L’ultima parola è sempre: “Amore”

Verdi colline dolcemente degradanti verso il mare. Un bambino corre di fiore in fiore, li accarezza, a volte li bacia. S’inginocchia davanti ai fiori di cicoria, ormai maturi per la semina, sussurra alcune parole e soffia forte i semi verso il cielo. Con lo sguardo li segue finché il vento li abbia dispersi. Attende un momento. Trattiene il respiro: scuote il capo e ricomincia con un altro fiore.

Sono messaggi inviati ad un Fiore colto troppo presto e trapiantato nei campi del paradiso. Ma, forse, lassù non è ancora primavera e la sorella non può mandare la risposta. Ella compare nei sogni, durante la notte. Ha una ghirlanda in testa e chiede altri fiori per fare un vestito che renda ancora più bella la sua eterna giovinezza.

… con questa immagine sintetizzo uno dei sogni più ricorrenti della mia vita. Anch’io sono fragile, come quei fiori di campo talmente leggeri, quasi impalpabili, che il più lieve soffio di vento fa dissolvere nell’aria. Ma pure mi sento forte in virtù di quella fede che mi fa leggere la realtà alla luce dell’intuizione: “Per il credente l’ultima parola non è mai la morte. L’ultima parola è sempre: Amore”.

Il vivere, il nascere e il morire, con la vanità del tutto, anzi, con la caterva di dolore che incombe sull’umanità, mi spronano a contrapporre un atto di fede a chi è tentato di venerare il nulla: “Nulla ti turbi, nulla ti spaventi. Nulla manca a chi ha Dio”.

Un Dio che non solo “discese dal cielo” per entrare nel nostro nulla e trasformarlo nel tutto, ma addirittura “discese negli inferi”, bevve il calice del dolore fino alla feccia con l’intento d’insegnarci che la sofferenza, vissuta senza fede e non irrorata dalla preghiera fa impazzire. Il dolore, invece, affrontato con lo sguardo del Figlio di Dio crea il capolavoro del santo. Crea quella stupenda figura che è l’immagine ideale di tutti noi: Maria.

Ella è grande nel suo “sì” ad un progetto che sconvolge tutti i piani umani: il desiderio di una famiglia normale. Grande nel suo canto all’illogico Amore che abbatte i potenti e innalza i miseri. Grande nel conservare nel cuore una Parola non sempre capita. Grande nel suo stare ai piedi della croce per generare un’umanità nuova, della quale diventa madre: “Donna, ecco tuo figlio!”.

Quando il cristiano recita il rosario, non contempla il dolore umano con lo sguardo disperato del non credente che quasi trova un morboso gusto nello sbattere in faccia a tutti la miseria di questa umanità. Egli ha uno sguardo di compassione, mentre riveste la notizia negativa di quel supplemento d’amore che ha amalgamato Cristo e sua Madre nel divino sforzo di “mutare il mesto incedere in passo di danza” e nel raccogliere tutte le lacrime, per farne dei diademi, lassù nel cielo.

Ecco allora la via crucis trasformarsi in cammino verso la luce. Percorso che non è di morte, ma di salvezza. Arriva infatti presso quell’Uomo che accetta la morte in modo così dignitoso ed eroico, al punto di pregare per i suoi crocifissori. Affascinante icona dell’illogico Amore: vedendo come muore il Giusto, noi possiamo ripetere con il pagano centurione: “Veramente costui era il Figlio di Dio”.

Figlio di Dio che a pasqua non esita a sfidarmi: “Perché cerchi tra i morti Colui che è vivo?”. Un Figlio di Dio che m’invita a continuare a soffiare verso il cielo i semi del fiore di cicoria. Un Figlio di Dio che aumenta la mia fede, in modo tale che, con il vescovo martire, Oscar Arnulfo Romero, anch’io possa così pregare: “Spesso mi hanno minacciato di uccidermi. Come cristiano devo dire che non credo alla morte senza la resurrezione: se mi uccidono, risorgerò nel popolo salvadoregno. La mia morte, se Dio l’accetta, sia per la libertà del mio popolo e sia una testimonianza di speranza nel futuro. Posso dire anche, se mi uccideranno, che perdono e benedico quelli che lo faranno. Morirà un vescovo, ma la Chiesa di Dio, ossia il popolo,non perirà mai”.

Non perirà perché per il credente l’ultima parola non è lasciata alla morte, ma al gioioso canto del mattino di pasqua che rinnova l’universo nell’alleluia della resurrezione.