Ponte Nossa, 24 Settembre 2009

Sorpresa: “Par condicio”

Benedire le nozze di due carissimi amici, battezzare i loro quattro figli e fare di ogni incontro una preghiera: questa la base per un coinvolgimento affettivo che mi fa ripetere con Cristo: “E’ lo Spirito che dà la vita: la carne e il sangue non giovano a nulla”…

Quando mi concedo il privilegio di bussare alla porta di questi amici, prima della cena i genitori dicono ai figli di approfittare della mia presenza per confessarsi. Poiché questi piccoli mi vogliono bene, non c’è bisogno di ripetere la seconda volta l’invito. Anzi, occorre consolare l’ultimogenito (quattro anni), che piange perché pure lui vorrebbe confessarsi e ricevere la comunione.

E questa sera una piacevole sorpresa mi è riservata. La terzogenita (nove anni), mi accosta con un bellissimo sorriso e un’originale proposta: “Confessati tu prima a me”. “Perché dovrei farlo?”. “Par condicio. Lo dice sempre la mia maestra. Ha cominciato in prima elementare e sono sicura che andrà avanti anche quest’anno con il solito ritornello”. “Devo confessarmi con il mio stile, cominciando con la lode?”. “No, no! Questa non m’interessa. Devi dirmi quale è stato il peccato più grave che hai fatto nella tua vita”. “Te l’ho già raccontato: quand’ero in Nigeria, lavoravo tantissimo, non dicevo mai di no a nessuno, pensavo di dover amare tutti, ma non amavo me stesso”. “Si, me lo ricordo. Poi sei andato a fare penitenza nel deserto. Ma quello non è un vero peccato. Io voglio sapere se ha disubbidito ai comandamenti”. “Vedi: io voglio bene al Signore. Non mi costa pregare e celebrare messa. Non faccio fatica ad onorare mia mamma: è tanto brava! Il quinto comandamento non mi crea problemi…”. “Sì. Sì. Ho capito. Allora ascoltami…” . E qui inizia la sua confessione, che termina con un sussurro: “E’ bello sentirsi leggeri!”.

Ed è ancora più bello per me, dopo cena, celebrare con loro l’eucaristia, attorno al fuoco, lodando Dio per il dono della fede, che aiuta a superare i vincoli della carne e del sangue, per sperimentare una paternità spirituale nei confronti di quei piccoli che sono i grandi nel regno dei cieli.

“ Se non diventerete come bambini…” (Matteo 18,3). Ma che cosa hanno i bambini di così speciale per essere presi da Cristo come esempio, icona e paradigma del nostro comportamento e come condizione per poter godere della vita eterna?

Sono sinceri quando allargano le braccia per dimostrare quanto bene vogliono a papà e mamma.

Gridano, in lacrime, il loro bisogno d’amore.

Piangono al pensiero che Gesù era tanto buono, era il loro migliore amico e …l’hanno ammazzato.

Non sono cattivi e ti guardano con occhi furbetti e con un disarmante sorriso quando dicono una piccola bugia.

Credono. Hanno fiducia. Non barano quando chiedono il perché di tutto.

Non scartano il compagno di colore quando vogliono giocare.

Intuiscono, pur senza saper dare spiegazioni o senza esprimersi esplicitamente, ciò che veramente è essenziale nella vita.

Sono fortunati nel loro entusiastico guardare alla realtà con il naso schiacciato contro i vetri.

Hanno per dono quello sguardo incantato che gli adulti hanno per grazia quando sono innamorati.

Amano le sorprese: grido di gioia del bambino occidentale che riceve un giocattolo. Grido di giubilo del bambino africano che, assieme ad un pezzo di pane, ha qualche spicciolo da portare a casa, per aiutare i fratelli.

Le sorprese… Amate dai bambini. Riscoperte dagli innamorati. Ricercate da me, affascinato dalla mia piccola penitente che mi chiede di confessarmi da lei, per “Par condicio” e mi fa ricordare che pure io sono stato un bambino e che bambino devo ritornare, se non voglio essere escluso dal regno dei cieli.

Valentino