Ponte Nossa, 21 Marzo 2009

È mia madre, anzi… sono io

“Cristo sì, la Chiesa no!”: questo slogan sta diventando sempre più frequente sulla bocca di troppe persone. Si considera la Chiesa come una delle tante istituzioni. E anche chi dimostra di essere fervente cristiano, ritiene che la Chiesa stia sbagliando con una serie d’interventi strumentalizzabili e strumentalizzati dai mass media. Vorrebbero una Chiesa povera, discreta,vicina ai poveri e capace di dare speranza:
“Schiacciati da tanti problemi e da tante paure noi giovani non abbiamo bisogno di una istituzione che aumenti i nostri sensi di frustrazione, a causa di una serie di no che ci rubano l’intelligenza, il cuore e il corpo”- mi hanno detto domenica scorsa un gruppo di amici che nel passato avevano fatto con me una forte esperienza di fede – “Abbiamo bisogno di un papa che ci parli della resurrezione di Cristo e nostra, smettendo di intervenire su questioni riguardanti la sessualità, la vita matrimoniale e la vita soprattutto nel suo terminare”.
Un giovane ha affermato: “Forse un motivo per non credere da parte di non pochi consiste nella confusione che si fa tra fede e religione. Si confonde l’amore proclamato da Cristo con quanto affermano o controtestimoniano alcuni cristiani che presentano la Chiesa sostanzialmente contraria alla scienza e al sesso”.
Un altro ancora ha sollevato il problema del Papa che ha revocato la scomunica ai Lefebvriani e si è trovato nella odiosa situazione di dover chiedere scusa agli Ebrei per quanto il vescovo Williamson aveva affermato sui campi di concentramento.
Ho cercato di rispondere che la Chiesa è mia madre, anzi…sono io. E’ Cristo vivente oggi. La Chiesa è ognuno di noi e tutti noi in comunione di fede e d’amore con chi ci assicura il perdono del Signore e ci fa dono del suo corpo e del suo sangue.
Inoltre ho mostrato quanto possa essere consolante ciò che Benedetto XVI ha detto il 6 giugno 2006, al convegno della diocesi di Roma, nella basilica del Laterano: “ Gli adolescenti e giovani che sentono prepotente dentro di se’ il richiamo dell’amore, hanno bisogno di essere liberati dal pregiudizio diffuso che il cristianesimo, con i suoi comandamenti e divieti, ponga troppi ostacoli alla gioia e all’amore, in particolare impedisca di gustare pienamente quella felicità che l’uomo e la donna trovano nel loro reciproco amore” . La Chiesa non è nemica del sesso e della scienza. Anzi fa di tutto per impedire che la sessualità sia banalizzata e che la scienza sia talmente cieca da presumere di poter risolvere tutti i problemi. “La fede e l’etica cristiana non vogliono soffocare, ma rendere sano, forte e veramente libero l’amore”.
Significativo il monito del Papa: chi si comporta come se Dio non ci fosse, finisce per convincersi che non c’è. “Siamo in presenza di quella strana dimenticanza di Dio, che esiste oggi in vaste parti del mondo. Una dimenticanza dalla quale nasce molto rumore effimero, molte inutili contese, ma anche una grande insoddisfazione e un senso di vuoto”. Per questo papa Ratzinger invita “ad essere portatori di quella speranza che nasce dalla certezza della fede. Aiuteremo così i nostri fratelli e concittadini a ritrovare il senso e la gioia della propria vita”.
Fatte queste affermazioni, mi sono soffermato ad analizzare la sofferta lettera che il Papa ha inviato a tutti i vescovi la scorsa settimana: “riguardo alla remissione della scomunica dei quattro vescovi consacrati dall’arcivescovo Lefebvre”. Da essa traspare tutta la sofferenza di un Pastore che, mentre invita alla riconciliazione con un gruppo implicato in un processo di separazione, vede il suo gesto trasformarsi nel contrario di quanto egli intendeva realizzare. La lettera non va commentata, ma letta, non nel riassunto che ne fanno i mass media, ma nelle quattro scarne pagine, con il crescendo di dolore che sfocia nella citazione di Paolo ai Galati: “Ma se vi mordete e divorate a vicenda, guardatevi almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri”.
Emerge in questo scritto, come in tutti gli interventi papali, la preoccupazione che la scomparsa sempre più penosa della fede dal nostro orizzonte porti con sé il disorientamento totale riguardo a tutti i valori: “Il vero problema in questo nostro momento della storia è che Dio sparisce dall’orizzonte degli uomini e con lo spegnersi della luce proveniente da Dio l’umanità viene colta nella mancanza di orientamento, i cui effetti distruttivi ci si manifestano sempre più”.
Nel vuoto di valori, se si cerca di annientare anche la Chiesa, chi potrà ancora ascoltare soprattutto il giovane, vittima di un totale disorientamento?
La Chiesa cerca di abbattere gli idoli, che ci rendono schiavi, per mostrarci il faticoso cammino che, partendo dalla croce – che non è un luogo di parcheggio: “dopo tre ore c’è la rimozione forzata” – giunge all’alba della resurrezione, della speranza, della vera libertà.
Martin Luther King: “Il mondo è colmo di frustrazione perché ci siamo affidati alle divinità invece che a Dio. Ci siamo genuflessi davanti al dio della scienza, solo per scoprire che ci ha regalato la bomba atomica, suscitando paure e ansie che la scienza non potrà mai mitigare. Abbiamo venerato il dio del piacere, solo per accorgerci che il brivido svanisce e le sensazioni sono di breve durata. Ci siamo inchinati al dio del denaro, solo per apprendere che esistono cose come l’amore e l’amicizia che il denaro non può comprare e che il denaro è una divinità piuttosto precaria”.

 A quanti contrappongono Dio e le divinità, ossia il vero Signore, Creatore e Salvatore e gli idoli che si chiamano Scienza, Piacere, Denaro, ai cui piedi si prostrano con venerazione – salvo poi scoprire che essi sono impotenti a salvarci – si può anche ribadire che scienza, piacere, denaro hanno un loro fascino, ma in sé sono realtà che non possono spiegare il senso della vita, colmare l’anima, rendere la persona felice in modo profondo.
Conclude, infatti, King: «Queste effimere divinità non possono salvare e portare felicità al cuore umano. Solo Dio può farlo».
Chi divinizza la scienza e confida solo nelle realtà umane, quali il piacere e il successo, diventa ciò che adora. Lo dice chiaramente il Salmo 195: «Chiunque confida in essi diventa simile ad essi», diventa una cosa, non più una persona, tanto meno un figlio di Dio e un figlio di quella Chiesa che, benché fatta di peccatori, è nostra madre, ci genera a Cristo, il Vivente. Il Risorto. Il Cristo di ieri, di oggi e di sempre. Quel Cristo che è la Chiesa e ciascuno di noi.

Valentino