Interroga la bellezza della terra, interroga la bellezza del mare, interroga la bellezza dell’aria diffusa e soffusa. Interroga la bellezza del cielo, interroga l’ordine delle stelle, interroga il sole, che col suo splendore rischiara il giorno; interroga la luna, che col suo chiarore modera le tenebre della notte. Interroga le fiere che si muovono nell’acqua, che camminano sulla terra, che volano nell’aria: anime che si nascondono, corpi che si mostrano; visibile che si fa guidare, invisibile che guida. Interrogali! Tutti ti risponderanno: Guardaci: siamo belli! La loro bellezza li fa conoscere. Questa bellezza mutevole chi l’ha creata, se non la Bellezza Immutabile?”
Mi piacerebbe  moltiplicare le citazioni sulla bellezza fatte da poeti, artisti, scrittori, filosofi e papi. Ma è più semplice ricorrere ad un’esperienza che tutti, più volte, abbiamo fatto.
Stiamo camminando sotto un cielo grigio, flagellati da una fastidiosa pioggia, mentre la mente vaga, irritata, su problemi non risolti, su mancate possibilità, sul petulante dubbio che la nostra vita scorra irreparabilmente come acqua tra le dita. Non notiamo chi ci passa accanto, né ci accorgiamo delle case, un tempo a noi familiari e magari abitate da persone  che sarebbero tanto contente d’incontrarci. Giornata uggiosa. Pensieri assillanti. Previsioni di andare incontro ad una sera vuota, vana, anzi, pesante.
Ma all’improvviso un provvido vento sconquassa le nubi e  un raggio di sole al tramonto illumina un ciuffo di primule spuntate tra le irregolari pietre dell’antico mulino. Due uccelli, garruli, si rincorrono. Dal campanile arrivano le melodiose note dell’”Ave Maria”. Una folata di vento porta gli inebrianti profumi della primavera.
Assieme alle neri nubi scompaiono i cupi pensieri. Si dissipano le preoccupazioni come nebbia fugata dal sole. L’imminente notte non fa più paura, ora che il cuore torna a cantare  la gioia d’ accorgersi dei passanti, di riscoprire la bellezza delle abitazioni popolate da amici, di ritrovare un interesse che spezza l’egoistico ripiegamento sui propri  tristi pensieri.
 
Che cosa è capitato?  E’ stato sufficiente un raggio di sole per farci riscoprire la bellezza del creato e farci gustare il mondo come un dono da godere adesso, prima che venga sera. Prima che la notte avvolga nel buio il ciuffo di primule, gli uccelli in amore, il vecchio campanile mai stanco di rimandarci alla “Bellezza antica e sempre nuova”, da godere adesso, prima che sia troppo tardi.
Godere adesso. Facile per i bambini curiosi di scoprire ogni giorno le bellezze del creato. Facile per i ragazzi che lo conquistano con entusiasmo. Facile per i giovani che credono nei sogni e dall’amore hanno la forza di realizzarli.
Meno facile per quegli adulti che si lasciano rubare la vita dalla fretta di fare carriera. Per chi conduce un’ esistenza disordinata, senza una gerarchia di valori. Per chi ha una vita immersa nel rumore scelto per non permettere al silenzio di regalare loro una crisi al giorno, quale provvidenziale antidoto ad avere un’anima di ogni giorno. Per chi, invecchiando male, pone le premesse per rendere sempre più difficile il meravigliarsi per il raggio di sole che illumina il miracolo di quelle primule spuntate tra gli sconquassati sassi del vecchio mulino.
Per l’adulto indaffarato, per il carrierista immerso nel rumore e per l’anziano che ha perso il senso della meraviglia non c’è più la speranza di potere ancora raggiungere quella bellezza che salva il mondo?
Basterebbe credere in quella Verità adombrata nell’Antico Testamento e resa Vita nel Nuovo: “Mentre il silenzio della notte avvolgeva ogni cosa, la tua Parola è discesa dal cielo”.
Per spezzare le catene di chi rischia d’essere un servo della gleba, suggerisco di entrare in quel silenzio che serve a confermare i sogni dei giovani, a dare alternative al rumoroso attivismo di molti adulti, a dare speranza agli anziani che, sull’esempio dell’Anziano dell’Apocalisse, possono ringiovanire contemplando quanto accade allo spezzarsi del settimo sigillo del libro apparso nel cielo: “E, quando si spezzò il settimo sigillo, ci fu silenzio in cielo per circa mezz’ora”.

Valentino